Luigi Ferrarella per il “Corriere della sera”
stefano binda
Tre anni e mezzo di carcere prima di veder ribaltare in assoluzione a Milano l' ergastolo inflittogli in primo grado a Varese per l' assassinio il 5 gennaio 1987 della 21enne ex compagna di liceo Lidia Macchi: ma forse nemmeno il 51enne Stefano Binda sa che questa sua assoluzione sarebbe potuta non arrivare mai se 35 giorni fa - senza che si sia mai saputo - altri «giudici» un po' particolari, quelli del Comitato per l' Albo dei Periti, non avessero stoppato e rigettato l' inusuale richiesta della Procura Generale di far fuori dall' Albo, per asserita incompetenza, proprio la consulente grafologica della difesa di Binda, Cinzia Altieri.
STEFANO BINDA - LA CANZONE PER LIDIA MACCHI
Cioè colei che, altrimenti, giovedì scorso non avrebbe potuto sostenere il confronto chiesto dalla Corte con la consulente d' accusa, Susanna Contessini, sull' attribuibilità o meno alla grafìa di Binda di «In morte di un' amica»: poesia anonima che a Varese fondò l' ergastolo, e che ieri - all' opposto - deve invece aver fondato l' assoluzione.
Sulla busta della lettera spedita alla famiglia Macchi il 9 gennaio 1987, che l' accusa indicava tratta da un quaderno ad anelli a casa di Binda, e dal cui testo riteneva (sulla scorta della psicoterapeuta Vera Slepoj) di trarre quasi la cronaca in diretta di un delitto preceduto da violenza sessuale, c' è un Dna che non è di Binda; così come le 4 formazioni pilifere, trovate dopo 30 anni sul pube della salma riesumata, non sono di Binda. Ecco perché già in primo grado le perite avevano battagliato sulla riconducibilità della lettera alla grafìa di Binda, contro il quale (allora drogato) l' accusa valorizzava l' aver lui detto che non vedesse Lidia da 3 anni (non vero), l'«aver dato sei alibi diversi» ad avviso della pg Gemma Gualdi, e il tenere a casa appunti come «Stefano è un barbaro assassino» o «caro Stefano sei fregato».
lidia macchi
Dietro le quinte, alcuni mesi fa la pg Gualdi presenta un esposto al Comitato Albo Periti (formato da una giudice civile, un pm, un avvocato e un delegato di Camera di Commercio) e chiede di verificare il requisito di «speciale competenza tecnica» proprio della grafologa di Binda e proprio per il suo lavoro in primo grado «manifestamente privo di scientificità» e «palesemente preordinato» pro-difesa.
In più la pg addita l' assoluzione nel 2016 in Appello di un dipendente Bankitalia condannato all' inizio per due firme ascrittegli dalla consulente, una delle quali mentre l' uomo era in Africa; e rimarca lo «stato di obnubilamento» addotto dalla perita nel 2015-2016 per dilazionare due perizie. Ma il Comitato il 19 giugno respinge l' esposto perché «non è indice di incapacità professionale» della perita (assistita dal legale Corrado Limentani) «l' aver sostenuto con veemenza le proprie conclusioni» nel primo grado di Binda; perché l' assoluzione del dipendente Bankitalia non dipese dalla presenza in Africa; e perché «le difficoltà del 2015-2016» furono dovute a «temporanei problemi di salute».
Così una settimana fa la consulente dei difensori Sergio Martelli e Patrizia Esposito può ancora dire la sua sulla lettera fondamentale per Binda. Non ha invece avuto impatto sull' assoluzione, causa sua inutilizzabilità, l' irrituale testimonianza «de relato» dell' avvocato varesino Piergiorgio Vittorini, pur lasciato parlare giovedì in aula sull' anonimo cliente che nel 2017 gli disse di aver scritto la lettera ma gli vietò di rivelarne l' identità.
