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    CERTI AMORI NON FINISCONO: L’ETERNA ATTRAZIONE TRA SALVINI E CONTE - ORA CHE LA MELONI SI E’ SCELTA SCHLEIN COME AVVERSARIA PER LE EUROPEE, I DUE EX ALLEATI NEL GOVERNO GIALLOVERDE FANNO ASSE SULL'UCRAINA (CON TANTO DI BIGLIETTO DI AUGURI PER LA SUA RIELEZIONE A TRUMP) - IN VISTA DELLE EUROPEE LE AFFINITÀ ELETTIVE TRA IL CAPITONE E PEPPINIELLO USCIRANNO ANCORA ALLO SCOPERTO, COME PROFETIZZA IL MANOVRIERO DEM FRANCESCHINI: “FINO A GIUGNO ANDRÀ COSÌ”


     
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    Francesco Verderami per corriere.it - Estratti

     

    matteo salvini giuseppe conte matteo salvini giuseppe conte

    Devono uscire da un cono d’ombra mediatico insopportabile e che rischia di oscurarli per l’intera campagna elettorale. Perciò, nel giorno in cui alla Camera l’attenzione era tutta concentrata su Meloni e Schlein, Salvini e Conte hanno preso la ribalta del Senato con i loro capigruppo. Perché è vero che la storia tra il segretario della Lega e il leader dei Cinquestelle finì male ai tempi del governo giallo-verde, ma certe alleanze non finiscono mai. Lo si è visto quando lottarono insieme per impedire a Draghi di arrivare a Palazzo Chigi, sebbene fossero uno in maggioranza e l’altro all’opposizione.

     

    (...)

    Ora però che «Giorgia» si è scelta «Elly» come avversaria per le Europee, i due che hanno fatto epoca varando insieme il Reddito di cittadinanza e i decreti sicurezza, temono il ruolo di comparse nei servizi dei tiggì. Così al Senato — in concomitanza con il question time della Camera — hanno tentato di riconquistare un po’ della centralità perduta. E non su un tema secondario: sull'Ucraina.

    giuseppe conte matteo salvini giuseppe conte matteo salvini

     

    I capigruppo Romeo e Patuanelli, in rappresentanza di Lega e M5S, hanno organizzato il piano: il primo ha presentato un ordine del giorno sull’invasione russa, e in vista del voto il secondo ha annunciato che avrebbe sottoscritto quel testo, mettendo in subbuglio maggioranza e opposizione. Il governo si è subito mosso per far modificare il documento al Carroccio, mentre nel Pd — colto di sorpresa — il presidente dei senatori Boccia ha avvicinato Romeo e gli ha detto tra il rassegnato e il divertito: «Massimiliano, hai il rotto il (bip)».

     

    Sia chiaro, l’ordine del giorno non chiedeva al governo di cessare la fornitura di armi a Kiev, bensì di farsi carico di una «tempestiva iniziativa diplomatica» per fermare la guerra. Ma era la premessa del testo ad essere politicamente esplosiva, perché conteneva riferimenti alle «difficoltà militari» degli ucraini, all’abilità dei russi di «fortificare la partnership con Cina, Iran e Corea del Nord», ed evocava la vittoria di Trump negli Usa, dove «dopo le presidenziali si può immaginare una postura isolazionistica». Più tardi Romeo avrebbe accolto la richiesta del governo di togliere quei passaggi dall’odg, facendo sospirare Patuanelli: «Peccato, è mancato solo un po’ di coraggio».

    salvini conte salvini conte

     

    In ogni caso la missione grillino-leghista ha raggiunto l’obiettivo. Anzi, gli obiettivi. Il primo era creare una narrazione alternativa a quella di Meloni e Schlein. Lo si è notato plasticamente nel dibattito in Aula: allo scambio di riferimenti tra FdI e Pd, ha corrisposto un’interlocuzione tra Lega e M5S. Il secondo target era rivolgersi a quel pezzo di opinione pubblica che è sempre più refrattario alla guerra per le ripercussioni economiche che sta producendo.

     

    Il terzo obiettivo non era parlare a Putin ma mandare un messaggio dall’altra parte dell’Atlantico a Trump. Una sorta di biglietto di auguri per la sua rielezione, del tipo: torna ‘sta casa (Bianca) aspetta a te. Con indiretto segnale a Meloni, secondo il renziano Borghi: «Perché è come se avessero detto alla premier che, quando lo zio Donald sarà tornato, lei dovrà mettersi in coda per aver baciato la pantofola a Biden».

     

    D’altronde Trump per Salvini e Conte è un tuffo nel passato, quello dei loro anni ruggenti. Quando il segretario della Lega mostrava compiaciuto la photo-opportunity con il leader dei Repubblicani. E quando «Giuseppi», da presidente del Consiglio, forzava le regole dei servizi segreti per fare un favore al presidente americano su una torbida storia di spionaggio. Promettendogli inoltre che avrebbe aumentato i fondi della Difesa fino al 2% del Pil.

     

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    Insomma ieri è prepotentemente riaffiorata tra Lega e Cinquestelle quella affinità ideologica che i due partiti non vogliono reprimere. Tanto che anche in questa legislatura hanno giocato d’intesa sul Mes, per impedire qualsiasi manovra a Meloni. Salvini e Conte. Conte e Salvini. In via ufficiale si fanno notare poco o niente insieme, come si conviene per certe liaisons dangereuses. Ma in vista delle Europee usciranno ancora allo scoperto, «e fino a giugno andrà così», avvisa un cultore di manovre politiche come Franceschini. La campagna elettorale sarà lui e lui contro le altre.

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