1 - LA RABBIA DENTRO I 5 STELLE PERSA LA BATTAGLIA DEI BIG E TREMA LA GIUNTA APPENDINO
Alessandro Trocino per il “Corriere della sera”
notav torino 9
Uno choc. Cade l' ultimo dei baluardi identitari, l' ultima delle promesse. Il Movimento è nudo. L' inner circle di Luigi Di Maio già sapeva da tempo. Ma gli altri ancora ci speravano o forse non riuscivano a crederci. La giunta Appendino rischia di deragliare. E traballa parte della classe dirigente dei 5 Stelle, da sempre contraria alla Tav, con toni sprezzanti: tra loro ci sono Beppe Grillo, il fondatore e garante, Alessandro Di Battista, il globetrotter della politica, Roberto Fico, l' oppositore istituzionale.
Tutti attoniti, tutti infuriati e impotenti. Nessuno parla ufficialmente, ma chi ha sentito Grillo lo descrive gelido: «Ormai non è più il mio Movimento, sono riusciti a cambiarci». Ma dai 5 Stelle arriva una nota ufficiale che smentisce i dissapori: il fondatore si è sentito con Di Maio e ha dato pieno sostegno alla linea del Movimento.
salvini toninelli
Il pannicello caldo, l' escamotage trovato per provare a mantenere una coerenza perduta da tempo, è la battaglia parlamentare. I 5 Stelle sanno bene che è una battaglia finta, perché tutto il Parlamento è per il sì. È un modo per salvarsi l' anima, per poter dire ai militanti che loro ci hanno provato fino in fondo. Ma non una voce si alza contro Conte. Il premier doveva mediare, trovare un compromesso, una soluzione, un guizzo. E invece ha ceduto di schianto, per la gioia della Lega. Non poteva fare altro, naturalmente, a causa di vincoli e convenienze economiche che erano note da tempo. Ma il fatto che nessuno nel Movimento ora lo accusi, dopo averlo tirato per la giacca per mesi, è il segno tangibile che l' esito era scontato.
PROTESTE NO TAV
Si è esposto molto, moltissimo, sulla Tav il ministro Danilo Toninelli. Chi pensava e pensa che la sua sorte sia segnata, si sbaglia, almeno per ora. La Lega continua a chiederne le dimissioni. Ma è un gioco delle parti. Perché i 5 Stelle non possono concedersi di perdere anche lui, dopo aver perso la battaglia della Tav. E l' encomio pubblico di Conte è il segnale del patto.
Lui stesso fa sapere la «netta contrarietà» all' opera, si dice «soddisfatto» per l' attestato di stima del premier e soprattutto rivendica il successo dei 3 miliardi che, dicono fonti del Mit, «ci consentiranno di avere risorse fresche per altre opere realmente utili». Non proprio quello che dice Di Maio, secondo il quale invece «parecchi soldi degli italiani andranno ai francesi». Naturalmente, se la Lega chiedesse ufficialmente la testa di Toninelli, si andrebbe a discutere, in un rimpasto però complicato.
di maio conte
Ma sono dettagli. Il governo, che sembrava sull' orlo di precipitare, paradossalmente potrebbe trovare nuova linfa da questo sì obbligato.
Perché la voracità di Salvini potrebbe momentaneamente placarsi e concedere qualche margine al Movimento.
In particolare la moneta di scambio potrebbe essere la riforma delle autonomie, sulla quale la Lega aveva minacciato sfracelli e che potrebbe finire invece in un compromesso che accontenterebbe il Movimento. Con la regia, ancora una volta, di Conte, che così dimostrerebbe la sua «equidistanza».
Non solo. La «finta» battaglia parlamentare Di Maio servirà per inscenare una vera guerriglia mediatica. Accusando, come si è cominciato già a fare, la Lega di votare con il Pd. Quanto alle truppe, il realismo (e la voglia di stare attaccati alle poltrone) molto probabilmente impedirà emorragie. Anche la truppa dei piemontesi dovrebbe restare al proprio posto.
salvini di maio
2 - AIROLA (M5S): «TUTTI I MIEI COLLEGHI DOVREBBERO DIMETTERSI»
Gabriele Guccione per “il “Corriere della sera”
«Sono affranto, non riesco a credere che questa nostra battaglia possa finire così». Alberto Airola, 49 anni, senatore, prima di essere un 5 Stelle, è da sempre un No Tav. In nome di quella sua militanza, iniziata nel 2004 in Valle di Susa, nove anni fa decise di seguire Beppe Grillo entrando nel Movimento.
Senatore Airola, che cosa farà adesso?
«Avevo promesso che mi sarei dimesso se la Tav fosse passata. Non era un ricatto, l' avevo detto d' impeto».
E dunque si dimetterà?
«Dipende, valuterò nei prossimi giorni».
Da che cosa dipenderà?
ALBERTO AIROLA
«Qualcuno mi ha fatto notare che se mi dimettessi ora non conterei più nulla, invece bisogna restare in Parlamento per continuare a osteggiare quest' opera inutile e dannosa. E, in fondo, penso pure un' altra cosa».
Che cosa?
«A dimettersi dovrebbero essere tutti gli altri 5 Stelle, non io che sono rimasto coerente».
Di Maio ha ribadito la sua contrarietà al super-treno e ha chiesto che siano le Camere a esprimersi col voto.
«Di Maio ha fatto una dichiarazione pilatesca. Sa benissimo che in Parlamento non abbiamo i numeri per bloccare l' opera. Dovevamo prima di tutto risolvere la questione tra di noi, con il nostro contraente, la Lega».
Nel contratto di governo c' era scritto che l' opera andava ridiscussa, non bloccata...
«Ma questa ridiscussione non è stata sufficiente.
E Di Maio non può pensare di lavarsene le mani».
E il premier Conte?
ALBERTO AIROLA
«In questi mesi ho scritto una valanga di email a Conte, per spiegargli come sospendere l' opera davanti alla conferenza intergovernativa; ancora oggi (ieri, ndr ) gliene ho mandate cinque. Ho stima di lui, ma è stato malconsigliato, altrimenti non direbbe che il Tav adesso costerà meno e che, se non si dovesse fare, l' Italia perderebbe dei soldi. L' Europa ha promesso più fondi, ma non ha ancora firmato niente.
E di penali non ce ne sono».