1. PERQUISITI I GENITORI DELLA PICCOLA KATA TORNA L’IPOTESI VENDETTA PER LE VIOLENZE NELL’HOTEL
Estratto dell’articolo di Luca Serranò e Andrea Vivaldi per “la Repubblica”
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Nell’albergo nessun indizio, così come nei filmati delle telecamere puntate sugli ingressi. Le testimonianze dei parenti, poi, lacunose o comunque non allineate tra loro. Ecco allora che nelle indagini sul mistero della piccola Kataleya, la bambina di cinque anni scomparsa da quasi due mesi (era il 10 giugno) da un edificio occupato nel rione di San Jacopino, torna sotto i riflettori il contesto familiare.
Ieri mattina, su mandato del procuratore aggiunto Luca Tescaroli e della pm della Dda Christine Von Borries, i carabinieri hanno perquisito — come terzi non indagati — i genitori della bambina, gli zii e altri parenti, oltre a tre ex occupanti. Nessuna accusa formale, ma un atto necessario proprio per sciogliere i dubbi emersi con le varie testimonianze (compresa quella della madre), che non formerebbero un quadro coerente in particolare riguardo l’ora dell’ultimo avvistamento di Kata e i tempi dell’allarme e delle prime ricerche. […]
2. KATA, DIETRO AL RAPIMENTO IL RACKET DEGLI AFFITTI NELL’HOTEL
Estratto dell’articolo di Simone Innocenti per il “Corriere della Sera”
Firenze È il racket degli affitti all’interno dell’ex hotel Astor di via Maragliano a Firenze — quello da cui lo scorso 10 giugno è sparita la piccola Kataleya, «Kata» — il filo che lega le due inchieste della Procura di Firenze, «scoppiate» improvvisamente ieri mattina.
ABEL ALVAREZ VASQUEZ - LO ZIO MATERNO DI KATA
La prima, quella della squadra mobile della questura, ha portato in carcere quattro peruviani accusati — a vario titolo — di estorsione, tentata estorsione, tentato omicidio e lesioni: tra di loro c’è Abel Alvarez Vasquez, conosciuto come Dominique, lo zio materno di Kata, l’ultimo ad avere visto la bambina prima della scomparsa […].
La seconda indagine, quella dei carabinieri del nucleo investigativo provinciale, che ieri ha portato a dieci perquisizioni nei confronti di tre amici della famiglia e di sette parenti della bambina, tra cui Miguel Angel Ramon Chicllo Romero e Katherine Alvarez, il padre e la mamma della piccola (nessuno di questi però è indagato).
I loro cellulari sono stati sequestrati. Servono agli inquirenti per uno scopo ben preciso: capire, ad esempio, se vi siano mail, messaggi o chat — anche di terze persone — che possano essere utili in qualche modo alle indagini sulla scomparsa […]
[…] È chiaro che nessuna ipotesi viene scartata dalla Procura, compresa quella della pedofilia che non riguarda — ovviamente — quanto accaduto ieri tra arresti e perquisizioni. Tutto questo per dire che nulla viene tralasciato, tanto che perfino l’Europol e l’Interpol sono state investite ufficialmente nelle indagini sul rapimento. Le due nuove inchieste […] mettono sotto la lente d’ingrandimento il cosiddetto «racket degli affitti» che caratterizzava da tempo l’occupazione dell’ex hotel Astor di via Maragliano a Firenze, dove vivevano abusivamente sudamericani e romeni: il «teatro» dal quale è scomparsa la piccola Kata.
Kathrina Alvarez, la mamma di Kataleya, e il padre della bambina Miguel a chi l'ha visto
Proprio per la presunta «compravendita delle stanze» nell’ex albergo di tre piani, è finito in carcere Dominique, lo zio di Kata, assieme a Carlos De La Colina Palomino — ritenuto una sorta di riferimento dei traffici dentro l’ex hotel —, Nicola Eduardo Lenes Aucacus, 39 anni, e Carlos Manuel Salinas Menac, 63 anni.
I quattro sono accusati di aver gestito il racket delle stanze tra il novembre 2022 e il maggio 2023: un «affitto» che sarebbe variato dai 600 ai 700 euro al mese. Oltre ai lavori di «manutenzione» da 15 a 50 euro. Un’indagine, questa, nata da un episodio del 28 maggio 2023, forse il più eclatante tra quelli noti prima della sparizione di Kata: un ecuadoregno, temendo di essere ucciso, preferì lasciarsi cadere in strada da una finestra, come hanno poi ricostruito gli investigatori della squadra mobile.
