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    LA CANNES DEI GIUSTI – “HO VISTO UN SACCO DI FILM, MA QUESTO È DAVVERO IL PRIMO CHE VEDO DOVE UNA CADILLAC FECONDA UNA DONNA”, L’INCREDIBILE GAFFE DI SPIKE LEE, VESTITO TRA MALGIOGLIO E L’ACHILLE MAIERONI DE “I VITELLONI”,  CHE ANNUNCIA LA PALMA D’ORO A TITANE PRIMA DEL TEMPO - CHI PERDE? PERDONO I VECCHI. PIÙ DI TUTTI MORETTI, CHE HA VISTO IL SUO FILM MASSACRATO DALLA CRITICA INTERNAZIONALE. E PERDE CANNES CHE POTEVA OSARE DI PIÙ SVECCHIANDO DAVVERO IL CONCORSO – TUTTI I PREMIATI – VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

     

     

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    Clamoroso. “Ho visto un sacco di film, ma questo è davvero il primo che vedo dove una Cadillac feconda una donna”, ha detto Spike Lee spiegando perché gli è piaciuto così tanto il film che ha vinto la Palma d’Oro al 74° Festival di Cannes, “Titane”, opera seconda di Julia Ducurnau, 37 anni.

     

    Alla faccia del vecchiume di Cannes, dei critici settantenni che hanno storto da subito il naso, dei Nanni Moretti non solo italiani che pensano che l’unico rifugio sia nelle buone maniere dei quartier alti, perfino anticipato da un incredibile spoiler del presidente della giuria Spike Lee vestito tra Malgioglio e l’Achille Maieroni de “I vitelloni”, “Titane”, horror fantascientifico fuori di testa è anche la vittoria del cinema di genere, come ha sostenuto una giurata forte come Mylene Farmer nella conferenza stampa post premiazione.

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    E come ha ben detto la stessa Ducornau ritirando il premio “Grazie alla giuria per aver riconosciuto un mondo più diversificato e inclusivo. Grazie per aver fatto entrare i mostri!”. Speriamo solo di vederlo presto, insomma, alla faccia di Mereghetti&co. Certo, è clamoroso che la Palma d’Oro lo abbia vinto una donna, e che sia solo la seconda, in 74 anni di storia del Festival ,dopo la Jane Campion di “Lezioni di piano”, che lo vinse però in ex-aequo. Ma era ovvio.

     

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    Come era ovvio, magari, che il premio al miglior film di Un certain regard andasse a una giovane regista russa, Kira Kovalenko per “Unclenching the Fists” e che la migliore opera prima fosse ancora una volta di una giovane regista, “Murina” di Antoneta Alamat Kusijanovic. Tutte ragazze. Senza scomodare il Leone d’oro e l’Oscar alla Chloe Zhao di “Nomadland”, già due anni fa proprio qui a Cannes, con “Atlantique” di Mati Diop, Gran Premio della giuria, che avrebbe strameritato la Palma d’Oro, la tendenza allo svecchiamento e la forza delle ragazze registe erano sotto gli occhi di tutti.

     

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    Ma, anche se penso che le ragazze che fanno cinema oggi abbiano in generale più cose da dire dei maschi, perché per troppo tempo sono state zitte, quello che emerge prepotentemente da questi premi del concorso di Cannes, uniti a quelli della Quinzaine, “A Chiara” di Jonas Carpignano, e di Un certain regard, è la voglia irrefrenabile di cambiare tutto, di fare uscire idee e sensibilità nuove, di puntare sui generi, di uscire insomma dalla fogna da eterno cineclub per pochi eletti che è spesso Cannes. Ecco quindi che arrivano premi solo apparentemente inaspettati, e, in gran parte, a quel che leggo, meritati e innovatori.

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    Quindi Gran Premio della giuria ex-aequo “A Hero” dell’iraniano Asghar Farhade e “Compartment N°6” del finlandese Joho Kuosmanen, Miglior regia a Leos Carax per “Annette”, l’unica vecchia gloria davvero amata anche dai critici più giovani. Miglior sceneggiatura a “Drive my Car” di Ryusuke Hamaguchi, che era poi il film che forse era piaciuto più di tutti ai critici presenti. Premio della giuria ex-aequo a “Memoria” di Apitchatpong Weerasethakul e a “Ahed’s Knee” dell’israeliano Nadav Lapid.

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    Miglior attrice Renate Reinsvee, protagonista di “The Worst Person in the World” del norvegese Joachim Trier.

     

    Miglior attore Caleb Landry Jones nei panni dello sterminatore di massa protagonista di “Nitram” di Justin Kurtzel. Chi perde? Perdono i vecchi. Più di tutti Moretti, che ha visto il suo film massacrato dalla critica internazionale, anche se può vantare 11 minuti di applausi, le quattro stelle su Repubblica e il fondamentale endorsement di Carlo Calenda, ma anche i non premiati Ildiko Enyedi, Wes Anderson, Sean Penn, François Ozon, autori forse non più così freschi. E perde Cannes che poteva osare di più svecchiando davvero il concorso. E perde la buona borghesia, come già aveva capito Michael Haneke, che l’aveva uccisa a Parigi e affogata per sempre a Calais. Il mondo è finalmente dei mostri.   

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