Roberto Fabbri per “il Giornale”
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Non fosse che tra chi lo sostiene c'è Andrei Soldatov, ci sarebbe da storcere il naso. Un colpo di Stato in preparazione, se non addirittura imminente, contro Putin? Per mano di alti ufficiali dei principali servizi segreti?
Andiamo, questa l'abbiamo già sentita, ma non è possibile perché Putin è un ex capo del Kgb, un maniaco della sicurezza, un intoccabile sostenuto dai vertici militari e degli apparati di sicurezza.
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Soldatov, però, non è uno qualsiasi: giornalista d'inchiesta, considerato uno dei massimi esperti del mondo della sicurezza russo, è da tempo riparato a Londra. Da oltre un mese va ripetendo che stiamo vivendo tempi eccezionali, perché per la prima volta i cosiddetti apparati sono in disaccordo con il Cremlino.
A suo avviso, i vertici dell'intelligence russa sarebbero convinti che la colpa dei ripetuti fallimenti della guerra in Ucraina non siano dei tanti uomini dei servizi e delle forze armate le cui teste sono state fatte saltare, ma di un uomo solo: Vladimir Putin, appunto.
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Naturalmente, tra coltivare lo scontento e progettare un golpe ce ne passa. Tuttavia, afferma Soldatov, i segnali di logoramento delle relazioni tra il Cremlino e l'Fsb (l'erede post sovietico del Kgb in Russia) sarebbero sempre più visibili: non solo un Putin reso furioso dalle cattive prove fornite in Ucraina ha già destituito circa 150 uomini della sicurezza, ma nell'ultimo mese, frustrato dallo stallo della cosiddetta «operazione militare speciale», avrebbe anche spedito agli arresti domiciliari due figure del vertice, tra cui Sergej Beseda, il direttore del settore estero dell'Fsb, il cosiddetto Quinto servizio.
Iniziative che avrebbero molto irritato i già preoccupati vertici dei servizi, spingendoli a considerare concretamente la mossa clamorosa del putsch contro il Numero Uno.
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L'esperto di intelligence russa, interpellato dal Center for European Policy Analysis (Cepa) e citato in un servizio del quotidiano londinese CityAM, vede Putin consapevole dei rischi che corre e «molto preoccupato», tanto da aver disposto un innalzamento dei livelli di sicurezza all'interno e all'esterno del Cremlino.
Ma Soldatov non è il solo a prevedere un golpe contro «zar Vlad». Aleksei Muraviev, analista australiano di questioni strategiche ed esperto di intelligence, si dice addirittura convinto che un tentativo di defenestrazione di Putin sia imminente: a suo avviso, in conseguenza delle prolungate tensioni con il Cremlino e delle purghe che esso ha loro imposto, esponenti dei vertici militari e delle varie sigle dell'intelligence russa (Gru e Fso tra tutti) potrebbero cooperare per un colpo di mano.
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Ammesso e non concesso che questo avvenga, resta da vedere dove un colpo di Stato a Mosca condurrebbe. Considerato che i presunti complottisti sarebbero in ultima analisi i cosiddetti «siloviki» (il gruppo di ex ufficiali del Kgb che detiene il vero potere politico ed economico in Russia sostenendo Putin al vertice della piramide), una loro azione segherebbe il ramo stesso su cui stanno comodamente seduti. Questo perché non si vede una figura carismatica in grado di prendere il posto di Putin, a meno che qualcuno dei suoi attuali fedelissimi, falchi come Nikolai Patrushev, Dmitry Medvedev o Sergei Shoigu, non mediti segretamente di tradirlo.
Nell'articolo di City AM, si sostiene però che tale sia la consapevolezza del disastro strategico, economico e militare rappresentato dalla guerra all'Ucraina da indurre comunque a considerare una priorità eliminare l'uomo che l'ha voluta.
Anche perché sono i prossimi sviluppi del conflitto a preoccupare: la sequenza di fallimenti militari potrebbe spingere Putin ad alzare tappa dopo tappa l'asticella delle minacce all'Occidente, con rischi enormi (stavolta reali) per la sicurezza della Russia.