1 - «TRATTATO COME UN PEDOFILO IL PAPA MI HA GIÀ CONDANNATO MA ORA CHIEDO UN PROCESSO»
Massimo Franco per “il Corriere della Sera”
Giovanni Angelo Becciu
«Mi sono convinto che sia tutta una bufala. E più ripenso alle accuse che mi sono state rivolte, meno capisco dove ho sbagliato. E, se ho sbagliato, quale sarebbe la gravità dei fatti tale da giustificare il provvedimento preso nei miei confronti dal Santo Padre. Sono stato trattato come il peggiore dei pedofili, messo alla gogna mediatica in tutto il mondo. A questo punto non so neanche se la magistratura vaticana mi convocherà per processarmi: il Papa mi ha già condannato, senza che potessi difendermi. E il marchio di infamia mi rimarrà addosso».
Chi ha avuto modo di incontrare l'ex cardinale Giovanni Angelo Becciu nelle ultime ore lo ha trovato provato, perfino scosso, ma non ancora rassegnato: al punto che avrebbe deciso di mandare una lettera a Francesco, chiedendogli di ripensarci. «Spero ancora che lo faccia. In molti casi ho potuto notare la sua umiltà nel capire un errore», avrebbe anticipato.
LIBERO MILONE PAPA FRANCESCO BERGOGLIO
«Ma se non succederà, non alimenterò guerre: chiederò solo di essere mandato a processo. Non posso vivere sotto la cappa di una condanna preventiva». Difficile capire che cosa significhi per uno degli uomini più potenti, temuti e forse odiati della cerchia bergogliana, precipitare in venti minuti dal dicastero che decide le cause dei Santi allo status di ex cardinale, colpito dall'anatema papale.
Della sua condizione di «prima», racconta chi lo frequenta, rimane solo il grande appartamento nel palazzo dell'ex Sant' Uffizio, coi divani rossi arabescati da disegni dorati, le icone appese alle pareti, i corridoi di marmo e le suorine silenziose: l'unico privilegio lasciatogli dal pontefice dopo il rapido e inappellabile siluramento di tre giorni fa. Ma oggi probabilmente quelle camere gli debbono sembrare non più a un centinaio di metri da Casa Santa Marta, la residenza di Francesco: gli appaiono lontane decine, centinaia di chilometri dalla corte papale e dal potere che monsignor Becciu ha incarnato per anni.
LIBERO MILONE
E adesso, nonostante i messaggi di solidarietà che riceverebbe, almeno secondo chi racconta la sua verità, il futuro per lui è impastato di incertezza e di incubi. L'ex cardinale sa che essere additati dal Papa come è successo a lui, e privati di «diritti e doveri del cardinalato», significa molte altre cose.
A chi ha raccolto le sue confidenze avrebbe detto di temere che scatti «il meccanismo dell'isolamento: quello che ti fa apparire un lebbroso» da tenere a distanza nella piccola e nevrotizzata comunità vaticana. E, benché continui a ripetere di essere «della scuola antica, per la quale il Papa si serve, non si commenta né si critica», fin dalla conferenza stampa organizzata venerdì si è capito che è combattuto: diviso tra l'obbligo di chinare la testa e la tentazione di attaccare; tra l'idea di tacere e l'istinto di chi, colpito in modo inaspettato, si spiega il crollo pensando a un Papa «manipolato».
MONSIGNOR ANGELO BECCIU
«Mi si dica che ho sbagliato, che non dovevo favorire mio fratello e la cooperativa. Ma da qui ad attribuirmi un reato e trattarmi in quel modo!», ripete agli ecclesiastici che lo chiamano, stupiti e disorientati quanto e più di lui. «In fondo ho distribuito dei soldi alla Caritas, perché come Sostituto alla segreteria di Stato avevo poteri discrezionali per farlo. E il fatto di averli dati a una cooperativa diretta da mio fratello sarà pure stato un errore, ma è servito a favorire un progetto della Diocesi, a dare lavoro a sessanta famiglie sarde».
Da quello che ha confidato alle poche persone in contatto con lui ieri, il blitz papale sarebbe stato deciso senza avvisare neanche il segretario di Stato vaticano, il cardinale Piero Parolin, che lo avrebbe saputo dalla televisione. E dunque, il suo rovello continua a essere chi, al di là delle carte della magistratura italiana, abbia architettato quello che per la sua mentalità e conoscenza delle cose vaticane odora di resa dei conti.
GEORGE PELL
Le congratulazioni al Papa arrivate subito dal cardinale George Pell, ex prefetto dell'Economia e avversario di Becciu, hanno riaperto vecchie ferite. Eppure, viene da chiedersi se il trattamento subito ora dal potente ex «ministro dell'Interno» di Francesco non riporti anche a quelli subiti in passato, per mano sua, da altri personaggi. Si pensi allo scontro con Pell, chiamato da Francesco a ripulire le finanze vaticane e finito nel tritacarne di un processo per pedofilia in Australia.
Quel processo si è concluso con l'assoluzione piena e dubbi inquietanti su un possibile «zampino» dei suoi nemici in Vaticano per inguaiarlo. Oppure al braccio operativo di Pell, il supervisore Libero Milone, costretto a dimettersi per evitare l'arresto, sempre nel 2017. Quando una persona gliel'ha chiesto, Becciu si sarebbe difeso precisando di essere stato sempre e solo «un esecutore della volontà papale».
LA LETTERA DI ENRICO CRASSO A ANGELO BECCIU
Su Milone, sarebbe stato Francesco a dirgli di chiamarlo e farlo dimettere, ritenendo che avesse esagerato nell'esercizio delle sue funzioni di controllo. Quanto a Pell, Becciu ricorda sempre, a sentire i suoi confidenti, che quando andò in Australia gli scrisse un biglietto per dirgli che «nonostante le nostre contrapposizioni professionali», era dispiaciuto e pregava perché fosse riconosciuta la sua innocenza. Ora, ad essere nella condizioni del sospettato è lui.
