Estratto dell’articolo di Mirella Armiero per www.corriere.it
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«Il mio prossimo film racconterà la storia di un bambino condiviso, inizieremo a girare a maggio». Antonio Capuano, geniale eccentrico padre della nouvelle vague napoletana nata negli anni ‘90, da sempre ha un occhio attento al mondo adolescenziale […]
Capuano, chi sarà la madre nel nuovo film?
«Teresa Saponangelo».
La sua attrice feticcio... che Paolo Sorrentino ha voluto con sé, nel suo «È stata la mano di Dio».
«Teresa la conosco da giovanissima. La scelsi tra tante per “Pianese Nunzio 14 anni a maggio”».
antonio capuano paolo sorrentino foto di bacco
Il suo film che andò a Venezia nel ‘96: un soggetto difficile, si parlava di pedofilia da un punto di vista non scontato. Come mai scelse la Saponangelo?
«Mi serviva una ragazza che si offrisse al prete... lui era bello, lo interpretava Fabrizio Bentivoglio. Nella scena la ragazza si doveva togliere la camicetta e dire: “padre, ve lo posso dare io il paradiso?”... così durante i provini le ragazze si scoprivano il seno.
Teresa era bellissima ma ovviamente non la scelsi per quello, era anche bravissima. Solo che quando poi andammo a girare la scena lei mi chiese: “Antonio ma mi devo proprio togliere la camicia? Non sarebbe meglio accennare solo il gesto?”. Mi convinse e ne venne fuori una bellissima scena».
I suoi film sono tutti visibili attualmente, tra piattaforme varie?
«Credo di sì, ma a maggio ci sarà a Napoli una rassegna completa della mia filmografia tra Filangieri, Modernissimo e altre sale». […]
PAOLO SORRENTINO E ANTONIO CAPUANO
Dunque torna a girare a Napoli. Altri progetti?
«Mi piacerebbe fare una serie su Totò bambino, sui suoi anni alla Sanità, l’ho già scritta, è pronta, ma non ho trovato un produttore. Una volta uno mi ha convocato nel suo studio a Roma. Mi ha ricevuto dopo una lunga attesa e mentre parlavamo guardava continuamente lo schermo del suo computer. Forse si informava sui risultati economici del mio ultimo film... certo, non sono un regista di cassetta. Non se n’è fatto più nulla».
antonio capuano david di donatello 1
Eppure le fiction napoletane vanno moltissimo... Ha visto «Mare fuori»? A Nisida lei ha girato «Vito e gli altri» nel ‘91, c’erano già le storie dei giovani detenuti. Poi ci è tornato con «L’amore buio».
«’Mare fuori’ l’ho vista. È bella in un certo senso, i ragazzi soprattutto sono belli, bellissimi, forse anche troppo. C’è più di un inchino alla moda... avete mai visto i guaglioni carcerati?
Mica stanno vestiti e pettinati così! Detto ciò, mi piace com’è scritta, anche il napoletano che parlano gli attori è credibile. Però la direzione verso cui si va è quella dell’esteriorità, della superficie».
E «L’amica geniale»?
antonio capuano
«No, quella proprio no. È una Napoli irriconoscibile, tutto appare finto e mediocre».
[…]
Lei resta un uomo di mare, così come descritto da Sorrentino nel suo ultimo film?
«Ho fatto il bagno anche pochi giorni fa. Acqua gelata. Sono nato vicino Marechiaro, alla discesa di Riva Fiorita. Ho sempre lavorato a mare, dai 12-13 anni ho fatto il barcaiolo, il marinaio, il bagnino. Aiutavo l’ostricaro, raccoglievo frutti di mare e alghe. […] Ma prima ho lavorato in Rai».
Come ci entrò?
«Scrissi una lettera infuriata al Centro di Produzione di Napoli. Il dirigente era un Dc, ma mi contattò e volle vedere che cosa sapevo fare come scenografo».
E l’amicizia con Sorrentino quando nasce?
«Avevo letto una sua sceneggiatura e lo chiamai giovanissimo per scrivere con me “Polvere di Napoli”. Faceva una grande tenerezza, mi chiedeva se poteva venire sul set... e io gli rispondevo: Paolo, ma il film è pure tuo! Allora lui insisteva: ma posso stare vicino al monitor? Io quasi mi arrabbiavo. Però lui guardava tutto, imparava... così si fa nel nostro mestiere, si ruba». […]
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Nel suo film, Sorrentino la descrive come iracondo. È davvero così? Capuano:
«Ma no. Però è pur vero che spesso litigo con i fotografi di scena… E vado via dalle rappresentazioni teatrali ma senza dire parolacce, come invece si vede nel film. Anche di recente sono andato via: il teatro è una cosa viva, non si può pensare che gli spettatori siano morti».
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