Antonio Pinelli per “la Repubblica”
canova thorvaldsen
Nella grande bouffe canoviana imbandita dal recente calendario espositivo, questa mostra plutarchiana che mette in scena alle Gallerie d' Italia a Milano le vite parallele e il dialogante antagonismo tra i due mattatori della scultura neoclassica, Antonio Canova (1757-1822) e il danese Bertel Thorvaldsen (1770-1844), è senz' altro uno dei bocconi più prelibati.
canova thorvaldsen
Sia perché questo tema è inedito sul piano espositivo, sia perché - grazie all' ingente impegno economico richiesto dallo spostamento di grandi sculture e al determinante apporto dell' Ermitage di San Pietroburgo, del Thorvaldsen Museum di Copenaghen e della gipsoteca canoviana di Possagno - i due curatori, Stefano Grandesso e Fernando Mazzocca, hanno potuto apprestare un eccezionale percorso espositivo, che permette di seguire, passo dopo passo, il serrato confronto tra i marmorei capolavori dei due artisti, mettendone a nudo la matrice dialettica e di reciproca sfida, ma anche di registrarne il riverbero nella scultura e nella pittura contemporanee.
CANOVA
Il caso Canova/Thorvaldsen appartiene alla categoria delle rivalità artistiche alimentate dalla critica contemporanea, che non mancò di schierarsi a favore dell' uno o dell' altro, o quanto meno a ricavare il giudizio sull' uno dal confronto con quello sull' altro. Un tale clima, naturalmente, non mancò d' influenzare i diretti interessati, che reagirono in modo diverso, in ragione del proprio temperamento e della differente età e condizione. Ma andiamo per ordine. Quando Thorvaldsen giunge nel 1797 a Roma, capitale delle arti e meta ineludibile del pellegrinaggio laico di un Grand Tour in cui divampa la febbre dell' Anticomania, Canova, che vi si era stabilito da tempo, era già aureolato dalla fama.
CANOVA LE TRE GRAZIE
Nel 1783 Quatremère de Quincy, esaltando il suo Teseo sul Minotauro, lo aveva incoronato come quel "continuatore dell' Antico" di cui Winckelmann aveva profetizzato l' avvento. Nel 1787, lo straordinario monumento funebre di Clemente XIV in SS. Apostoli ne aveva proclamato urbi et orbi la rivoluzionaria capacità di far rivivere, per dirla con il filosofo Rosario Assunto, l'"antichità come futuro", consacrandolo caposcuola della nuova scultura. Così come David, con il Giuramento degli Orazi (1784), lo era divenuto della nuova pittura.
Canova, che era d' indole generosa, poté pertanto mostrare una benevolenza verso il giovane nordico, al quale, invece, essendo agli esordi, toccò il ruolo di sfidante.
CANOVA 5
Tutto era cominciato nel 1801, quando Canova, ligio al precetto di Winckelmann che occorre imitare i capolavori greci per divenire inimitabili, ma che imitare significa analizzarli criticamente, espose nel suo studio il marmo del Perseo trionfante accanto a un gesso dell' Apollo del Belvedere . Invitando implicitamente a un confronto sul filo, non dell' identità, come avviene per una copia, ma dell' analogia, com' è giusto che sia davanti a un' interpretazione critica incarnata da una "ripetizione differente". Pio VI, com' è noto, si affrettò ad acquistare il Perseo e a farlo installare nel Cortile del Belvedere sul vuoto piedistallo dell' Apollo , che era emigrato al Louvre, con gli altri 100 capolavori vaticani ceduti in base alle sciagurate clausole del Trattato di Tolentino.
Ma, benché altissimo, il coro delle lodi al Perseo non era stato unanime, perché un manipolo di critici di area tedesca, o comunque nordica, il cui portavoce era Karl Ludwig Fernow, sostenne che l' indebita attrazione del modello aveva indotto nelle slanciate movenze del Perseo una morbida e giovanile agilità, inadatta alla virile attitudine di un "mortale guerriero". Dietro l' accusa di Fernow c' era, da una parte, un' intuizione critica non banale, e cioè che il genio canoviano è insuperabile nel genere "gentile e amoroso", mentre quando affronta quello "eroico" (considerato allora il più nobile in assoluto) trapela «il disagio di chi vuole ottenere a forza, tramite l' arte, ciò che la natura gli ha negato», dall' altra l' ambizione di contrapporre all' incontrastata fama del novello Fidia mediterraneo, il promettente talento del giovane Thorvaldsen, ancora oscuro borsista dell' Accademia di Copenaghen.
THORVALDSEN
Questi, infatti, pungolato dal Perseo, gli contrappose un baldanzoso e virilissimo Giasone, il cui compimento fu finanziato dalla poetessa Friederike Brun. Di qui il coro compatto di osanna dell' intera colonia dano-tedesca a Roma, in cui spiccavano l' archeologo Zoega, il barone von Humboldt e i fratelli Schlegel, che aveva trovato il suo nuovo Fidia venuto dai mari del Nord.
perseo trionfante canova
Da allora Thorvaldsen affrontò, uno dopo l' altro, tutti i generi artistici frequentati da Canova, opponendogli una sua versione più casta e sobria, rigorosamente frontale e ligia al canone policleteo, ma anche più in linea con il freddo accademismo delle copie romane di quegli originali greci che né Winckelmann né Quatremère avevano mai visto.
THORVALDSEN 1
Ma che a Canova erano ben presenti fin dalla sua formazione veneziana, quando ne aveva ammirato alcuni nella collezione Farsetti e se n' era nutrito al punto che quando, ormai anziano, poté vedere a Londra i marmi di Fidia, acquistati da Lord Elgin ad Atene, scrisse a Quatremère, rivendicando di aver sempre covato nel cuore la convinzione che il Bello ideale dei sommi maestri greci non era incompatibile con una lavorazione capace di rendere il marmo «viva carne».
Nella scultura di Canova, l' Antico si proietta nel futuro, ma portando con sé la conquista dello spazio di Giambologna e il colore di Tiziano, per cui ogni figura, come scriveva Dolce, «è viva, si muove, e le carni tremano». Anche Thorvaldsen produce alcuni capolavori, quali lo stesso Giasone, il sentimentale Adone e le Grazie.
THORVALDSEN DANZATRICE
Compete alla pari con i colossi del Canova, trasferendo in modo genialmente innovativo nell' iconografia del Gesù e degli Apostoli della Chiesa di Nostra Signora a Copenaghen quella tipizzazione dei caratteri che gli antichi avevano coniato per ogni divinità o eroe mitologico. Ma eccelle soprattutto nel bassorilievo, in cui rifulge la casta essenzialità del suo ritmico e bidimensionale rilievo, isolato rispetto al fondo astratto da un leggero sottosquadro.
THORVALDSEN LE TRE GRAZIE CON CUPIDO
Come intuì Francis Haskell, egli fu il primo ad avviare la gara e l' ultimo a chiuderla quando, morto Canova e universalmente considerato suo erede, tornò in patria, trionfalmente accompagnato dal lungo corteo delle sue sculture, e si fece erigere un Museo-Mausoleo, a imitazione di quello che si era fatto innalzare Canova nella natìa Possagno davanti alla sua casa- museo.
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