1 - CRISI DIPLOMATICA TRA WASHINGTON E PARIGI
Dagotraduzione da "Le Monde"
joe biden, emmanuel macron
«Aukus» è un acronimo oscuro, ma le sue implicazioni sembrano già considerevoli. Per stringere i loro legami di fronte alla Cina, Stati Uniti, Australia e Regno Unito hanno firmato mercoledì un accordo di partenariato strategico inedito.
«Un passo storico» secondo Joe Biden. Inizialmente l’accordo permetterà all’Australia di fare un enorme salto tecnologico e militare, con la costruzione di sottomarini a propulsione nucleare.
Un salto che implica la condivisione di tecnologie americane, ma anche un abbandono molto amaro per la Francia: quello di un accordo intergovernativo e di un contratto industriale siglato nel 2019 e della durata di 50 anni.
La Francia non è stata ufficialmente avvisata prima che alcuni articoli apparissero sulla stampa mercoledì 15 settembre, poi l’annuncio della decisione è arrivato a fine pomeriggio, durante una videoconferenza che riuniva Joe Biden, il primo ministro australiano, Scott Morrison e il suo omologo britannico Boris Johnson.
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Il dirigente australiano non ha neanche menzionato la Francia nel suo discorso. Più tardi, ha evocato «non un cambio di opinione, ma un cambio di necessità». L’offerta americana sarebbe stata impossibile da rifiutare, a suo dire, riconoscendo «una decisione molto difficile e deludente per la Francia».
Assenza di coerenza
Durante la presentazione alla Casa Bianca, Joe Biden si è accontentato di un riferimento simbolico, che niente dice della crisi diplomatica che si sta delineando tra Washington e Parigi.
ACCORDO AUKUS
La Francia «ha una presenza importante nell’Indo-Pacifico, e si tratta di un partenariato e di un alleato-chiave» ha detto il presidente americano. Secondo Parigi questa cordialità non pesa affatto sul voltafaccia australiano, arrivato proprio quando doveva finalizzarsi, a fine mese, una nuova tappa del contratto del Naval Group (ex-DNCS) con Canberra sul design dei sottomarini.
Giovedì, su France Info, il capo della diplomazia francese Jean-Yves Le Drian ha evocato una «coltellata alla schiena» da parte dell’Australia. In un comunicato congiunto con il ministro delle Forze Armate Florence Parly, pubblicato nella notte, ha denunciato, una «decisione contraria allo spirito di cooperazione che predominava tra la Francia e l’Australia».
ACCORDO AUKUS
Ma il passaggio che attira di più l’attenzione tira in ballo la lealtà di Washington. «La scelta americana, che porta a scartare un alleato e un partner europeo come la Francia, da un partenariato strutturato con l’Australia, nel momento in cui dobbiamo affrontare sfide senza precedenti nella regione dell’Indo-Pacifico, che sia per i nostri valori o per il rispetto di un multilateratismo fondato sulle regole del diritte, segna un’assenza di coerenza che la Francia non può che constatare e rimpiangere».
AUKUS E I SOMMERGIBILI NUCLEARI
Al di là del contratto rescisso, si pone una questione di fiducia e affidabilità tra l’America e la Francia. Bisogna tornare alla guerra in Iraq (2003), lanciata dall’amministrazione Bush, per trovare un precedente della stessa importanza? Dopo il ritiro caotico e non concordato dall’Afghanistan, si tratta anche di un nuovo avvertimento per gli europei, invitati a costruire la loro sovranità, soprattutto nella zona dell’Indo-Pacifico, seguendo la scia della Francia, investita da molto tempo. Il Regno Unito ha chiaramente previsto un simile ri-orientamento.
Boris Johnson, Scott Morrison e Joe Biden
Ecco che davanti alla Cina si costituisce un fronte comune anglosassone, a danno delle relazioni transatlantiche classiche. Due fatti evidenti trovano così conferma: gli Stati Uniti restano la forza trainante dell’Occidente, ma i suoi alleati europei non hanno da aspettarsi alcun favore o cortesia quando gli interessi dell’America sono da un’altra parte.
