Giacomo Amadori per “La Verità”
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È notte fonda. Su Gleeden, il sito di «incontri extraconiugali pensati dalle donne», come recita la pubblicità, un brillante giornalista inizia a chattare con una donna di origine francese (o sedicente tale) che lo ha contattato raccontandogli di vivere a Milano.
Dopo le prime frasi di circostanza i due iniziano a darsi da fare su Skype, lanciandosi in una seduta di sesso virtuale. La giovane transalpina inizia a scrivere da sotto una doccia. Ogni tanto si vede il braccio uscire dalla telecamera come se stesse rispondendo all'amante telematico.
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Il professionista eccitato dalla situazione si masturba. Qualche ora dopo iniziano ad arrivargli comunicazioni su Skype e poi anche sul cellulare, il cui numero aveva incautamente condiviso con la donna. Tra i messaggi c'è la foto dell'uomo intento a masturbarsi e una richiesta di 5.000 euro per non diffondere lo scatto intimo. Per fortuna il cronista trova il coraggio di rivolgersi alla Polizia postale e di denunciare l'accaduto senza pagare.
Il link della vergogna
Ma esiste invece una ampia fascia di ricattati che cede e fa rimanere sommerso il dato di chi subisce questo tipo di estorsioni. Per esempio tra i denuncianti ci sono pochissimi gay.
I REATI SUL WEB CONTRASTATI DALLA POLIZIA POSTALE - GRAFICO LA VERITA
Anche perché non di rado ai malcapitati viene inviato proprio il link dell'intero video pronto per la diffusione in Rete e nella cerchia delle conoscenze della vittima a cui è stata chiesta preventivamente l'amicizia sui social.
La sextorsion (il neologismo racchiude le parole sexual ed extorsion) prevede che al bersaglio venga chiesto di pagare per evitare la messa online del filmato.
Molte persone, per la maggior parte uomini, accettano di pagare su conti correnti ubicati all'estero.
Il fenomeno sarà approfondito questa sera durante la trasmissione Zona bianca su Rete4 che ha intervistato esperti della Polizia postale, ma anche vittime.
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I numeri sono molto preoccupanti. Nel 2021 la Polposta ha trattato 1122 casi, spalmati in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale. Una tabella parla di una crescita del 54 per cento rispetto al 2020, ma in questo caso i dati analizzati erano stati solo 984 (636 nel 2020).
I numeri dell'emergenza
I maschi coinvolti nel 2021 sono stati 928 (852 maggiorenni e 76 minorenni), contro 194 femmine -il 17 per cento- (169 donne e 25 ragazze, il 25 per cento, quindi in crescita tra le più piccole). In poche parole ogni sei vittime, cinque sono uomini.
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Tra i minori l'aumento delle sextorsion è stato addirittura del 94 per cento, con un picco di vittime nella fascia di età tra 10 e 13 anni (da 10 a 23, più 130%) e tra i 14 e i 17 (da 38 a 77, più 103%), anche se, per fortuna, nel primo trimestre del 2022 è stata registrata una diminuzione di casi.
I target di questo tipo di reato appartengono a ogni ceto sociale, ma non mancano le persone note: politici, personaggi dello spettacolo, giornalisti, manager, sportivi, religiosi.
Gli insospettabili A Milano sono finiti nella rete dei ricattatori anche un ex poliziotto e un giocatore di basket statunitense.
Ma pure un parlamentare molto conosciuto che, a quanto risulta alla Verità, ha sporto denuncia a Milano. Una notte, mentre si trovava solo in casa è stato agganciato via social da una donna che gli ha chiesto l'amicizia su Facebook. Il focoso politico gliel'ha concessa e poi è andato a spulciare le foto del profilo della bella ammiratrice.
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«Grazie per avere voluto fare la mia conoscenza» è stato il timido approccio della fanciulla. «Mi presento: sono Virginia D. di 25 anni» ha scritto. Per poi, piano piano, proporre qualcosa di più piccante rispetto ai dialoghi su messenger.
Il parlamentare non si è lasciato insospettire dall'intraprendenza e dall'italiano rivedibile: «Ti trovo carino altrimenti mi piacerebbe provare con te e vedere di più sulla riunione (videochat, ndr)» ha digitato la giovane. Tra i due è iniziata subito una bollente rapporto sessuale virtuale: la donna ha velocemente scoperto il seno procace e poi le parte intime, chiedendo all'uomo di fare altrettanto, salvo gettare subito dopo la maschera e iniziare il ricatto.
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«Ora ho il tuo video per rovinare la tua immagine se provi a resistere a me vado a rovinarti la vita, quindi fai quello che ti chiedo senza tagliare la videocamera se vuoi che questo video rimanga tra di noi. Ok?» ha minacciato.
Quindi, dopo aver incastrato l'uomo, per rendere la minaccia ancora più seria, ha iniziato a cercare in diretta su un motore di ricerca il nominativo del politico, facendo apparire sull'homepage le attività istituzionali svolte dal personaggio pubblico.
Che ovviamente ha iniziato subito a sudare freddo, con lo sguardo allucinato fisso sul computer. La fine della sua carriera politica gli deve essere sembrata inevitabile.
Anche perché Virginia ha aggiunto: «Soprattutto non cercare di fuggire perché peggiorerà solo la situazione, perché questo video pornografico può causare abbastanza danni nella tua vita».
Per fortuna, grazie alla tempestività dell'intervento della Polizia postale e della magistratura, il pagamento è stato bloccato e l'uomo ha potuto ritrovare la propria serenità.
