Estratto dell’articolo di Matteo Macor per “la Repubblica”
nuova diga al porto di genova - cantieri
Difficile pensare a qualcosa di più ingombrante di un cassone di cemento prefabbricato di 40 metri per 25 e 22 di altezza, il primo mattone della futura diga foranea che venerdì prossimo le navi di cantiere adageranno sul fondale marino al largo del porto di Genova. Eppure, almeno fino a due settimane fa, il primo, vero passo avanti dell’opera simbolo del Pnrr era atteso sulla scena politica con la leggerezza dello spot da cartolina che avrebbe potuto, dovuto essere con vista sulle Europee.
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Per il governo Meloni e il Mit a guida leghista, per il centrodestra ligure guidato da Giovanni Toti e una classe politica (locale, ma non solo) che già ha fatto copyright elettorale del "Modello Genova" della ricostruzione del ponte Morandi.
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Quella di un maxi progetto da un miliardo e 300 mila euro, già appesantito dai dubbi dei tecnici e sulla gestione dell’appalto, sul quale le novità delle ultime ore hanno portato anche la certezza dei ritardi, accuse di opportunità politica e gli intrecci con l’inchiesta che ha travolto la Liguria.
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Se la cerimonia è stata comunque confermata nonostante un evidente ridimensionamento (sala secondaria, nessun evento collaterale, tra i ministri il solo Salvini, ancora in forse Zangrillo e Musumeci), gli scossoni seguiti alla Tangentopoli ligure in questi giorni hanno riportato a galla i tanti nodi del progetto, e ne hanno aggiunti di nuovi.
Già note le perplessità dell’Anac sull’appalto e le inchieste di due procure, quella genovese e quella europea, in quota centrodestra si puntava a utilizzarlo per provare a rovesciare l’inquadratura del momento, spostarla dallo scandalo giudiziario all’immagine vincente del «cantiere che non si ferma mai». L’invio degli ispettori del governo nell’Authority guidata fino a un anno fa da Paolo Emilio Signorini, e oggi da Paolo Piacenza (altro indagato), annunciato dal viceministro Edoardo Rixi e atteso a fine mese, doveva servire anche a questo.
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Difficile, però, farlo alla luce degli ultimi intoppi del caso. Uno di natura tecnica, rivelato dai due ordini di servizio inviati dall’Autorità portuale al consorzio a capofila WeBuild che realizza l’opera, per esprimere «forte preoccupazione per i ritardi nel cronoprogramma» e certificare la contrarietà al varo del primo cassone «senza test di prova».
L’altro intoppo è politico. Domani è atteso in Consiglio regionale il voto sul mutuo da 57 milioni (3,2 di interessi) che la Regione ha programmato per prestare parte del finanziamento della diga. Pd e M5s hanno già chiesto di stralciarlo per «una questione di opportunità», la maggioranza Toti ha tempo fino a oggi per farlo. A temere il rischio di responsabilità erariali di «un mutuo alla cieca», per un’opera nel mirino delle procure, sono ora per primi i consiglieri di centrodestra.
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