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    CANTAVA "MARESCIALLO NON CI PRENDI", E INFATTI È STATO ARRESTATO DALLA POLIZIA - VINCENZO PANDETTA, IL RAPPER NOTO COME "NIKO PANDETTA" IN MANETTE PER SPACCIO ED EVASIONE DOPO UNA LATITANZA DI 10 GIORNI È IL TERZO TRAPPER ARRESTATO A MILANO NELL'ULTIMA SETTIMANA - MA QUI NON STIAMO PARLANDO DI UNA FAIDA TRA "PISCHELLI" FUORI CONTROLLO (COME I CASI DI BABY GANG E SIMBA LA RUE): PANDETTA È IL NIPOTE DEL BOSS CATANESE TONI CAPPELLO, IN CARCERE AL 41 BIS DA QUASI 30 ANNI, E DURANTE UN PROGRAMMA DI RAI DUE, AVEVA SOSTENUTO CHE GIOVANNI FALCONE E PAOLO BORSELLINO…


     
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    Marco Gregoretti per “Libero quotidiano”

     

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    «Maresciallo non ci prendi, pistole nella fendiiii». E infatti non è stato acciuffato dai Carabinieri: le manette ai polsi gliele hanno messe gli agenti della squadra mobile di Milano agli ordini di Marco Calì, coadiuvato dal funzionario Nicola Lelario. Niko Pandetta, trapper "neomelodico", trentunenne di origine siciliana, che suona brani morbidi per raccontare vite da duri e che ha vinto due dischi d'oro, era latitante da una decina di giorni. Da quando la Cassazione aveva confermato la condanna per spaccio di droga a quattro anni di reclusione. Nonostante i suoi avvocati avessero fatto ricorso.

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    12.000 EURO IN TASCA

    I poliziotti milanesi, su richiesta dei colleghi di Catania, dove lo stavano cercando in seguito alla sentenza emessa dal Tribunale della città siciliana, sono riusciti a trovarlo nel quartiere periferico di Quarto Oggiaro, all'esterno del B&B in cui alloggiava. In tasca aveva 12mila euro. Gli investigatori stanno vagliando anche la posizione di altre due persone. Il suo manager, un albanese di 33 anni, che, poco prima dell'operazione della squadra mobile, si trovava insieme al trapper e che sarebbe l'affittuario della stanza e l'uomo di 38 anni, con qualche precedente per truffa, seduto alla guida dell'auto, vicino a Pandetta.

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    Nei confronti dei due potrebbe scattare l'accusa di «procurata inosservanza di pena». Che il cantante fosse ricercato, infatti, lo sapevano tutti: non aveva mai smesso di tenere aggiornati i suoi follower, via social. È stato lui stesso, il sei settembre scorso, a informarli, attraverso l'account di Instagram, della sentenza di condanna a quattro anni. Come fosse un qualsiasi "ganassa", o "maranza" che dir si voglia, aveva commentato: «Sono abituato agli spazi stretti, alla case piccole, alle celle». Poi, però, si era dato alla fuga.

     

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    Forse aveva capito che, "bella bomber!", il transitare dell'adrenalina del successo si sarebbe per un pò interrotto. Eh, si perché soltanto due settimane fa in un famoso locale milanese, zeppo di ragazzi e di ragazze in festa, era successo che il dj, scatenatissimo, avesse urlato al microfoni: «Ehi, raga!!! Abbiano un ospite d'onore, E chi se l'aspettava. È arrivato, qui, proprio qui, Niko Pandettaaaa!!!». Il trapper aveva reso omaggio ai fans giovani e giovanissimi cantando uno dei suoi brani.

     

    Pandetta è il terzo trapper che arrestano in una settimana a Milano, a conferma che il combinato disposto tra violenza metropolitana, disagio giovanile e «voglio tutto e subito», oramai sia arrivato a livelli oltre la guardia. Imponendo modelli e riferimenti dove, come sostengono i sociologi «il disvalore la faccia da padrone». Insomma la vita conta poco. Importante è apparire. Nel caso di Niko Pandetta si aggiunge uno step: quello dell'utilizzo dei riti e dei miti della criminalità organizzata per fare musica e spettacolo.

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    E, magari, alla fine qualcuno ci casca. L'artista arrestato ieri è nipote di Toni Cappello, in carcere al 41 bis da quasi 30 anni, perché ritenuto appartenente alla mafia catanese. E proprio ai boss detenuti in regime di massima sicurezza, nel 2019, davanti a un locale dell'hinterland napoletano, Pandetta aveva dedicato una strofa: «Con la speranza», disse, «che tutti quelli che stanno al 41 bis presto possano tornare alla libertà e alle loro famiglie. Facciamo un applauso forte!».

     

    APPREZZAMENTI MAFIOSI

    Ci furono levate di scudi e polemiche dure. Ingenuità? Fatto sta che durante un programma di Rai Due, poco prima, era stato ancora più pesante sostenendo, in sostanza, che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino se l'erano andata a cercare. La tv di Stato, giustamente, chiese scusa. La sua fama di trapper morbido con la criminalità organizzata l'aveva preceduto ad Abbiategrasso, dove in un pub avrebbe dovuto tenere un concerto. Si opposero sia la presidente della Commissione regionale antimafia che il sindaco della cittadina dell'hinterland milanese.

     

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    Le ultime foto postate lo ritraggono "virtualmente" dietro le sbarre di una cella del carcere di Opera. Da una settimana, prima dell'arresto, stava cercando di accreditarsi in rete come un giovane uomo alla ricerca della nuova vita: «Sono cambiato, ma pagherò il mio passato finché ci sarà da pagarlo. Non fuggo più né dalla polizia né dalle mie responsabilità». Il tema è che, in realtà, forse ha ragione chi sostiene che Baby Gang e Simba la Rua, i trapper arrestati venerdì sette ottobre, rispetto a lui siano due mammolette.

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