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    CAPITALE MALA-NDRINA – I SOLDI DELLA ‘NDRANGHETA VENGONO RICICLATI NEI LOCALI DELLA CAPITALE. DAL CENTRO ALLA PERIFERIA, I CLAN DI REGGIO CALABRIA ERANO RIUSCITI A METTERE LE MANI SU RISTORANTI E NEGOZI – A PROCESSO DUE BOSS, ANTONIO CARZO E VINCENZO ALVARO, E I LORO SGHERRI PER CUI I PM HANNO CHIESTO, IN TUTTO, 169 ANNI DI CARCERE - NEL CAPO DI IMPUTAZIONE SI LEGGE CHE LO SCOPO ERA DI...


     
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    Estratto dell'articolo di Michela Allegri per il Messaggero - Roma

     

    vincenzo alvaro vincenzo alvaro

    I soldi della ndrangheta riciclati nella Capitale. Dal centro alla periferia, i clan di Reggio Calabria erano riusciti a mettere le mani su ristoranti e negozi. Agivano per conto delle cosche, secondo l'accusa, usando metodi mafiosi: violenza, minacce, armi, pizzini e riunioni segrete.

     

    A regnare, secondo i magistrati, due boss, accusati di associazione di stampo mafioso: Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, entrambi originari di Cosoleto in provincia di Reggio Calabria. Ieri Carzo, insieme ad altre 18 persone, è stato processato con rito abbreviato. I pm Giovanni Musarò e Stefano Luciani hanno chiesto in tutto 169 anni di carcere. Per Carzo, la richiesta più pesante: 20 anni di reclusione, considerando lo sconto di pena previsto dal rito alternativo. Alvaro, invece, ha scelto il giudizio ordinario.

     

    vincenzo alvaro 2 vincenzo alvaro 2

    LE ACCUSE A seconda delle posizioni, le accuse contestate, oltre all'associazione mafiosa, sono cessione e detenzione di stupefacenti, estorsione, detenzione illegale di armi, fittizia intestazione di beni, truffa, riciclaggio, favoreggiamento. La richiesta della Procura è stata pesante anche per i due figli di Carzo, Domenico e Vincenzo: rischiano rispettivamente 17 anni e 13 anni e 4 mesi di reclusione. Per Pasquale Valente sono stati chiesti 16 anni, mentre per Francesco Calò 12 anni.

     

    Nel maggio dello scorso anno il bilancio della maxi-operazione "Propaggine" era stato di 43 arresti: un gruppo criminale che, emergeva dalle indagini, aveva messo le mani sul business della ristorazione, ma anche su quello delle tabaccherie e dei mercati all'ingrosso.

     

    il boss vincenzo alvaro con la figlia il boss vincenzo alvaro con la figlia

    Nel capo di imputazione si legge che lo scopo della «locale di Roma» era di «acquisire la gestione o il controllo di attività economiche nei più svariati settori: ittico, della panificazione, della pasticceria, del ritiro delle pelli e degli olii esausti, della ristorazione, dei parrucchieri, delle sale biliardo». 

     

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