Luigi Perna per la Gazzetta dello Sport
La macchina di Romain Grosjean avvolta dalla fiamme e trasformata in una enorme palla di fuoco ha subito riportato alla mente l'incidente di cui fu protagonista Gerhard Berger sulla Ferrari nella curva del Tamburello di Imola, durante il GP del 1989. L'austriaco riportò ustioni solo alle mani, proprio come il francese, che dopo lo schianto di domenica al primo giro della gara del Bahrain ha rassicurato i tifosi in un video dall'ospedale di Manama, mostrando le mani avvolte dalle bende.
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«È vero - conferma Berger al telefono - mi ha ricordato molto il mio incidente. Ma, a differenza di allora, il fuoco non è stata la cosa più pericolosa. Io andai a sbattere contro il muretto, con un impatto più violento, però il fatto che i guard rail si sia aperto in due, quando la vettura di Grosjean l'ha colpito, ha creato un rischio molto superiore. Ai miei tempi, nessuno avrebbe avuto scampo, infilandosi fra le barriere taglienti come lame. Purtroppo, abbiamo vissuto episodi simili. Invece, la presenza dell'Halo (l'arco di protezione intorno alla testa del pilota; n.d.r. ) ieri ha salvato la vita di Romain.
Erano tutti critici, quando la Fia impose l'introduzione di questo dispositivo sulle macchine, ma è stato decisivo. I piloti, per natura, si preoccupano solo di andare più forte possibile in pista, ma per loro fortuna ci sono state persone come Max Mosley e Jean Todt che si sono impegnate moltissimo per migliorare la sicurezza in F.1 negli ultimi decenni, bisogna ringraziarli».
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Lo stesso Grosjean fu tra coloro che nel 2017 si schierarono contro l'approvazione dell'Halo per la stagione successiva. Ma il pilota della Haas si è pubblicamente ricreduto dopo il suo incidente, avvenuto a 220 all'ora per una toccata con l'incolpevole Daniil Kvyat: «Senza l'Halo, non sarei qui a parlare». Ieri ha ricevuto la visita in ospedale del team principal Gunther Steiner. E in un altro messaggio video ha elogiato i commissari di pista: «Avete sfidato il fuoco per salvarmi. Vi sarò sempre grato dal profondo del cuore».
Oggi verrà dimesso. Ma le bruciature alle mani non gli consentiranno di disputare la prossima gara, prevista sempre in Bahrain, su una variante inedita e velocissima del circuito di Sakhir. Mancano tre giorni alle prove libere e sarebbe un azzardo. Tornerà, una volta guarito, per il GP finale di Abu Dhabi del 13 dicembre, che sarà anche la gara di addio alla F.1, visto che la Haas non gli ha rinnovato il contratto per il 2021. «Nel mio caso, l'incidente di Imola lasciò qualche strascico, però non c'è niente di meglio per la mente di un pilota che tornare a correre il prima possibile.
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Romain è uscito rapidamente dall'abitacolo, perciò ha riportato conseguenze lievi, si ristabilirà presto», aggiunge Berger. Intanto Grosjean sarà sostituito dal pilota di riserva Pietro Fittipaldi, nipote del leggendario Emerson e fratello del piccolo Enzo, promessa della Ferrari Driver Academy. Il pedigree di Pietro, 24 anni, non è da campioni: ha corso in Nascar, nell'Europeo di F.3 e in IndyCar, senza impressionare. L'unico risultato di rilievo la vittoria nelle World Series Formula V8 3.5 del 2017 con il team Lotus. Adesso avrà la grande occasione del debutto in F.1.
Per Grosjean, invece, sarà importante superare lo shock. Nella sua carriera ci sono stati molti incidenti, alcuni anche gravi, ma nessuno paragonabile al rogo terrorizzante di domenica. La moglie Marion, giornalista della tv francese sposata nel 2012, ieri si è sfogata, dopo una notte insonne: «Ho detto ai nostri due figli che il papà è un super eroe, perché non c'era altro modo di spiegare l'inspiegabile.
