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    CARISSIME BANCHE – IL RIALZO DEI TASSI NON FA SALIRE I RENDIMENTI DEI CONTI CORRENTI. MENTRE VOLANO I PROFITTI DEGLI ISTITUTI DI CREDITO - CON L’AUMENTO DEI TASSI DA PARTE DELLA BCE LE BANCHE HANNO SUBITO AUMENTATO GLI INTERESSI SUI PRESTITI, MANTENENDO BASSA LA REMUNERAZIONE DEI DEPOSITI. MA I CLIENTI SONO TROPPO LENTI A SPOSTARE I RISPARMI SU PRODOTTI D’INVESTIMENTO CHE OFFRONO MAGGIORI OPPORTUNITÀ…


     
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    Estratto dell’articolo di Vittoria Puledda per “la Repubblica – Affari & Finanza”

     

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    Una montagna di soldi, da molti punti di vista; e non tutti positivi. Tanti soldi lasciati a languire sul conto corrente, oltre 1.150 miliardi di euro (un male, perché non sono una forma di investimento); tanti utili - oltre 15 miliardi - che le banche hanno fatto (bene per loro) e continueranno a fare grazie al margine di interesse; infine, tanti soldi che i risparmiatori pagano in commissioni e spese su quegli stessi conti (forse troppi).

     

    Ma il punto forse più dolente è proprio il margine di interesse, la forbice tra tassi attivi e passivi, la forma più tradizionale e più tipica, per una banca, di guadagnare prestando denaro ai clienti da un lato e remunerando (il meno possibile) quello stesso denaro che i rispamiatori prestano alla banca sotto forma di depositi, conti correnti, obbligazioni.

     

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    Replicando un copione consolidato, le banche stanno dimostrando grande sollecitudine nell’aumentare i tassi su prestiti e finanziamenti, e grande vischiosità nell’adeguare la remunerazione sui conti correnti. “La forbice dei tassi bancari ha avuto un andamento anomalo nell’ultimo anno - conferma Lando Sileoni, segretario generale della Fabi - l’aumento degli interessi sui prestiti è stato sei, sette volte maggiore rispetto agli interessi sui conti correnti.

     

    Vuol dire che le banche hanno utilizzato l’aumento del costo del denaro molto a loro vantaggio e poco per restituire benefici alla clientela ». Una scelta che ha sicuramente pagato in termini di bilanci: 15 miliardi di utili a livello di sistema, con il margine di interesse che dopo anni supera la gallina d’oro dei conti economici delle banche, cioè le commissioni sul risparmio gestito.

     

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    Sileoni sottolinea «la volontà degli amministratori delegati di aumentare i ricavi e soprattutto gli utili del 2022, per poi distribuire importanti dividendi agli azionisti, come è stato. Ne prendiamo atto. Per quanto riguarda il rapporto con la clientela, ci sarebbe da fare qualche osservazione critica, tuttavia riteniamo questa situazione molto positiva per poter chiedere importanti aumenti economici col nuovo contratto nazionale dei bancari».

    Una decina di giorni fa è stata la stessa Banca d’Italia ad accendere un faro, chiedendo trasparenza (e indirettamente moderazione). In una missiva inviata agli istituti di credito ha ricordato che dopo la lunga stagione dei tassi di interesse zero o quasi (che aveva di fatto annullato la remunerazione sui conti correnti e alzato i costi) «con l’aumento dei tassi di interesse oggi in corso, tali intermediari sono stati sollecitati a rivedere le condizioni in senso favorevole ai clienti. Alcune banche stanno procedendo in tale direzione ». Nel frattempo, Bankitalia invita gli istituti di credito a «valutare con estrema attenzione» le comunicazioni ai propri clienti di aumento dei costi dei conti correnti a causa «dell’alta inflazione» ricordando come ai clienti spetti «il diritto di recedere dal contratto senza spese entro la data di entrata in vigore delle nuove condizioni».

    banche liquidita banche liquidita

     

    Nel frattempo sui conti correnti si stanno riversando i due fattori: i tassi salgono in misura omeopatica mentre le spese aumentano. È ancora Bankitalia a dare il quadro ufficiale, anche se datato: le spese di gestione dei conti correnti nel 2021 sono state pari a 94,7 euro, 3,8 in più rispetto all’anno prima (sesto rincaro consecutivo). Quasi tre quarti degli aumenti (il 73,4%) sono legati alle spese fisse, dove «l’apporto più significativo è attribuibile a quelle per l’emissione e per la gestione delle carte di pagamento». Nemmeno i conti online sono immuni dai rincari, per quanto più economici (la spesa è passata da 21,5 a 24,3 euro).

     

    (…)

     

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    Il che, in una certa misura, rilancia la palla nel campo dei correntisti: da un lato li spinge a guardare anche a forme di investimento, facendo ben attenzione alle offerte (a un primo sguardo, per esempio, la remunerazione offerta sui conti di deposito vincolati non è sempre allettante). Dall’altra a tornare ad una vecchia pratica, caduta in disuso con i tassi a zero: contrattare con la propria banca, confrontare istituti diversi, chiedere condizioni migliori.

     

    Fino a qualche tempo fa, portare i soldi in banca era quasi un costo, per gli istituti di credito; ora il discorso è cambiato e il cliente - anche quello del conto corrente - è tornato ad essere una risorsa. «Due fenomeni sono piuttosto evidenti sintetizza Paolo Benazzi, responsabile conti correnti e deposito di ConfrontaConti.it - da un lato c’è un rinnovato interesse da parte delle banche a cercare nuovi correntisti, come si vede dal dinamismo delle offerte; dall’altro sono in lieve aumento i costi di gestione dei conti, anche sull’online, mentre non si vede ancora l’impatto dei rialzi dei tassi sui rendimenti».

     

     

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    Però, sottolineano gli esperti del settore, in questa nuova fase anche le filiali fisiche tornano ad avere più valore, proprio per il rapporto diretto con la clientela che porta denaro sui conti correnti. È l’occasione giusta per farsi valere, puntando a condizioni migliori.

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