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    CHE DIFFERENZA C’È TRA IL “TRONO DI SPADE” E “HOUSE OF THE DRAGON”? – TUTTO QUELLO CHE C’È DA SAPERE SUL PREQUEL CHE TERRÀ INCOLLATI ALLA TV I FAN DELLA DINASTIA TARGARYEN: SE NEL TRONO C’ERA UNA NARRAZIONE CHE SI SNODAVA TRA LUOGHI E STORIE DIVERSE, QUI SI TRATTA DI UN DRAMMA FAMILIARE, INTIMO,  CLAUSTROFOBICO E MOLTO SHAKESPERIANO -  IMMANCABILE IL TEMA DEL PATRIARCATO: PER ANNI LA SERIE TV È STATA CRITICATA PER LA VIOLENZA SESSUALE A CUI HA SOTTOPOSTO LE SUE DONNE. IN QUESTO CAPITOLO SI È OPTATO PER… - VIDEO


     
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    Simona Siri per www.lastampa.it

     

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    Luglio 2016: Hbo annunciava l’ottava e ultima stagione di Trono di Spade, andata poi in onda nel 2019. Agosto 2022: il 22 arriva in Italia su Sky e in streaming solo su NOW (in contemporanea con gli Usa) House of the Dragon. In mezzo il dilemma di come proporre un prodotto nuovo e inedito che allo stesso tempo sia in grado di riportare i fan al mondo che già conoscono e amano.

     

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    Avendo all’inizio selezionato 15 idee di prequel poi ridotte a 5 dall’immenso materiale che sono i libri di George R. R. Martin, all’inizio sembrava che l’eredità dovesse ricadere sulle spalle di Bloodmoon, ambientato durante la leggendaria Età degli Eroi e l’apocalisse invernale nota come La Lunga Notte. Archiviato l’episodio pilota con protagonista Naomi Watts (nessuno lo ha visto, giace chiuso a chiave nelle segrete di Hbo) Bloodmoon è stato abbandonato in favore di House of the Dragon, affidato agli showrunner Miguel Sapochnik e Ryan Condal, molto vicini a Martin, che ha approvato il tutto.

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    Qui vengono raccontati fatti che avvengono 170 anni prima degli eventi del Trono in un’epoca in cui a dominare è la famiglia Targaryen a capo di un regno prospero e felice. I problemi arrivano quando si pone il problema della successione di Re Viserys: non avendo figli maschi, la scelta è tra il fratello Daemon (Matt Smith) e la figlia femmina Rhaenyra (Emma D’Arcy), la più qualificata, quella con tutte le qualità giuste – sveglia, erudita, di buone maniere, bravissima a cavalcare i draghi – tranne una: non è un maschio.

     

    «Viserys è un uomo buono, ma non un buon sovrano», racconta Paddy Considine, il primo attore del cast a essere scelto, che lo interpreta. «Sono fan di Trono di Spade, ed è la mia prima volta con una produzione così gigantesca. C’è fuoco, sangue, morte, ma non è una reinvenzione. È un mondo leggermente diverso, ma non del tutto sconosciuto». Del suo ruolo dice: «Vuole piacere a tutti, vuole fare la cosa giusta. Non è mosso dalla sete di potere, ma dal peso della responsabilità e dal segreto che si porta dietro e che sarà fondamentale per il risvolto della storia. Siccome vuole essere un sovrano che mantiene la pace, viene percepito come un debole, ma non lo è. È consapevole della forza dei Targaryen e della loro posizione nel mondo, della potenza dei loro draghi. Vuole evitare la guerra e per questo passa da fragile».

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    Nello spiegare le differenze tra questo prequel e la serie originale Sapochnik e Ryan Condal parlano di due caratteristiche. Primo, mentre in Trono c’era una narrazione che si snodava tra luoghi e storie diverse, qui si tratta fondamentalmente di un dramma familiare, intimo, claustrofobico e molto Shakesperiano. Secondo, il ruolo del patriarcato. Pur avendo dato vita ad alcuni dei migliori personaggi femminili della cultura pop – Arya, Brienne, Cersei, Daenerys, Sansa – Trono è stato spesso criticato per la violenza sessuale a cui ha sottoposto le sue donne e per l’evidente misoginia intrinseca al mondo di Martin. Consapevoli di tali critiche, qui il materiale è trattato in modo evidentemente diverso. «Non l’abbiamo deciso a tavolino, ma è come se il tema si fosse imposto da solo: il patriarcato preferirebbe distruggersi piuttosto che vedere una donna sul trono».

     

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    Se infatti bisogna indicare una protagonista, questa è Rhaenyra: in un mondo giusto e meritocratico, il trono spetterebbe a lei. Emma D’Arcy (che si identifica come persona non binaria e usa i pronomi they/them) spiega così il personaggio: «É una che spinge i limiti della femminilità. È ossessionata dalla mascolinità perché per lei equivale a libertà, ed è infastidita dal modo in cui è vista, come una creatura fragile e passiva, alla mercé degli sguardi della gente, quando invece è una che ha una conoscenza incredibile del mondo dei draghi e dei loro cavalieri».

     

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    I draghi sono l’altro elemento di novità: siccome gli eventi avvengono in un’epoca in cui non sono ancora estinti, a loro spetta il ruolo di coprotagonisti. «Ce ne sono 17 e sono stati compiuti notevoli sforzi per conferire a ciascuno un aspetto e una personalità unici. Alcuni hanno persino la barba». C’è anche un’infrastruttura costruita attorno a loro. C’è una fossa dei draghi, selle e i guardiani dei draghi, un ordine monastico che si prende cura di loro.

     

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    «Le serie televisive sono un prodotto del loro tempo e ora c’è molta più consapevolezza su ciò che stiamo rappresentando e perché», proseguono Sapochnik e Condal, anticipando una delle critiche – la svolta «woke», qualcuno ha scritto – che già circola in rete: rispetto a Trono, in Dragon c’è molto meno sesso. Non la pensa così Matt Smith (spoiler: nel primo episodio si vede un suo nudo integrale) per il quale il sesso è addirittura troppo e non la pensano così i due creatori, che invece parlano di una maggiore sensibilità, soprattutto per quanto riguarda la violenza sessuale: «È un aspetto su cui faremo luce perché la violenza perpetrata dagli uomini sulle donne in quel periodo non va ignorata né minimizzata, ma neanche glorificata».

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