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    CHI TOCCA L'ISLAM RADICALE MUORE (O QUASI) - IN FRANCIA STA FACENDO MOLTO DISCUTERE UN REPORTAGE GIORNALISTICO DA ROUBAIX CHE HA SVELATO LEZIONI CORANICHE CAMUFFATE DA CORSI DI RECUPERO E INTERI QUARTIERI IN MANO AGLI ESTREMISTI: LA PRESENTATRICE OPHÉLIE MEUNIER È STATA MINACCIATA DI MORTE DOPO LA MESSA IN ONDA DEL SERVIZIO - IL CANDIDATO DI ESTREMA DESTRA ZEMMOUR CI MARCIA: "ABBIAMO L'AFGHANISTAN A DUE ORE DA PARIGI"


     
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    Stefano Montefiori per il "Corriere della Sera"

     

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    Tre persone vivono da giorni nascoste e sotto la protezione della polizia per le minacce ricevute dopo un trasmissione sugli islamisti a Roubaix. La Francia si preoccupa per la loro sicurezza e si interroga sulla possibilità di raccontare e denunciare ancora le derive dell'Islam radicale senza rischiare la vita. Inchiesta tv su Roubaix, nel Nord della Francia, al confine con il Belgio.

     

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    La conduttrice Ophélie Meunier presenta il reportage realizzato dalla regista Michaëlle Gagnet per la serie delle rete M6 «Zone interdite», zona proibita. Un giovane avvocato del posto, Amine Elbahi, racconta delle lezioni coraniche camuffate da corsi di recupero (forse con la complicità del municipio), poi la telecamera nascosta entra in un negozio per bambini dove si vendono bambole senza volto, per non fare dispiacere ad Allah, e una ragazza velata racconta che quei pupazzi vanno a ruba e alle bambine in fondo non dispiacciono, «basta non dare tante spiegazioni».

     

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    In giro molte donne quasi totalmente coperte dal velo, alcuni quartieri sono visibilmente in mano ai musulmani radicali e Amine Elbahi denuncia l'inazione dei politici e il proselitismo degli islamisti, che sei anni fa sono riusciti ad arruolare sua sorella, partita per la Siria.

     

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    La trasmissione provoca subito forti polemiche anche perché la questione dell'islamismo è al cuore della campagna elettorale per l'Eliseo (si vota ad aprile), con il candidato di estrema destra Éric Zemmour che punta tutto sulla promessa di salvare la Francia dal presunto grand remplacement, la «grande sostituzione» dei francesi a opera degli immigrati in maggioranza musulmani teorizzata anni fa dallo scrittore Renaud Camus (e mai confortata dai numeri).

     

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    Zemmour non si lascia sfuggire l'occasione e definisce la Roubaix raccontata da «Zone interdite» come «l'Afghanistan a due ore da Parigi». Poche ore dopo la messa in onda del programma, domenica scorsa, arrivano le minacce di morte.

     

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    Da allora Ophélie Meunier, celebre volto della tv francese, Michaëlle Gagnet e Amine Elbahi vivono sotto protezione. Dopo un paio di giorni di distrazione generale, la questione diventa di primo piano perché riguarda non solo le tre persone minacciate ma i media in generale e tutta la società francese: impossibile fare informazione, descrivere la realtà mostrando i pericoli dell'islamismo radicale, se gli autori delle inchieste rischiano la vita.

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    Le minacce di Roubaix servono a intimidire chiunque abbia in mente di seguire l'esempio di «Zone interdite». Un giornalista che testimonia durante la trasmissione, Bruno Renoul del giornale regionale La Voix du Nord, dice che «indagare sull'islamismo equivale a farsi bollare immediatamente di islamofobia, accusa non facile da digerire».

     

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    In difesa di Ophélie Meunier e degli altri minacciati e sotto protezione, molti media francesi si stanno mobilitando. Sul Figaro 160 personalità, tra le quali gli scrittori Boualem Sansal, Frédéric Beigbeder e Michel Onfray, firmano un intervento nel quale si legge «Siamo in Francia, nel 2022. Che cosa resta dello spirito Charlie (in riferimento al giornale Charlie Hebdo, bersaglio dell'attentato islamista del 7 gennaio 2015, ndr)? Siamo abituati ai giornalisti in pericolo nelle zone di guerra e negli Stati totalitari. Dobbiamo abituarci anche a leggere che giornalisti francesi sono costretti a essere protetti dalla polizia perché hanno svolto un'inchiesta nel loro Paese?».

     

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