Anzi, di quello «già condannato; e proprio dal Papa, dal quale fino alle 18.02 del 24 settembre ero considerato un collaboratore fedele, venti minuti dopo un delinquente», ripeterebbe, incredulo e scosso, nonostante sia famoso per l'autocontrollo. «Mi chiedo quale sia il vero motivo di tutto questo», si tormenta senza darsi una risposta. Da giorni avrebbe cominciato a esprimere dubbi crescenti anche sul modo in cui si muove la giustizia vaticana.
GEORGE PELL PAPA FRANCESCO BERGOGLIO
Da quanto avrebbe appurato, non si sa nemmeno più se sarà mai possibile un processo contro i mediatori d'affari sospettati per lo scandalo del palazzo londinese di Sloane Avenue: una brutta storia che di nuovo rimanda all'utilizzo anche dell'Obolo di San Pietro. Le indagini sarebbero a un punto morto. Per il resto, spera ancora, disperatamente, in Francesco. «Altrimenti», si sarebbe sfogato, «mi troverò una parrocchietta. In fondo, sono ancora almeno un sacerdote».
2 - BECCIU, C'È UN ALTRO BONIFICO FONDI ALLA CARITAS DI OZIERI
Val. Err. per “il Messaggero”
angelo becciu papa francesco
«In sette-otto anni non avevo mai fatto un'opera di sostegno per la Sardegna», in conferenza stampa, Angelo Becciu ha ammesso solo una donazione di 100mila euro alla Caritas di Ozieri, in provincia di Sassari, la sua diocesi, per «un'emergenza soprattutto per la disoccupazione». E invece oltre ad altri 600mila euro a fondo perduto, finiti alla coop del fratello, che Papa Francesco avrebbe contestato all'oramai ex cardinale, ci sarebbe anche un'altra donazione destinata alla Caritas di Ozieri, partita dall'Obolo di San Pietro, i soldi per i poveri del Papa gestiti dalla Segreteria di Stato Vaticana.
Una cifra più esigua: questa volta si tratta di 25mila euro. I sospetti di Francesco, che ha preteso le dimissioni del cardinale dalla Congregazione delle Cause di Santi, è che tutto quel denaro sia finito alla cooperativa sociale Spes di cui il fratello di Becciu, Antonino, è presidente. Ma il nodo in tutta questa faccenda riguarderebbe invece la fallimentare operazione immobiliare da 200 milioni di euro, che ha portato i fondi vaticani nei paradisi fiscali. In mezzo i vantaggi per gli altri due fratelli Becciu, sempre attraverso canali ecclesiastici, almeno in base a un'inchiesta de L'Espresso, che non sarebbero però le ragioni di un'azione così dura da parte del Papa.
GEORGE PELL
Allo stato Becciu non è indagato, né per le donazioni che avrebbero visto beneficiati i fratelli, né per l'affare più corposo, quello dell'acquisto del palazzo di Londra che lo ha più volte sfiorato ma mai chiamato in causa in prima persona. Una complessa operazione finanziaria che attraverso una serie di scatole cinesi e una galassia di società ha portato in paradisi fiscali i soldi del Vaticano. Con un'enorme perdita economica per la Santa sede.
L'ALTRO BONIFICO
Dall'Apsa, l'Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, ossia la cassaforte vaticana, che tra l'altro non è sottoposta ai controlli previsti per lo Ior risulta che nel 2015, quando Becciu era Sostituto agli Affari generali della Segreteria di Stato e l'Obolo era nella sua diretta disponibilità, dal fondo per i poveri è partito un altro bonifico a favore della Caritas di Ozieri, questa volta da 25mila euro.
angelo becciu papa francesco 1
Nel documento contabile figura l'accredito dei 25mila euro in data 3 marzo 2015, come destinatario viene indicata la Caritas della Diocesi di Ozieri, mentre nella descrizione del conto viene indicata la causale Fondo Obolo offerte a destinazione particolare. Soldi che si aggiungono ai finanziamenti a fondo perduto che sarebbero stati erogati in favore della cooperativa Spes, chiesti e ottenuti dal cardinale tre volte.
La prima nel settembre 2013, 300mila euro per ampliare l'attivita e ammodernare il forno. La seconda, nel gennaio del 2015, facendo entrare nelle casse della cooperativa altri 300mila euro dopo un incendio. Soldi che sarebbero arrivati dall'8 per mille. Infine i 100mila euro dell'aprile 2018, per gli adeguamenti delle strutture per l'accoglienza dei migranti. Quando i fondi sarebbero stati prelevati dall'Obolo di San Pietro, all'epoca sotto il diretto controllo di Becciu.
stabile di sloane avenue londra
L'OMBRA DEL PALAZZO
Per quanto nel drammatico colloquio con il Papa di giovedì scorso, non se ne sia affatto parlato, sullo sfondo della tempesta che ha travolto Angelo Becciu, c'è l'affare del palazzo. Quell'immobile di lusso di Sloane Avenue 60 a Londra, acquistato nel 2013, 200 milioni di dollari, provenienti da un fondo strutturale interno all'Ufficio amministrativo della Sezione Affari Generali, di cui Becciu era all'epoca sostituto. Una banca parallela non controllata alla quale erano destinati anche fondi provenienti dall'Obolo di San Pietro utilizzati per investimenti in Paesi offshore e compravendite immobiliari, come quella londinese. Quella vicenda è al centro dell'inchiesta madre per «peculato, truffa, abuso d'ufficio, riciclaggio» avviata dalla magistratura vaticana a carico di ecclesiastici e laici.