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    CAVOLETTI DI BRUXELLES PER GIORGIA MELONI – NEGLI EURO-PALAZZI SONO SCETTICI SULLE CIFRE DEL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA: IL DEFICIT RIMANE AL 4,5% PER IL 2023 E TUTTE LE STIME SONO ANCORATE AL PNRR. MA NON È DETTO NÉ CHE I FONDI DEL PIANO VENGANO SPESI, NÉ CHE VENGANO EFFETTIVAMENTE EROGATI – POI C’È LA QUESTIONE DEL PATTO DI STABILITÀ, CHE DA GENNAIO TORNA IN VIGORE: ANCHE SE SARÀ MODIFICATO, IL PARAMETRO DEL DEFICIT AL 3% RIMARRÀ. E I “FRUGALI” GIÀ AFFILANO LE ARMI…


     
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    Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”

     

    GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI

    Qualche sospetto e tanti dubbi. Poca ambizione per il 2023 e molti rischi nel 2024. Le cifre del prossimo Def italiano non convincono Bruxelles. Certo, si tratta ancora di dati ufficiosi e quindi anche le reazioni sono ufficiose. Ma i numeri comunicati informalmente hanno convinto poco. E sebbene il ministro dell’Economia li abbia definiti «prudenti», lo stesso criterio di valutazione non viene utilizzato a Palazzo Berlaymont. E il primo punto di incomprensione riguarda le previsioni per il 2023.

     

    viktor orban giorgia meloni ursula von der leyen viktor orban giorgia meloni ursula von der leyen

    Risulta poco chiara l’idea che dinanzi ad una crescita migliorata fino al più 0,9 per cento (la speranza dell’esecutivo italiano è addirittura di sfondare l’1 per cento), si scelga di mantenere il deficit sulla stessa soglia: 4,5 per cento. Una linea inspiegabile per i “tecnici” brussellesi perchè dinanzi ad un pil in crescita dovrebbe ridursi anche il deficit.

     

    E invece l’opzione italiana è quella di impiegare e spendere le ulteriori risorse. Non solo. Il nodo si stringe intorno al modo con cui si spendono questi soldi aggiuntivi. Ancora spesa corrente e pochi investimenti. Una procedura che la Commissione stigmatizza sistematicamente.

     

    giorgia meloni con paolo gentiloni giorgia meloni con paolo gentiloni

    Ma c’è un aspetto ancora più preoccupante in questi calcoli. Si chiama “Pnrr”. Tutte le stime inserite nel Def e quindi nelle prossime mosse di finanza pubblica sono incollate intorno al Piano Nazionale di Riforme e Resilienza. La premessa implicita: che tutti fondi via via consegnati all’Italia dall’Unione europea vengano spesi. Ma soprattutto che vengano effettivamente erogati. L’ultima tranche, ad esempio, non è stata ancora consegnata. Il bonifico dovrebbe partire a fine mese. Ma si tratta, appunto, di un “dovrebbe” e non di una certezza.

     

    […] Poi c’è il prossimo anno, il 2024. E i dubbi del 2023 diventano sospetti. Anche in questo in caso le stime della Nadef approvate a novembre scorso sono lasciate inalterate nel prossimo Documento di Economia e Finanza. Il rapporto deficit/pil al 3,7 per cento, sebbene in miglioramento rispetto all’anno in corso, presenta un problema non da poco.

     

    giorgia meloni olaf scholz giorgia meloni olaf scholz

    A partire dal primo gennaio, infatti, tornerà in vigore il Patto di Stabilità. È vero che in questi mesi sarà corretto e modificato. Ma non di certo nella parte riguardante il parametro del deficit che rimarrà al 3 per cento. Significa sostanzialmente che l’Italia dichiara già con largo anticipo di non voler rispettare quel tetto. E considerando la pesantezza del nostro debito pubblico, il combinato disposto delle due “violazioni” esporrebbe nuovamente il Paese ad una severa critica dell’Ue. L’Italia verrebbe, dunque, messa di nuovo sotto osservazione.

     

    I […] “frugali” del Nord Europa […] vedono in questa mossa il tentativo del governo Meloni di condizionare la discussione proprio sulla revisione del Patto di Stabilità. Berlino e i “falchi” settentrionali [...] vogliono più certezze nelle procedure di rientro. Le stime programmatiche italiane, allora, vengono lette come una provocazione da piazzare sul tavolo della trattativa delle prossime settimane.

    URSULA VON DER LEYEN E GIORGIA MELONI URSULA VON DER LEYEN E GIORGIA MELONI

     

    […] Una preoccupazione che può diventare una forma di ricatto che l’Ue non vuole subire. Anche perchè evidentemente lo stesso collegamento verrebbe effettuato in sede di esame degli obiettivi del Pnrr: bocciare una o più tranche di fondi equivarrebbe all’esplosione del deficit. Una situazione che a Bruxelles considerano inaccettabile. Senza contare che l’Italia ha anche un altro punto debole: la mancata ratifica del Mes. […]

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