2 - «ABBRACCIO MAMMA ORA UNA SUPER FESTA 4 ANNI SONO LUNGHI»
Andrea Camurani per il “Corriere della sera”
stefano binda
«Sì mamma, sì, è tutto vero: l' hanno assolto! Assolto! Adesso te lo riporto a casa». Sono da poco passate le 19. L' ora della nuova sentenza. La sorella maggiore di Stefano Binda, Patrizia, ha 55 anni ed è distrutta; ma la giornata non è finita, e lei è impaziente. Rimane la parte più importante. Bisogna uscire da Milano nell' ora di punta e correre a Busto Arsizio fuori dal carcere, per abbracciare il fratello che a caldo, dopo la lettura della sentenza, non è riuscito a dire nulla, proprio nulla, se non qualche frase legata all' emozione. «Stefano sei libero» gli ripetono i giornalisti.
E lui: «Non saprei cosa dire... Forse avremo modo in futuro di...» ma subito viene portato via dagli agenti della penitenziaria che lo riparano dai flash e dai microfoni. Esce dal carcere alle 22.40, in auto, con sé ha un sacchetto pieno di libri.«Un abbraccio alla mia mamma che ha sopportato tutto questo negli ultimi anni. Ma un abbraccio lo voglio mandare anche alla mamma di Lidia.
lidia macchi
Ora ci prepariamo a fare una super festa di compleanno a Stefano, che il 12 agosto compirà 52 anni» dice Patrizia nel viaggio di rientro a casa fra una telefonata dietro l' altra e parecchie lacrime. «Sono così contenta che le cose brutte le sto già dimenticando tutte quante... ma sono quattro anni, quattro lunghi, infiniti anni che patiamo, un dolore dopo l' altro, a cominciare dalle prime perquisizioni della squadra mobile nel luglio 2015, e da allora in poi, sempre la polizia in casa, agenti in giro per le stanze a tutte le ore del giorno...». Ora è finita. «Sì, è finita. E ancora non mi sembra vero».
LIDIA MACCHI
A casa, nella villetta su due piani di via Cadorna, a Brebbia, sono pronti gli striscioni fatti da mamma Mariuccia e dal nipote Jonathan: cuoricini e «Ben tornato Stefano». Mentre fuori dal carcere di Busto Arsizio, arrivano gli amici dell' associazione culturale «Magre Sponde» che hanno sempre creduto nell' assoluzione e in passato avevano dato vita a una raccolta fondi a sostegno delle spese legali e della famiglia. «Lo riportiamo a casa» dice Francesco Porrini, presente in aula, unitosi al corteo di auto partite da Milano.
«Credo che Stefano non vorrà darsi alla pazza gioia. Conoscendolo, vorrà stare da solo.
Ero stato a trovarlo sabato per sostenerlo prima dell' ultima prova: non è capace di fare un uovo al tegamino, figuriamoci se a 19 anni era in grado di ammazzare una persona».
lidia macchi stefano binda
L' ex detenuto Binda torna dunque alla vita di tutti i giorni dopo la custodia cautelare durata tre anni e mezzo (dal 15 gennaio 2016), durante la quale si è distinto per aver aiutato molti detenuti tra cui anche Alexander Boettcher, uno della «coppia dell' acido», durante il primo periodo di reclusione trascorso nel penitenziario milanese di San Vittore. Si occupava della biblioteca, ha lavorato a uno sportello di consulenza legale per i carcerati ed era in procinto di preparare una messa tradotta in inglese, una lingua che Binda padroneggia dopo averla studiata e coltivata, per i compagni di cella stranieri.
MAMMA DI LIDIA MACCHI LIDIA MACCHI
Scontata la soddisfazione dei suoi difensori: «Ci aspettavamo questa sentenza» dicono Patrizia Esposito e Sergio Martelli. Perché? «Perché eravamo convinti della totale innocenza di Stefano Binda».
lidia macchi LIDIA MACCHI