DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Marco Giusti per Dagospia
Cannes. Il cinema delle ragazze, opere prime e seconde, trionfa anche quest'anno a Cannes. Grazie, si dirà alle vittorie degli anni scorsi, "Titane" e "Anatomia di una caduta", ma anche di una giuria controllata dalla regista di "Barbie", Greta Gerwig. Ho recuperato l'ottimo "Diamant brut", unica opera prima in concorso del festival, scritto e diretto appuntamento da una ragazza francese, Agathe Riedinger, con un giovanissima protagonista sempre in scena, Malhou Kebizi, una specie di bomba di ambizione e di massacro del corpo con l'idea di arrivare subito al successo e fare scoprire ai fan "come sono veramente".
Siamo nella provincia francese ai piedi del Frejus, e la diciannovenne Laurie ha un solo desiderio, diventare famosa sui social grazie alla TV e a un reality sul modello di quelli di Canale 5 per il quale ha fatto un fortunato provino. L'hanno presa? Chissà? Intanto, nell'attesa che le confermino la scelta esce fuori di testa, indecisa su quale sarà e quale intanto è la sua vita. Tra un fidanzatino meccanico, che non riesce neanche a sfiorarla, una madre che non guadagna nulla e non la capisce, la sorellina in adorazione, le amiche che da quando si è fissato di essere famosa sono cambiate. O forse è cambiata proprio lei.
Con una pregevole impostazione dardennianna, la macchina da presa molto mobile sempre su di lei, il suo continuo cercare attenzione su tik tok e instagram, i commenti scritti sullo schermo come frasi celebri, la musica di accompagnamento molto classica (violoncello viola), è una delle scelte più innovative del concorso e lavora benissimo come cinema realtà sulla sua protagonista. Abbastanza straordinaria nella sua aderenza alla realtà del personaggio. Ma anche il film è girato benissimo.
Applausi scocciante oggi a "Un Certain regard" per un'altra opera prima di ottimo livello, "Vingt dieux!", tradotto in inglese come "Holy Cow", scritto e diretto da Louise Courvoiser e ambientato tra le montagne piene di mucche e di caciottari dai modi rudi. Protagonista del film della Couvoiser è un ragazzo, Totone, Clementi Favreau, che rimane orfano dopo la morte del padre e deve cercare di sopravvivere come può assieme a una sorellina. Siccome il padre faceva il formaggio prova anche lui a farlo rubando da una semi-fidanzata che ha una marea di fratelli pronti a menarlo.
Curiosamente, stressato, non riesce a scolarla, ma la cosa non sembra così importante neanche per la ragazza. È poco più di un raccontino di provincia molto fresco e ben fatto che ha grosse chance di piacere un po' a tutti. Come accadde qualche anno fa anche a "La famiglia Belier" coi sordomuti contadini che hanno una figlia che parla e sente per tutti. Il film ha quel potenziale. Ma perché non sappiamo fare anche noi questo tipo di film?
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