Giuseppe Bottero per “La Stampa"
dario scannapieco 2
Del progetto di una nuova Iri non si parla più. E anche di Dario Scannapieco si parla poco. Ma sono bastati due mesi di lavoro, in silenzio, perché la Cassa depositi e prestiti iniziasse ad imboccare una traiettoria diversa.
Il manager che Mario Draghi alla fine di maggio ha chiamato per dare una svolta alla cassaforte controllata dal ministero del Tesoro con una quota dell'82 per cento ha scelto di partire con un profilo bassissimo. Anzi, «sobrio», come racconta una fonte, giacca e cravatta, aggrappata al telefono nel caldo di Roma.
CDP – CASSA DEPOSITI E PRESTITI
Con l'obiettivo di riemergere solo a fine anno, con un piano industriale in grado di trasformare la banca di Stato in un «polo strategico» meno invasivo e più coerente con le necessità di sviluppo del Paese. L'ex vicepresidente della Bei, planato da Lussemburgo a Via Goito, ha illustrato i passi iniziali della sua strategia soltanto una manciata di giorni fa, in un "incontro conoscitivo" con la commissione parlamentare di vigilanza presieduta da Sestino Giacomoni.
dario scannapieco
Poche parole, come da copione, per inquadrare quelle che i parlamentari che hanno visto Scannapieco e il presidente Giovanni Gorno Tempini raccontano come «sfide epocali» per cui «non mancano le risorse».
Nei suoi sessanta giorni da amministratore delegato di un istituto con oltre 500 miliardi di attivo, Scannapieco ha praticamente cancellato ogni apparizione pubblica. Nel frattempo sono partiti i bandi per gli advisor del piano che, si racconta, dovrebbe ruotare attorno a un pugno di concetti chiave cari al manager: «Discontinuità, ambizione, concretezza e rapidità».
GIOVANNI GORNO TEMPINI
Le stesse caratteristiche, secondo Scannapieco, dovrà metterle in campo il Paese per far fruttare i miliardi del Recovey che il manager - ha spiegato in un seminario alla Luiss poche settimane prima della nomina - considera un'opportunità «unica, ultima, determinante» per l'Italia, ma solo se ci sarà un vero cambio di passo rispetto al passato.
L'eredità
Il suo lavoro però, almeno in principio, si è concentrato molto sulle dinamiche interne a Cdp, una creatura ramificata con divisioni dedicate alle reti, all'industria, al turismo, agli investimenti in equity e quasi 900 dipendenti; l'obiettivo, al momento, è portare a termine una sorta di "pacificazione interna", distribuendo compiti e responsabilità per smussare le tensioni trovate al suo arrivo e stringendo con decisione sulle consulenze esterne.
dario scannapieco 1
La gestione Palermo, che ha chiuso il 2020 con 1,2 miliardi di utile netto mobilitando 39 miliardi e distribuendone oltre due in dividendi, lascia in eredità dossier pesanti. La Cassa ha già deciso che seguirà con un osservatore nel board i primi passi delle autostrade (di nuovo) di Stato, poi, aspettando il via libera al Pef, dovrà prenderne in mano le redini, assieme ai soci Blackstone e Macquarie.
Code, ingorghi e rilievi
Antitrust lasciano presagire che non sarà compito facile. E anche ora, all'interno della Cassa, c'è chi si chiede il senso di una operazione del genere, lanciata sotto la spinta della politica e in particolare del Movimento 5 Stelle.
fabrizio palermo foto di bacco (3)
Ma in partenza c'è anche Patrimonio Rilancio, gestito assieme al Tesoro, con cui sostenere «le imprese italiane con fatturato superiore ai 50 milioni». Il percorso di Scannapieco, deciso a lasciarsi alle spalle l'immagine di una Cassa che si occupa di tutto, dovrebbe passare anche dalla revisione della strategia immobiliare, e garantire maggiore attenzione ai fondi per il turismo, il settore che più di altri ha pagato il prezzo della pandemia.
Destinato a cambiare anche l'approccio all'equity: prima si vede il piano, poi si decide l'intervento. Il mandato, spiega la Commissione di Vigilanza dopo il confronto, «è sostenere il tessuto economico del Paese e le nostre imprese per poi defilarsi, scendendo in minoranza».
fabrizio palermo giovanni gorno tempini dario scannapieco
Il capitolo digitale
Il terzo grande dossier sulla scrivania si chiama digitale. Il progetto della rete unica sembrava essere finito nel dimenticatoio, affossato dai progetti di Giancarlo Giorgetti e Vittorio Colao, freddi sulla fusione tra Open Fiber, di cui Cdp è socio di maggioranza, e Fibercop, la società controllata da Tim.
Eppure, anche se la strada appare in salita, ancora non sarebbe stata pronunciata l'ultima parola, e il dialogo con la società di Luigi Gubitosi non si è mai interrotto: con il numero uno dell'ex monopolista, attraverso una serie di tavoli tecnici, si starebbe ragionando su sinergie nuove e alternative agli schemi più tradizionali. La costituzione di AccessCo non è stata scartata, ma non è certo detto che sia la destinazione.
dario scannapieco
Dai ragionamenti degli analisti è emerso che si starebbe pensando a consorzi tra gli operatori presenti sul mercato per promuovere investimenti congiunti nella banda larga, anche con un co-finanziamento pubblico. Tra le prime telefonate del manager, si racconta, quelle con i vertici di Enel, con cui i rapporti si erano raffreddati ai tempi dell'operazione che ha portato in via Goito la quota detenuta dal colosso dell'energia in Open Fiber.
Sono tutti pezzi di un puzzle più ampio e complesso, il piano industriale. «La stella polare», dicono in Cdp, e dovrebbe esserlo - viene fatto notare - per tutti gli enti pubblici. Sul taccuino di Scannapieco ci sarebbe una parola: riassetto. Da portare a termine entro dicembre. Soltanto allora si potrà abbandonare il profilo basso. La partita è lunga, ed è appena iniziata.