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Un clima di violenza che si è radicato nei mesi dell’occupazione abusiva — fatta risalire al settembre 2022 — e che si stava consolidando con vedette sui muri, guardiani agli accessi, controllo interno. Da quell’hotel è scomparsa, pochi giorni dopo quel fatto violento, proprio Kata: la struttura è stata perlustrata più volte dai carabinieri del Nucleo investigativo anche con i cani molecolari. Ma la bambina di cinque anni sembra sparita nel nulla.
3. L’ACCUSA DEL GIUDICE «SCONTRI VIOLENTI NELL’EX ALBERGO MAMMA E PAPÀ HANNO TACIUTO»
Estratto dell’articolo di Alessandro Fulloni per il “Corriere della Sera”
L'ULTIMA IMMAGINE DI KATA FUORI DALL'HOTEL ASTOR A FIRENZE
[…] Risse, pestaggi, minacce. Gli inquirenti parlano di «faide tra i parenti della famiglia Alvarez e gruppi di peruviani, ecuadoregni e romeni che occupavano l’hotel per il possesso e la gestione illecita delle stanze per le quali erano richieste», dietro brutalità e percosse, «somme di denaro».
Il sequestro dei cellulari dei genitori serve dunque a capire se vi siano mail, messaggi o chat utili alle ricerche. Il pesantissimo dubbio, citato nello stesso decreto di perquisizione, è che la mamma e il papà di Kata possano aver ricevuto da qualcuno importanti informazioni sul rapimento ma abbiano preferito non riferirle durante gli interrogatori.
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Quando il 10 giugno scorso la peruviana rincasa dal lavoro — è una colf — non trova, come invece si aspettava, la figlia in cortile con gli altri bimbi. La cerca, vanamente, per i tre piani dell’ex albergo e poi corre a sporgere denuncia. Sostiene di non sospettare di nessuno e si limita a dire di avere avuto, a partire da marzo, delle liti con altre famiglie peruviane e rumene per «motivi di convivenza».
Incomprensibilmente tace del tutto sui pestaggi e le punizioni che ruotano attorno al racket degli affitti. E addirittura nulla rivela di quel che è successo una decina di giorni prima, la sera del 28 maggio, quando un uomo, l’ecuadoregno Santiago Medina Pewlaz, sui trent’anni, per salvarsi dalle sprangate di chi voleva cacciarlo dall’Astor ha preferito lanciarsi nel vuoto, dall’appartamento 306 al secondo piano, restando miracolosamente vivo.
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Di quella «squadraccia» armata di mazze da baseball e tubi di ferro […] che quella sera ha terrorizzato alcune famiglie faceva parte anche lo zio materno di Kata, Abel Alvarez Vasquez, detto «Dominique». La scena descritta dalle carte è questa: qualcuno grida «sales afuera ». Parole brutali indirizzate a Pewlaz, prima in spagnolo e poi pure in italiano: «Esci fuori!». Poi altre frasi così: «Cane di m... t e matamos! Ti ammazziamo».
A urlare minaccioso fuori dall’appartamento 306 è un uomo sulla quarantina, il peruviano Carlos Martin De La Colina Palomino. Tatuato, un po’ di pancia, capelli corti, lo chiamano Carlos. O Charlocho. Violento, modi rudi e spicci, dice in giro che lui è «el duegno» — il «proprietario» — dell’hotel Astor. Charlocho — irreperibile — vuol cacciare la folta famiglia dei Barbosa, mariti ed ex mariti, mogli, una nonna, bimbi, fidanzati — per fare entrare altri nuclei che possono pagare di più. Cifre che, non solo in questo caso, si sono moltiplicate vertiginosamente passando da 100 euro mensili a 800/900. Fatto sta che fuori dalla porta si radunano Charlocho, Dominique — poi riconosciuti dai testimoni ascoltati in Procura — e gli altri. I Barbosa si nascondono, barricandosi nelle loro camere.
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Santiago, che è mezzo brillo, apre, convinto che gli aggressori vogliano solo parlare. Ma viene subito colpito dalle sprangate. « Te matamos, te matamos... ». Indietreggia, la compagna si frappone tra lui e gli assalitori che vorrebbero bastonare pure lei ma è Dominique a risparmiarla: «Fermi tutti, è una donna!».
[…] Dominique nel frattempo terrorizza altre persone, prende un vecchio per il collo e lo trascina giù per le scale. A un altro uomo ruba il portafogli con 900 euro. Ma i genitori di Kata? Le carte dicono che il padre era in prigione per altre questioni. Però il 23 marzo precedente, con il fratello e la compagna, aggredisce uno dei Barbosa, che li denuncia. I due fratelli lo prendono a calci e pugni e la donna lo graffia con le unghie sul braccio sinistro e sulla faccia. Fatti di cui agli investigatori ha preferito non dire nulla.
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