L’annuncio di questo nuovo partenariato strategico tra Stati Uniti, Regno Unito e Australia appare, inoltre, un colpo alla tela laboriosamente tessuto dalla diplomazia francese, in questi ultimi anni, nell’Indo-Pacifico. Al fine, giustamente, di evitare le continue tensioni cino-americane, Parigi aveva fatto di un avvicinamento militare e industriale con Canberra uno dei primi pilastri della sua nuova strategia nella regione.
Joe Biden durante la conferenza stampa
Ad aprile, Jean-Yves Le Drian era così contento di poter mostrare per la prima volta un dialogo trilaterale, a livello ministeriale, tra la Francia, l’India e l’Australia, al di là dei partenariati strategici classici.
Anche Naval Group, alleato a Thales su questo progetto, puntava fortemente sul gigantesco contratto – più di 35 miliardi di euro, di cui soltanto 8 per la parte francese – concluso con l’Australia, anche se gli Stati Uniti sarebbero rimasti fornitori del sistema di combattimento attraverso l’intermediazione della società Lockheed Martin.
La Francia aveva notato con irritazione le regolari critiche formulate a Canberra. Un audit, pubblicato a gennaio 2020, aveva sottolineato un ritardo di nove mesi sul calendario iniziale. Ma, per Naval Group, la rottura del contratto australiano è arrivata come una doccia fredda.
joe biden 3
Grande delusione
In attesa di una battaglia giudiziaria, in un comunicato, l’azienda ha espresso la sua «grande delusione». L’accordo governativo tra la Francia e l’Australia sulla vendita di questi sottomarini è datato 2016. «L’Australia non era in grado, all’epoca in cui abbiamo preso questa decisione, di costruire e di sfruttare un sottomarino a propulsione nucleare» ha sottolineato mercoledì M. Morrison
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Nel 2019, è stato firmato il partenariato formale, aprendo la via studi preliminari. Nel 2023 era previsto un contratto per gli studi dettagliati, prima di mettere in cantiere i sottomarini. I primi doveva essere operativi all’inizio del 2030, secondo il sito di Lockheed Martin. Erano coinvolti più o meno 300 impiegati in Australia e diverse centinaia in Francia.
Il 15 giugno Emmanuel Macron riceveva Morrison all’Eliseo. Il presidente francese evocava il contratto da dodici sottomarini, come un «pilastro del partenariato e del rapporto di fiducia tra i due paesi». «Un tale programma riposa sul passaggio di know-how e tecnologia e ci legherà per i decenni a venire» aveva aggiunto Macron. Si pensava allora che i rumori nei media australiano sulla rimessa in discussione del contratto non avevano senso di esistere.
emmanuel macron 4
Per Naval Group bisognava accelerare le consegne. Ancora quindici giorni fa, i ministre della difesa degli affari esteri di Francia e Australia «sottolineavano l’importanza del programma sottomarino del futuro». Mercoledì, le promesse sono svanite.
Verrà lanciata una consultazione di 18 mesi tra i paesi dell’Aukus per stabilire una tabella di marcia precisa in questo dossiere, definire la catena di produzione, pianificare le modalità chiave dello stoccaggio delle materie nucleari. I suoi membri vogliono stringere i loro legami operativi e la loro interoperabilità in materia di cybersecurity, d’intelligenza artificiale e di difesa.
Aukus
Con i sottomarini a propulsione nucleare, l’Australia disporrà di mezzi inediti per pattugliare il Mar cinese meridionale. Questi sotto marini hanno la capacità di restare a lungo immersi, evitando di essere rilevati.
Non saranno armati da testate nucleari, ma da missili Tomahawk. Solo il regno Unito aveva beneficiato, nel 1958, di un tale transfert di tecnologia americana. L’amministrazione Biden considera dunque questo gesto come un’eccezione, che non autorizzerò altri paesi alleati a formulare una domanda simile.
