Cecilia Gentile e Andrea Pisani per repubblica.it
pesci morti tevere
I ciclisti pedalano veloci lungo la banchina turandosi il naso, i clienti di bar e ristoranti dell'Estate romana sul fiume scappano rinunciando alle consumazioni. I pesci morti che da una settimana coprono la superficie del Tevere dal centro alla foce, fino al litorale di Focene e Fiumicino, non solo offrono uno spettacolo desolante. I cadaveri di cefali, carpe, pesci siluro, che ieri si erano concentrati in particolare sotto le arcate di ponte Sant'Angelo e a ridosso di Ponte Sisto puzzano. E forte pure.
Perciò il danno è su tutta la linea: ambientale, sanitario, turistico, economico e di decoro urbano. Sabato scorso i tecnici di Arpa hanno effettuato prelievi di acqua e di pesci morti, consegnando questi ultimi alla Asl Rm1, che a sua volta ha incaricato delle analisi l'Istituto zooprofilattico. I risultati dei doppi esami non ci sono ancora. Ma le esperienze precedenti già orientano gli esperti sulle cause possibili del disastro.
"Non è la prima volta che certe ditte sversano illegalmente i loro veleni nel fiume - racconta Leonardo Tunesi, biologo marino, esperto in biodiversità dell'Ispra - Potremmo avanzare due ipotesi: prima delle grandi piogge di fine agosto, quando il Tevere era in secca, qualcuno si è liberato dei suoi rifiuti tossici che hanno ucciso i pesci. La piena li ha poi trascinati fino al mare.
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Oppure: approfittando delle piogge che hanno alzato il livello del Tevere e reso le acque più torbide, qualcuno ha sversato sostanze tossiche contando sull'impunità. Una cosa è certa: i pesci morti che vediamo venire a galla sono solo la punta dell'iceberg. Sicuramente il fenomeno ha interessato anche invertebrati e piante acquatiche, insomma un intero habitat fluviale che richiederà molto tempo per essere ripristinato ". C'è di più: "I pesci di grossa taglia, e ne ho visti molti, potevano essere dei riproduttori con migliaia di uova da rilasciare. Più un pesce è grande e più è fertile".
Marco Lombardo, responsabile unità Risorse idriche di Roma dell'Arpa, ricorda che lo scorso anno si verificarono due fenomeni simili sempre in periodo estivo, a giugno e a luglio. "Dalle analisi dei prelievi effettuati trovammo tracce di due pesticidi, uno dei quali anche bandito dalla legge.
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Ma le concentrazioni non erano così alte da giustificare quella moria. Per quegli episodi parlerei di anossia: c'è stato un periodo di siccità seguito da forti piogge che hanno convogliato terra e erba nel fiume, cioè un massiccio carico organico degradato dai batteri che ha portato ad un eccessivo consumo di ossigeno. I pesci, cioè, sono morti per mancanza di ossigeno. C'è anche da dire che lo scorso anno le carcasse dei pesci erano in avanzato stato di decomposizione e questo non ha aiutato le analisi. Anche stavolta lo stato non è buono".
Ora c'è il rebus su chi deve pulire. Ama chiarisce che non è previsto nel contratto di servizio. La Regione dice che la competenza è del Comune di Roma. Loro interverranno solo per rimuovere i pesci intercettati dalle barriere antiplastica regionali poste vicino alla foce.
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