Paola Emilia Cicerone per “la Repubblica - Salute"
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Il contrordine arriva mentre ci stiamo preparando all’estate, rifornendoci di abbronzanti e cappelli per ripararci dal sole. Ma la scienza ci ricorda che il sole fa bene, tanto che ci allunga la vita.
Lo ha confermato uno studio svedese pubblicato sul Journal of Internal Medicine: seguendo per vent’anni quasi trentamila donne, i ricercatori hanno visto che chi si espone abitualmente al sole vive più a lungo. Tanto che, secondo il responsabile dello studio Pelle Lindqvist, «la mancata esposizione al sole potrebbe rappresentare un rischio elevato come il fumo».
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«Il problema è che ne prendiamo troppo poco », ammonisce Adriano Angelucci, ricercatore presso il dipartimento di Scienze cliniche Applicate e Biotecnologiche dell’Università dell’Aquila. Lo confermano decine di studi - tra cui un’ampia metanalisi, pubblicata sul British Medical Journal - che segnalano come buona parte della popolazione sia carente di vitamina D.
«Un nostro studio recente, in collaborazione con Carlo Vicentini e Mauro Bologna dell’ateneo abruzzese - aggiunge Angelucci - mostra che nella regione l’80% della popolazione anziana ha nel sangue livelli insufficienti di vitamina D. Non è un dato isolato, dalla maggior parte degli studi emerge infatti che la carenza riguarda il 70/90% della popolazione, bambini e adolescenti compresi».
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La preoccupazione dei ricercatori deriva dal fatto che l’esposizione al sole è quello che ci permette di sintetizzare vitamina D. «Tecnicamente, le radiazioni UVB, particolarmente intense in estate e nelle ore centrali della giornata, mettono la pelle in condizione di produrre la vitamina D tramite un processo di fotosintesi e partendo da un precursore della vitamina che è presente nella pelle, il 7-deidrocolesterolo” », prosegue il ricercatore. Vitamina che è presente anche in alcuni alimenti - pesce, funghi, uova, e il tradizionale olio di fegato di merluzzo- ma in dosi troppo basse, tanto che per mantenerne livelli sufficienti siamo dipendenti da un’adeguata esposizione solare.
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Nel corso della storia, la nostra specie ha subito diverse volte la carenza di esposizione al sole, pagandone conseguenze di cui ci informano le cronache del tempo. Ad esempio, la piccola era glaciale, verificatasi tra il 1500 e il 1600, ha prodotto in Gran Bretagna un’epidemia di rachitismo.
Oggi il sole c’è e brilla potente. Nessuna era glaciale, insomma, ma la crescente, e motivata, attenzione ai rischi di un’eccessiva esposizione; in particolare quelli di sviluppare un tumore della pelle. Il risultato è che facciamo una vita sempre più ”schermata” da vetri, plastiche, filtri solari. Trascorrendo ben poco tempo all’aperto.
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Ed è un problema, perché la vitamina D è fondamentale per la nostra salute. A partire dal fatto che fissa il calcio nelle ossa, ma non solo. «Studi recenti mostrano che il recettore per la vitamina D non è presente solo nell’intestino e nelle ossa ma anche nella ghiandola mammaria, nella prostata, nei muscoli, nelle cellule che producono insulina», ricorda Angelucci.
Per questo la sostanza aiuta a mantenere la massa muscolare, ha effetti antiinfiammatori e protettivi sull’apparato cardiovascolare, e rafforza il sistema immunitario modulando la risposta alle infezioni batteriche. Alla Johns Hopkins University hanno analizzato i dati di oltre 930.000 pazienti, dimostrando che l’esposizione al sole gioca un ruolo essenziale nei tempi di recupero dopo un intervento chirurgico.
Ma non è solo l’azione sulla vitamina D a fare del sole un toccasana. Altri studi mostrano che le radiazioni solari hanno anche altri effetti - non collegati alla vitamina D - sui ritmi circadiani, sul tono dell’umore e sul metabolismo.
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«Per questo, in generale livelli corretti di vitamina D - maggiori di 30ng/ml o oppure 75 nmol/L di 25(OH)D nel sangue - sono segnali di benessere, di una vita sana che comprende una buona attività fisica. «Ce ne stiamo rendendo conto, ora perché fino a poco tempo fa non si collegava la carenza di vitamina D con altri disturbi se non quelli a carico delle ossa», chiosa il ricercatore.
Come rimediare? Basta esporsi al sole in modo corretto, durante tutto l’anno ma soprattutto in primavera ed estate, con esposizioni brevi e costanti: Bastano dieci minuti. Non ci si deve scottare, anzi se la pelle si colora leggermente vuol dire che si sta procedendo in modo corretto : i raggi UV B sono infatti quelli che garantiscono un’abbronzatura più duratura.
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E ci permettono di fare scorta di vitamina D, la cui fotosintesi segue l’andamento delle stagioni: «È normale - osserva Angelucci - che i livelli siano elevati in estate/ autunno e si riducano in inverno/primavera. È un fenomeno che fa parte della nostra evoluzione, come il fatto che andando verso nord gli abitanti hanno la pelle più chiara, in modo da poter sfruttare il poco sole disponibile: tanto che le persone di pelle scura che si trasferiscono in Nord Europa hanno gravi carenze ».
Senza dimenticare che i popoli che vivono nelle regioni settentrionali sono anche quelli in grado di digerire il lattosio e quindi di consumare latte e latticini con cui arricchiscono la dieta di calcio, riuscendo così ad assumerne buone quantità anche in presenza di livelli di vitamina D stagionalmente molto variabili.
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