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Ma l’idea di una eccezione non va da sé. James Acton, co-direttore del programma di politica nucleare al Centro Carnegie, distingue «gli effetti diretti e indiretti» di quest’annuncio di cooperazione. «Gli Stati Uniti e il Regno Unito non aiutano l’Australia ad acquistare un’arma nucleare, e non credo che l’Australia approfitterà di questo transfert per acquisirla. In cambio, m’inquietano le conseguenze a lungo termine in materia non-proliferazione».
M. Acton sottolinea che il precedente australiano potrebbe incoraggiare altri paesi, come la Corea del Sud, il Brasile o l’Iran, ad avere le stesse ambizioni. Sarebbe allora complicato opporsi, salvo essere accusati di due pesi e due misure. Un argomento che la Russia e la Cina non tarderanno ad impiegare.
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Nè il comunicato su Aukus né i tre presidenti riuniti in videochiamata hanno citato la Cina. Ma appare in sottofondo. Il timing di questo annuncio, due settimane dopo il ritiro americano dall’Afghanistan, permette a Washington di confermare la sua priorità geopolitica: la grande rivalità con Pechino. Il 24 settembre, Biden accoglierà per la prima volta alla Casa Bianca i tre dirigenti del Quad: il primo ministro australiano, quello indiano e quello giapponese. Il Quad è uno tra i formati più flessibile e reattivi che gli Stati Uniti vogliono privilegiare.
AUKUS E I SOMMERGIBILI NUCLEARI
Con quest’annuncio, l’amministrazione Biden invia anche un messaggio politico e militare alla zona dell’Indo-Pacifico. La ritirata caotica dall’Afghanistan aveva suscitato l’emotività di molti membri dell’Alleanza atlantica.
ACCORDO AUKUS
I responsabili americani sono stati spesso interpellati sulla sincerità e la determinazione del loro sostegno a Taiwan e all’Ucraina. «Ci teniamo al nostro impegno con questi due paesi» ha risposto il segretario di Stato Antony Blinken, interrogato sul punto durante l’audizione alla Camera dei rappresentanti il 13 settembre. Ma, visto da Parigi, il valore dell’impegno americano sembra improvvisamente svalutato.
2 - L’ACCORDO TRA LONDRA, WASHINGTON E CANBERRA FA INFURIARE PARIGI. “UNA COLTELLATA”
Gabriele Carrer e Emanuele Rossi per www.formiche.net
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“[Charles] De Gaulle avrebbe preparato una visita a Pechino”, scrive Gérard Araud, diplomatico francese in pensione, ex ambasciatore in Israele, alle Nazioni Unite e negli Stati Uniti, molto vicino al presidente Emmanuel Macron.
“Ciò che colpisce è che l’amministrazione Biden non ha fatto nulla per attutire il colpo che stava infliggendo alla Francia. Nessuna consultazione, nessuna collaborazione, nessun risarcimento”, aggiunge.
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Un altro diplomatico, Philippe Etienne, ex consigliere diplomatico del presidente francese e oggi ambasciatore negli Stati Uniti, rievoca il passato: “È interessante notare che esattamente 240 anni fa la marina francese sconfisse la marina britannica a Chesapeake Bay, aprendo la strada alla vittoria di Yorktown e all’indipendenza degli Stati Uniti”.
Non c’è dubbio: Parigi ha preso male – molto male, probabilmente anche peggio di Pechino – l’accordo tra Stati Uniti, Regno Unito e Australia.
Aukus - Biden Boris
“La scelta degli Stati Uniti di accantonare un alleato e partner europeo come la Francia da un partenariato strutturale con l’Australia, in un momento di sfide senza precedenti nella regione indo-pacifica (…) dimostra una mancanza di coerenza di cui la Francia non può che prendere atto con rammarico”, recita un comunicato congiunto dei ministri di Esteri e Difesa Jean-Yves Le Drian e Florence Parly. Il primo ha rincarato la dose all’emittente radiofonica pubblica France Info parlando di “coltellata alla schiena” e “fiducia tradita”.
