CARLO CALENDA FUMA
Carlo Bertini per "la Stampa"
«Da oggi cambia tutto, è arrivato il momento per i partiti di dire cosa vogliono fare». Carlo Calenda, come suo solito, non le manda a dire: più libero di esprimersi di altri, anche per la limitata rappresentanza di Azione nel parco dei grandi elettori per il Colle, (ne conta solo quattro), il leader ed ex ministro, parte in quarta: «Tutti dicono "ne parliamo a gennaio", c'è chi pensa alla mossa del cavallo, a quella del re e della regina, ma non può essere un gioco di società. Da ieri Draghi è in campo per il Colle: o tutti i leader gli dicono "vai e proviamo a tenere i gruppi parlamentari per farti votare alla prima chiama"; oppure "no, devi restare lì"».
E invece molti sono restati zitti...
«Ecco, qualcuno ha visto una reazione alle parole di Draghi di uno dei leader del centrosinistra? Letta, Conte e gli altri hanno paura di metterci la faccia e tengono le carte coperte. Ma ormai non si può più temporeggiare: la patria reclama che Draghi resti premier, per questa e anche per la prossima legislatura, a parer mio. E i partiti ora hanno solo due strade davanti».
mario draghi
Ovvero?
«O supportano questa disponibilità di Draghi, però assumendosi un rischio notevole nelle prime votazioni a maggioranza larga: perché i leader non controllano i gruppi parlamentari e c'è una grande paura del voto, quindi i franchi tiratori sono lì pronti a colpire. E sarebbe un disastro, perché vorrebbe dire perderlo in tutte e due le posizioni. Ma anche se andasse a buon fine, questa prima strada, riproporrebbe lo schema di gioco di presidenti autorevoli e di una politica conflittuale con governi deboli».
La seconda strada invece?
un selfie con carlo calenda foto di bacco
«Mi faccia finire: questa strada la abbiamo esplorata da decenni e non funziona se bisogna spendere decine di miliardi di euro nel 2022 del Pnrr: vorrebbe dire che l'Italia rimarrebbe con questa pessima legge elettorale e che dal giorno dell'uscita di Draghi da palazzo Chigi, tutti ricomincerebbero a darsi del comunista e del fascista».
Oppure?
«Ecco la seconda strada. Se ritengono che Draghi debba restare a palazzo Chigi, i partiti devono impegnarsi per indicare una candidatura seria alternativa. Io ho proposto la Cartabia, costituzionalista equilibrata, capace di maneggiare una materia delicata come la Giustizia. Ma c'è lo scoglio di Berlusconi: Salvini e Meloni sono due tipi pragmatici, dovrebbero spiegargli che la sua candidatura è improponibile.
conferenza stampa di fine anno di mario draghi 2
Dunque, invece di perdere tempo, si dovrebbe trovare un accordo su una figura come Cartabia per il Colle e poi andare da Draghi e chiedergli di restare al governo: con un patto blindato sulle riforme, che non metta a rischio la legislatura. Se succedesse, si andrebbe a elezioni nel 2023 e dopo tornerebbe al governo Draghi».
Sicuro? Già i partiti sono ansiosi di riprendersi la loro sovranità...
«Qui si deve capire che il problema dell'Italia non è garantire, ma fare. Draghi a palazzo Chigi, anche per la prossima legislatura, può voler dire un Paese che ritrovi un baricentro riformista, facendo evolvere il sistema politico. Questa la grande scommessa per il Paese».
conferenza stampa di fine anno di mario draghi 7
Ma le è parso corretto o trionfalistico il bilancio che ha fatto del suo operato?
«Beh, ha fatto un bilancio intelligente del suo mandato, in cui le cose fondamentali erano fare i vaccini, il Pnrr e la riforma della giustizia. Meno condivisibile è che nella fase più difficile del Pnrr, dica che se al suo posto venisse un altro potrebbe andare avanti lo stesso. Ci sono momenti della storia, in cui ci sono persone che, per la loro autorevolezza, possono reggere un Paese altrimenti avviato al declino».
E secondo lei, perché malgrado le frenate dall'Europa, dell'Ue e dei partiti, lui insiste nel giocare la partita Quirinale?
«Draghi ha una preoccupazione, anche condivisibile: questo Paese deve trovare le sue risorse per avviare un percorso politico diverso. Piccolo dettaglio: la patria reclama che lui governi per una o due legislature, per far capire a tutti che la politica è fare e non solo litigare».
mario draghi olaf sholz