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L'ha protetto uno scudo d'amore. Il loro amore. E grazie al suo coraggio, alla sua forza, al suo allenamento fisico, è uscito vivo dalle fiamme. Non c'è voluto un solo miracolo, ne sono serviti diversi». Fra gli angeli custodi di Romain, in quei 28" drammatici, forse c'è stato anche Jules Bianchi, lo sfortunato pilota del vivaio Ferrari morto per i danni cerebrali riportati nell'incidente di Suzuka del 2014, il cui sacrificio ha aperto la strada alla ricerca sull'Halo.
Presto Grosjean tornerà ad abbracciare i suoi bambini, nella casa vicino a Ginevra dove abita, e da provetto cuoco potrà divertirsi a cucinare qualche piatto da chef, in attesa di aprire finalmente il ristorante che sogna da tempo. Nella vita non ci sono solo le corse.
INCHIESTA DELLA FIA
ANDREA CREMONESI per la Gazzetta dello Sport
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L'applauso liberatorio con cui domenica piloti, tecnici e meccanici hanno accolto le immagini di Romain Grosjean che fendeva la palla di fuoco come un eroe hollywoodiano, non ha cancellato comunque una serie di dubbi scatenati dal rovinoso impatto che della sua Haas contro le barriere.
Dubbi che Ross Brawn, responsabile sport dell'organizzazione nel suo tradizionale commento sul sito ufficiale della F.1 ha sintetizzato così: «Dobbiamo capire perché il guard rail si è squarciato, perché la macchina si è spezzata in due e perché ha preso fuoco». La Fia, come capita sempre in occasione di incidenti gravi, ha aperto una inchiesta che è stata affidata al dipartimento sicurezza.
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Interrogativi che abbiamo girato a Giorgio Beghella Bartoli, per anni direttore tecnico di Monza e oggi coordinatore del gruppo di lavoro piste e percorsi di Aci Sport: «Ci sono diverse cose che vanno approfondite - spiega -, per esempio l'angolazione del guard rail che, a prima vista non mi pare ottimale».
Corretto invece non usare in quell'area un muretto: «Vanno posizionati in rettifilo. Se in luogo del guard rail ci fosse stato una protezione in cemento, la decelerazione si sarebbe scaricata tutta sul pilota con conseguenze facilmente prevedibili. Invece sarebbe stato preferibile anteporre al guard rail una protezione ulteriore, utilizzando file di gomme legate tra loro da cavetti in acciaio o in alternativa blocchi da 120 kg l'uno che contengono materiale schiumoso e assorbente.
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Ma la cosa più grave è il fatto che il guard rail si sia aperto: anche con un impatto così violento, avrebbe dovuto deformarsi, ma mai le lame spezzarsi. Quello che è successo non è normale». Fissaggio anomalo? Qualità del materiale, che è omologato? Spetterà ai tecnici federali fornire le risposte.
C'è poi un altro aspetto che, secondo Beghella Bartoli, a Place de La Concorde faranno bene a rivedere con attenzione ed è la tempestività nello spegnimento dell'incendio: «Ci hanno messo troppo tempo e meno male che Romain non ha perso conoscenza ed è riuscito ad uscire da solo, altrimenti...».
L'ingegnere marchigiano specifica che dalle immagini si vede l'addetto trafficare con l'estintore, perdendo tempo prezioso. Inoltre lo stesso ha iniziato ad utilizzarlo troppo lontano e il getto è finito per infrangersi sull'asfalto, anziché sulla vettura.
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«La dimostrazione sta nel fatto che l'intervento più efficace lo ha compiuto l'addetto che ha attraversato il tracciato. Inoltre da noi in caso di incendio, oltre all'addetto che si trova sul posto, è previsto che in pochissimo tempo giunga sul posto un mezzo dotato di un serbatoio estinguente in grado di spegnere 180 litri di carburante. Qui invece abbiamo visto arrivare un furgoncino con diversi estintori a bordo: alternandoli si perde ulteriore tempo. Va poi considerato che il pericolo su queste vetture non è soltanto determinato dal carburante, ma anche dal pacco batterie.
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Ricorda che cosa è successo durante la gara del Mugello alla Racing Point di Lance Stroll? La sua macchina è stata inondata di liquido estinguente per abbassare la temperatura delle batterie che altrimenti fungono da cerino. Se non si interviene in tempo, diventa poi impossibile spegnere l'incendio».
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