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    QUEL CARESSA DELLA SERA – “IN CASA IO E BENEDETTA NON STIAMO MAI IN PIGIAMA. LEI OGNI TANTO METTE LA TUTA. ALLORA, LA METTO ANCHE IO, POI MI FACCIO SCHIFO, LA TOLGO E LA ABBANDONO PER TERRA” – IL TELECRONISTA SKY PARLA DEI SUOI 23 ANNI INSIEME A BENEDETTA PARODI – “SE UNO TENDE AL DIVISMO L'ALTRO GLI DICE: SGASATI” – LA FOLLIA PER AMORE? “PRESI UN AEREO PER CENARE CON BENEDETTA E ALL'INDOMANI ALLE SEI DOVEVO RIPRENDERE UN VOLO. LEI NON ERA ANCORA CONVINTA, IO SPERAVO NEI FUOCHI D'ARTIFICIO DOPO CINEMA E CENA ALL'INDIANO. INVECE, L'ACCOMPAGNO A CASA ALLE 3 DI NOTTE E MI FA VEDERE…”


     
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    Candida Morvillo per il Corriere della Sera

     

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    Fabio Caressa e Benedetta Parodi sono appena tornati da un «weekend» in Franciacorta fatto di lunedì e martedì. A casa loro, i «weekend» sono infrasettimanali perché la domenica lui ha sempre le telecronache delle partite su Sky; in più, a qualunque ora del giorno, anche alle quattro del pomeriggio, si può trovare la tavola imbandita con stinco alle mele o tacchino ripieno perché lei le ricette per i suoi libri, venduti in tre milioni di copie, le prepara nella cucina di famiglia. In questo periodo, però, «si mangia in modo altalenante», confessa Benedetta, «quando conduco Bake Off, sto sul set fino a sera e a casa non cucino». Marito e tre figli vedono i suoi manicaretti giusto su Real Time il venerdì sera.

     

    Quest' estate, mentre scoppiavano coppie storiche come Totti e Blasi, Amendola e Neri, Marcuzzi e Calabresi Marconi, Benedetta e Fabio festeggiavano i 23 anni di matrimonio.

     

    Primo incontro alla mensa di Telepiù, che poi diventerà Sky, anno 1997, 29 anni lui, che cominciava a essere la voce del calcio, 25 lei che iniziava da giornalista di cinema e, oggi, quando qualcosa l'annoia a morte, dice «mi annoia come una partita di calcio».

     

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    Nessuno dei due resta colpito dall'altro. Lui: «Benedetta aveva i capelli nerissimi, le unghie blu con le stelle, mi sembrò un po' dark». Lei: «Io vivevo un periodo di allegria, non volevo una storia». Poi, Benedetta cominciò a far doppiare a Fabio le interviste degli attori americani (lei: «Avevano tutti la stessa voce e la erre moscia»).

     

    Primo passo avanti?

    Fabio: «L'ho invitata al cinema».

    Benedetta: «Ma no: lo invitai io, ma solo perché avevo sempre bisogno di persone che mi accompagnassero a vedere i film su cui lavoravo. Il film era Romeo e Giulietta con DiCaprio, Fabio venne solo perché aveva altre mire».

     

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    Fabio: «Ressi solo perché venivamo da tre ore di aperitivo, ero quasi svenuto. Ci abbiamo messo un mesetto per capire cosa volevamo e, dopo 10 giorni, vivevamo insieme».

    Benedetta: «In realtà, andai ad abitare da lui solo perché vivevo con due studentesse, era estate, dovevamo lasciare la casa, dissi: mi fermo un paio di mesi da te».

    Fabio: «Ho chiuso la porta e non l'ho fatta più uscire».

     

    Che cosa l'aveva conquistata?

    «Benedetta ha un'aura di luce bianca che la circonda e che trovo irresistibile. Ce l'ha ancora, è impossibile non vederla».

    Benedetta: «Siamo diversi, lui tumultuoso, impulsivo, vulcanico, io tranquilla, più pacata: ci compensiamo, ci siamo trovati come due pezzi di un puzzle».

     

    Fabio: «È appena uscito per Sperling & Kupfer il mio libro Grazie Signore che ci hai dato il calcio, dove c'è anche il racconto del mio trentesimo compleanno: avevo preso due aerei per fare la telecronaca di Borussia Dortmund-Bayern Monaco, presi il terzo per cenare con Bene e all'indomani alle sei dovevo riprendere un aereo.

     

    Erano i nostri primissimi tempi, lei non era ancora convinta, io speravo nei fuochi d'artificio dopo cinema e cena all'indiano. Invece, l'accompagno a casa alle tre di notte e mi fa vedere Pinocchio della Disney».

