Gianluca Veneziani per “Libero quotidiano”
eva longoria
Cosa hanno in comune Eva Longoria, Nicole Kidman, Reese Witherspoon, Drew Barrymore e Julia Roberts, oltre al fatto di non essere poverissime, bruttine stagionate e poco famose? Forse il fatto di aver tratto i maggiori vantaggi dall'ondata del Me Too, di aver accresciuto il proprio business grazie a dichiarazioni mirate a suo sostegno, e di essere passate dalla mera professione di attrici - non che così facessero la fame - a quello di produttrici e, in alcuni casi, di registe. È come se il grande movimento femminista, sorto all' indomani dello scandalo Weinstein, avesse posto l' esigenza di avere donne non solo nei ruoli di protagoniste ma anche nei posti di comando, di renderle padrone del proprio destino e dei propri film.
nicole kidman
Capofila di questa nuova tendenza rosa pare Eva Longoria che dall' 8 luglio, nella triplice veste di produttrice, regista e attrice, va in onda su FoxLife con la serie Grand Hotel, in cui lei interpreta la parte della moglie defunta del protagonista e, in quanto tale, dice, «mi vedrete solo nei flashback perché sarò già morta». Ma, a guardare questa produzione, la già "casalinga disperata" Longoria è tutt' altro che una figura assente.
POLITICAMENTE CORRETTE
In primo luogo ha improntato il format originale (Grand Hotel era prodotto in Spagna per Antena 3) a sua immagine e somiglianza, con un messaggio politicamente corretto, finalizzato a combattere le discriminazioni di ogni genere.
reese witherspoon elle awards
Lo scopo è «liberare il potenziale delle donne latine», come recita il motto della Eva Longoria Foundation, e in quest' ottica l'attrice ha fatto una scelta di discriminazione al contrario, coinvolgendo nella produzione praticamente solo donne, dal direttore della fotografia all' assistente alla regia fino al coordinatore degli stunt e ai montatori. Sempre sulla stessa scia, la Longoria sarà prestò dietro la macchina da presa nella commedia 24-7, in cui interpreterà la parte di una donna che, guarda caso, prova a farsi largo in un' azienda maschilista.
Cercare di screditare la figura maschile pare anche la missione di Big Little Lies, la serie tv prodotta per Hbo da Nicole Kidman e Reese Witherspoon che qui svolgono anche il ruolo di protagoniste. Basta guardarsi la trama delle puntate della prima e della seconda stagione per capire come si tratti di una serie in cui il maschio assume una posizione residuale, accessoria o addirittura negativa. O è superfluo o è violento, c' è poco da fare.
drew barrymore
E allora Madeleine soffre perché l' ex marito si è trovato una nuova compagna e la fa vivere con la propria figlia; Jane è una ragazza madre che ha subito uno stupro; Celeste è continuamente vessata dagli abusi del marito. Ovviamente in questa serie non poteva non comparire Meryl Streep, la campionessa del Me Too, la pasionaria del neofemminismo a Hollywood, che ha preso parte anche a Time' s Up, l' organizzazione avente come scopo la parità e la giustizia per le donne nel mondo del lavoro.
ZOMBIE AFFAMATI
Laddove non sono mostri, in queste serie, gli uomini diventano vittime del superpotere femminile, come capita allo sventurato marito della protagonista di Santa Clarita Diet, distribuito da Netflix: qui la donna interpretata da Drew Barrymore, che della serie è anche produttrice, svolge il ruolo di uno zombie che si ciba di carne umana.
julia roberts
Eccolo là, il riscatto dell' ex genere debole: finalmente le donne possono diventare mangiatrici di uomini, api regine o mantidi religiose... O perlomeno possono guidarli nel cammino di recupero della normalità dopo che essi hanno intrapreso quell' attività machista che è andare a far la guerra: così spetta a una psicologa interpretata da Julia Roberts nella serie Homecoming, da lei prodotta e distribuita da Amazon Video, aiutare i veterani di guerra, vittime di stress post-traumatico, a reinserirsi nel mondo civile.
Una nuova frontiera ormai si è aperta, le serie tv intrise di femminismo, il Me Too in onda sul piccolo schermo, da cui rischia di generarsi un effetto a cascata. D' ora in poi le paladine delle quote rosa nello spettacolo saranno sempre più esigenti. Chiederanno di essere giustificate se attrici scarse o incapaci usando il genere sessuale a mo' di scusante perché, come dice la Longoria, «a noi donne non è concessa una seconda possibilità: se sbagli un film, può essere fatale. Per i colleghi maschi non è così».
julia roberts 3
Quindi chiederanno di essere giudicate sulla stampa specializzata solo da giornaliste in quanto, continua la Longoria, «sui giornali servirebbero un maggiore equilibrio e più firme al femminile che possono apprezzare una storia pensata appositamente per la nostra sensibilità». Da ultimo, si pentiranno dei film fatti in passato o chiederanno di non farne mai più simili perché, come spiega Julia Roberts, «tante cose sono cambiate e oggi non sarebbe più possibile girare un film come Pretty Woman». E dire che senza quel film forse la giovane attricetta rossiccia e semi-sconosciuta non sarebbe mai diventata Julia Roberts...