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(ANSA) - "Matteo Messina Denaro ha vissuto a lungo nel territorio del Trapanese, il suo territorio, sicuro di non essere scoperto. Indagando dopo il suo arresto abbiamo scoperto che era stato addirittura fermato a un posto di blocco, sette anni fa, in provincia di Trapani.
Ma non fu riconosciuto dai carabinieri che controllarono il suo documento. Tutto sembrava in regola". Lo ha rivelato il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, il magistrato che ha coordinato le indagini che hanno portato all'arresto del capomafia avvenuto il 16 gennaio del 2023
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La rivelazione del procuratore è arrivata nel corso di un incontro con i ragazzi delle scuole di Casal di Principe, in provincia di Caserta, andati ad ascoltarlo nella villa confiscata dove ha sede Casa don Peppe Diana, il luogo dedicato al sacerdote ucciso dalla camorra il 19 marzo del 1994.
"Messina Denaro confidava sul fatto che le forze dell'ordine avevano sue foto vecchie di anni - ha raccontato il procuratore di Palermo - ma c'era anche chi lo avvisava dei movimenti degli investigatori. Ci dobbiamo interrogare su come sia stato possibile che abbia trascorso trent'anni in latitanza. Oggi, l'impegno della procura di Palermo è quello di individuare chi ha favorito Messina Denaro".
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"La malattia non aveva cambiato le abitudini del latitante", ha anche spiegato rispondendo alle domande dei ragazzi che hanno letto il libro 'La Cattura - i misteri di Matteo Messina Denaro e la mafia che cambia' scritto dal procuratore de Lucia con l'inviato di Repubblica Salvo Palazzolo.
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