     

    Il momento di svolta?

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    Fabio: «Quando abbiamo comprato casa, a novembre 1998. A capodanno, abbiamo fatto una festa spettacolare nelle stanze vuote, che ha dato l'impronta al tipo di famiglia che saremmo stati: da noi, è un porto di mare».

     

    Benedetta: «I ragazzi portano amici in continuazione, è una casa piena di scambi, gioia, energia. L'altro giorno ne abbiamo avuti a dormire undici? Quattordici?».

    Fabio: «Hai fatto tre turni di colazione: chi ordinava i pancake, chi scrambled eggs. Di figli ne volevamo tanti, veniamo dallo stesso tipo di famiglia: tutti i nostri fratelli hanno tre figli. Comunque, in quel Natale 1998, le avevo regalato anche l'anello di fidanzamento».

     

    Come fu la proposta di matrimonio?

    Benedetta: «Una cosa pragmatica. Vivevamo insieme, lui diceva sempre "dai, sposiamoci" e io "ma no". Poi un giorno, ho risposto: Ok, dai».

     

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    Quanto poco siete romantici?

    Fabio: «Meno di me è impossibile, ma sono l'unico che può battere Benedetta. Non siamo quelli che guardano il tramonto e si dicono "amore", siamo quelli che guardiamo il tramonto facendo l'aperitivo con 25 amici».

     

    Chi dice più spesso «ti amo»?

    Fabio: «Questa è facile: io, uno a zero. Non è una partita impegnativa».

    Benedetta: «Tutto il nostro romanticismo l'abbiamo consumato alle Maldive: tre anni fa, per il ventesimo anniversario, abbiamo rinnovato la promessa di matrimonio insieme ai figli. È stato bello rivedere il nostro sì attraverso gli occhi dei ragazzi. Eravamo partiti prendendola a ridere, invece, là, eravamo tutti commossi, i ragazzi piangevano, ridevano, è stata un'emozione fortissima».

     

    Un altro momento indimenticabile?

    Fabio: «Quando io divento talmente disordinato che rendo la vita impossibile a tutti. Ci sono momenti in cui posso lasciare gli Ipod in frigo. Beppe Bergomi, con cui condivido tante trasferte, se in albergo lo invito in camera, risponde: per carità, avrai fatto esplodere la valigia. Sono un disordinato patologico. Benedetta non si arrabbia, s' infuria. Ed è pure gelosa delle sue cose, se le tocco un caricabatterie, rischio la vita, potrebbe assoldare un killer».

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    Per cos' altro litigate?

    Benedetta: «Non abbiamo mai avuto grandi crisi e non siamo neanche gelosi. Magari discutiamo perché sui figli io sono più permissiva». Fabio: «La chiamiamo la mamma di carta. Il poliziotto cattivo sono io».

    Benedetta: «Però, abbiamo cresciuto figli bravissimi, più consapevoli dei pericoli di quanto lo fossimo noi e le due ragazze grandi, Matilde ed Eleonora, sono molto indipendenti e con la testa sulle spalle». Diego, 13 anni, si chiama come Armando Maradona? Fabio: «Ovvio». Benedetta: «Come Don Diego de la Vega di Zorro».

     

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    Fabio «Comunque, se litighiamo, magari lei mi tiene il muso, io non ne sono capace. Per me, funziona così: hai problemi, ti arrabbi, se necessario urli e, dopo cinque minuti, è finito tutto».

     

    Su che cosa, invece, andate d'accordo?

    «Benedetta: «Nel tenerci l'un l'altro coi piedi per terra: l'abbiamo fatto dopo i suoi Mondiali o quando, per me, dopo aver lasciato la conduzione di Studio Aperto, è arrivato il successo di Cotto e Mangiato».

    Fabio: «La parola chiave era: sgasati. Se uno tende al divismo, l'altro lo tira subito giù».

     

    Alla fine, qual è il segreto per durare felici 25 anni?

    Fabio: «Accettare gli spazi di libertà dell'altro, rispettare le sue passioni, condividere problemi e valori. Le coppie vanno avanti se riescono a parlarsi e affrontare subito i problemi, altrimenti una cosa piccola diventa un mostro. In questo, io sono cintura nera».

     

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    Regole di casa Caressa?

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    Fabio: «Abbiamo fatto il patto del pigiama, mai stare in pigiama o in tuta. Ora, lei la tuta la mette. Allora, la metto anche io, poi mi guardo, mi faccio schifo, la tolgo e la abbandono per terra».

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