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L’intesa annunciata ieri, infatti, segna di fatto la fine dell’accordo sottoscritto dall’Australia con il colosso francese della cantieristica Naval Group. Siglato nel 2016, il deal prevedeva la costruzione di una nuova flotta di sottomarini d’attacco per l’Australia al prezzo di 40 miliardi di dollari.
Sin dal principio, però, il contratto è stato segnato da ritardi e numerosi problemi di natura tecnica, anche per la difficoltà di Francia e Australia nel concordare i siti di produzione delle componenti dei sottomarini.
ACCORDO AUKUS
La prima difesa di Canberra è arrivata da Londra. Intervistato da Sky News, il ministro della Difesa britannico Ben Wallace ha spiegato che “l’Australia ha preferito venir meno all’accordo per approfittare dell’opportunità di utilizzare il nucleare in altro modo”.
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E ancora: “Non abbiamo alcuna intenzione di indispettire la Francia, che è una dei nostri maggiori alleati in Europa, abbiamo in piedi progetti militari insieme e interessi comuni”. Infine: “Ogni Paese fa le sue scelte anche a seconda degli interessi della propria sicurezza nazionale”.
Proprio questa frase apre un interrogativo: può la Francia, principale sostenitrice di una maggiore autonomia strategica europea in risposta ad alcuni interessi divergenti tra i 27 e gli Stati Uniti – e tra i primi critici delle modalità “unilaterali” del ritiro statunitense dall’Afghanistan – lamentare la mancanza di coordinamento da parte americana?
Piuttosto, l’accordo annunciato ieri, mercoledì 15 settembre, sommato al primo summit in presenza dei leader Quad (Stati Uniti, Australia, Giappone e India) che si terrà il prossimo fine settimana, potrebbe rafforzare la spinta francese per una difesa comune europea.
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Come annunciato ieri dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, proprio durante il semestre di presidenza francese del Consiglio dell’Unione europea, con cui si aprirà il 2022, si svolgerà un summit sulla difesa europea.
Per Parigi l’Europa è un moltiplicatore di forza. Spazio da usare per proiettare la propria influenza geostrategica, allineando i vari partner e alleati. L’autonomia strategica diventa una sorta di necessità per veicolare meglio i propri interessi.
La Francia ambisce a essere il partner di riferimento per le potenze extra-europee, in particolare gli Stati Uniti, ma anche il Regno Unito post-Brexit e il mondo dell’Indo-Pacifico, a cominciare dall’Australia appunto.
Per questo soffre l’esclusione. I francesi si percepiscono come potenza globale, eccezionalista rispetto alla traiettoria comune di Bruxelles (semmai da piegare sui propri obiettivi, come detto).
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Inoltre, con particolare riferimento al quadrante orientale, la Francia si vede come attore regionale, non come potenza esterna. D’altronde Parigi ha nell’area i Territori d’Oltremare sotto l’Eliseo (recentemente Macron è stato in Polinesia, mentre la Nuova Caledonia ha votato pochi mesi fa per restare francese).
Sotto questo punto di vista, si sente chiamata in causa riguardo a tutte le dinamiche dell’area: vuole essere presente con la ragione di difendere un interesse nazionale diretto (ragione per cui ha sempre aperto alle missioni nel Mar Cinese Meridionale, volte a mostrare bandiera davanti alla Cina, principale agente di interferenza nella regione), sebbene l’obiettivo sia più vasto.
Aukus
L’accordo australiano è un colpo problematico per Macron, per le sue ambizioni di alzare l’impegno in quel quadrante politico dell’Indo Pacifico, per il suo piano di crearsi nell’area un ruolo da potenza alternativa a Cina e Usa.