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Chi accetta di pagare
Ma non tutte le storie sono a lieto fine. Spesso le vittime accettano di pagare e di non denunciare quando scoprono di aver fatto virtuale con un minorenne, cosa non vera nella maggior parte dei casi.
Come dimostra la vicenda scoperchiata a inizio anno dalla Polizia Postale di Cremona che ha dato esecuzione ad un'ordinanza di misura cautelare in carcere nei confronti di una ventiduenne della provincia di Forlì, responsabile di estorsione.
Alla donna, M.C., sono stati contestati ben 69 capi d'imputazione, dal reato di estorsione sessuale alla sostituzione di persona.
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L'indagine è partita nel febbraio del 2020 quando un cittadino italiano ha raccontato di aver chattato e scambiato alcune foto con una ragazza che aveva pubblicato un annuncio erotico su un sito di incontri per adulti; tale relazione virtuale si è bruscamente interrotta per l'intervento della madre della ragazza.
La signora, complice della figlia e per questo indagata con lei, ha informato l'uomo che non solo la ragazza era minorenne, ma anche affetta da autismo. Quindi ha minacciato di denunciarlo se non avesse pagato 500 euro a titolo «risarcitorio», per i danni psicologici subìti dalla sua «bambina».
L'attività svolta dalla Polizia ha consentito di identificare 60 uomini, di età e origini diverse, incastrati dalla presunta minorenne, comprese «persone con disabilità cognitive», nonché di sequestrare carte ricaricabili sulle quali erano stati versati circa 100.000 euro. Gli autori di sextorsion in molti casi fanno parte di vere e proprie organizzazioni transnazionali.
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Le gang in azione
Le bande, quasi sempre francofone, peculiarità che caratterizza questo tipo di reato, per le loro truffe digitali si appoggiano a Paesi del centro Africa con cui l'Occidente non ha canali di mutua assistenza investigativa o li ha poco efficienti.
Per esempio sono per lo più emesse da nazioni come la Nigeria, la Costa d'Avorio o il Ghana le carte ricaricabili utilizzate per chiedere i pagamenti.
Anche gli indirizzi dei money transfer si trovano frequentemente nella stessa area geografica. Hanno la stessa provenienza le schede telefoniche e i server utilizzati come ponte per ospitare i profili degli adescatori e delle adescatrici. Anche se poi fisicamente, magari, i finti amanti potrebbero risiedere molto più vicino alle loro vittime.
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Per i versamenti vengono utilizzati anche codici Iban europei di banche ubicate dalle Repubbliche del Baltico all'Irlanda. La maggior parte delle estorsioni sessuali inizia su un social network, in particolare su Facebook o Instagram, dove le persone sono meno guardinghi rispetto a quando navigano sui siti di dating, dove si tende a nascondersi. E poi la riserva di caccia è più ampia (Facebook ha tre miliardi di iscritti, Gleeden 9 milioni).
La vittima solitamente viene scelta in modo abbastanza casuale, con una vera e propria pesca a strascico tra gli iscritti. Profili di donne affascinanti chiedono l'amicizia a migliaia di utenti e qualche sventurato abbocca.
POLIZIA POSTALE
A quel punto inizia il gioco di seduzione sino al sesso virtuale. A cui segue il ricatto. La cifra più richiesta è sui 1.000-1.500 euro. Per esempio ha pagato quest' ultima cifra un abitante del Varesotto messo sotto scopa da un connazionale di Foggia. Che alla fine è stato denunciato, consentendo alla Polizia di sequestrargli la carta di credito sulla quale erano stati effettuati i versamenti nonché gli account utilizzati per circuire la vittima sui social network. A volte vengono richiesti pagamenti in criptovaluta. C'è chi è arrivato a pagare più di 100.000 euro. Anche perché in un caso un video dopo un'ora aveva già ottenuto 40.000 visualizzazioni. Anche se la diffusione delle immagini in Rete è piuttosto rara.
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L'estorsione continua
Eppure c'è chi, una volta finito in trappola, continua a consegnare denaro per evitare danni reputazionali. Grazie alle informazioni che inseriamo sui social gli estorsori spesso sanno dove abitino le vittime, conoscono il loro stile di vite, lo stato civile, il tipo di lavoro, l'identità di amici e famigliari. I reati contestati sono in particolare l'estorsione (pene da 5 a dieci anni di reclusione) e la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, il cosiddetto revenge porn (da 1 a 6 anni).
Il consiglio degli specialisti della Polizia postale è di denunciare subito l'accaduto, avendo premura di consegnare alle forze dell'ordine i messaggi ricevuti, e di non pagare mai per evitare di subire un'escalation ricattatoria. Se la vittima appare debole e inizia a pagare non si toglierà di dosso gli squali che hanno annusato la sua paura. Personaggi senza scrupoli che possono arrivare alle minacce di morte.
Queste bande, però, non hanno tempo da perdere. Per questo, altro consiglio, conviene interrompere subito le comunicazioni. Se non ricevono risposta, dopo poco tempo, i malviventi smettono quasi sempre di dar la caccia alle vittime, dal momento che puntano a incassare i soldi nel giro di pochi giorni. Il canovaccio non cambia praticamente mai. Un ultimo suggerimento per non cadere in trappola: controllate la verosimiglianza del profilo dello spasimante virtuale, le foto (solitamente frutto di furti di identità), il numero di amici (abbastanza esiguo) e i post (pochissimi e spesso tutti molto recenti).
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