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    UN DIAVOLO PER CAPELLO: “IL MILAN E’ DA SCUDETTO. PUO’ RESTARE IN CIMA FINO ALLA FINE. DEVE PENSARE IN GRANDE. IBRA È UN LEADER. PIOLI UN SIGNOR ALLENATORE. E I ROSSONERI SONO STATI BRAVI AD APPROFITTARE ANCHE DEGLI STADI VUOTI. SAN SIRO QUANDO BORBOTTA SI SENTE. INEVITABILE CHE SUI GIOVANI POTESSE INCIDERE – PAOLO MALDINI? UN LAVORO DA APPLAUSI” – E SU INTER E JUVE…"


     
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    Carlos Passerini per il “Corriere della Sera”

     

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    «Il Milan è da scudetto». Non ha dubbi, Fabio Capello, non più. La sbalorditiva accelerata che ha portato i rossoneri a +5 sulle prime inseguitrici dopo sole 9 giornate di campionato lo ha definitivamente convinto: secondo l' ex allenatore, quattro scudetti e una Coppa Campioni fra 1991 e 1998, oggi efficacissimo commentatore a Sky, il Diavolo ora è candidato a sognare in grande. Anzi: «Non a sognare, ma a pensare in grande. Perché la differenza è sostanziale: sognare in grande possono farlo tutti, pensare in grande no. E il Milan ora può farlo. Anzi, deve».

     

    Quando se n' è convinto?

    «La vittoria di Napoli è stata una prova di forza impressionante. Ma mi ha colpito enormemente anche il successo sulla Fiorentina, per la facilità, la risolutezza. Il Milan lì si è imposto da grande, senza soffrire, gestendo, come le grandi squadre. Senza ansia. E soprattutto, senza Ibra».

     

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    Prima che torni ci vorranno almeno un paio di settimane. Non crede che il Milan possa risentire della sua assenza, alla lunga?

    «Non credo. Ora Ibrahimovic è molto più maturo, è diventato un leader vero. Non si limita più a portare i suoi gol, la sua differenza. Ora è un leader adulto. La squadra ha recepito la sua voglia di vincere, la sua mentalità. Basta guardare il linguaggio del corpo».

     

    Testa alta, pressing insistente, contrasti convinti.

    «Gli stessi giocatori un anno fa mostravano timore, incertezza, timidezza. Ora invece esprimono coraggio e determinazione già nel modo di muoversi, di caricarsi, di aggredire la partita. Con o senza Ibrahimovic in campo. Sanno cosa fare e lo fanno, sono compatti, sono squadra. E sono stati bravi ad approfittare anche degli stadi vuoti».

     

    Crede anche lei che senza il pubblico il Milan sia cresciuto con più serenità?

    «San Siro quando borbotta si sente. Inevitabile che sui giovani potesse incidere. L' atmosfera ovattata, da accademia, dà loro una mano: possono esprimersi senza la paura e l' ansia di sbagliare un passaggio. Ma credo che fosse così soprattutto in estate. Ora l' autostima è diversa. Sono sicuro che, pubblico o non pubblico, oggi il Milan sarebbe comunque là in cima».

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    La chiave è la serenità? Il non dover vincere per forza? L' innalzarsi delle aspettative non può essere un' arma a doppio taglio?

    «Giocano spensierati, liberi, senza ossessioni, si vede. Ma con un' identità precisa.

    Sanno cosa vogliono: vincere. E devono continuare così. Ora è un passaggio delicato, toccherà a Pioli, alla società, ai dirigenti: bisogna trovare la chiave mentale per gestire il momento, alzare pian piano gli obiettivi senza alzare le aspettative».

     

    In realtà però c' è ancora un certo scetticismo attorno al Milan. «Prima o poi si squaglia, sono quasi tutti ragazzini», è il pensiero di molti.

    «Una delle poche certezze del calcio è che le squadre giovani possono solo migliorare. La sottovalutazione riguarda altro, anzi un altro».

     

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    Vale a dire?

    «Pioli. Ha meriti enormi che secondo me non gli vengono riconosciuti appieno.

    Già in passato, con la Lazio, con la Fiorentina, Stefano aveva dimostrato di essere un signor allenatore, con idee, personalità. Aveva bisogno di tempo e di fiducia. Tenerlo quest' estate era la scelta giusta. E ora si vede».

     

    Una scelta di fiducia per la quale bisogna dare i principali meriti a Maldini. E pensare che fino a qualche mese fa nemmeno lui era certo di restare.

    «Un lavoro da applausi, quello di Paolo. Anche nella costruzione della squadra».

     

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    In cosa potrebbe migliorare ancora questo Milan? A gennaio si riapre il mercato, l' obiettivo è un centrale difensivo, in prima fila c' è Kabak dello Schalke.

    «Sì, un difensore farebbe comodo, giocando su tre fronti. Ma poi basta».

    Mancherebbe anche un vice Ibra, un centravanti di ruolo di riserva.

    «Da un punto di vista numerico ci potrebbe stare, ma il Milan ha raggiunto un suo equilibrio, che è meglio toccare il meno possibile. Anche a costo di rischiare un po'».

     

    Onestamente: sul primo posto dei rossoneri quanto incidono le difficoltà delle altre grandi?

    «Inter e Juve hanno un bagaglio tecnico e di scelte che chiaramente le riporterà a essere protagoniste, hanno rose grandi e ricche. La Lazio è un enigma, l' Atalanta dipende da come prosegue la Champions, il Napoli è strutturato. Ma il Milan, fidatevi di me, sta lassù perché se lo merita. E può restarci fino alla fine».

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