Valerio Cappelli per il "Corriere della Sera"
BOHEME
Una Bohème che profuma di Truffaut e delle insofferenze romantiche riflesse negli antieroi dei suoi film.
«Sì, c'è il clima della Nouvelle Vague e di Truffaut, nella Parigi degli Anni 60 ma niente di calligrafico», dice Michele Mariotti (43 anni a maggio, nuovo direttore musicale dell'Opera di Roma). Si trasloca di oltre un secolo, «ma c'è grande attinenza al testo».
A febbraio dunque si girerà per la Rai, prodotta dall'Opera di Roma, il film (in bianco e nero) La bohème . La regia è di Mario Martone che riprende l'idea dei due fortunati spettacoli romani in tv (Barbiere e Traviata ) sotto lockdown: il teatro nel teatro. Stavolta si va nei magazzini del Costanzi in via dei Cerchi, che ospitano laboratori di falegnameria, costumi e oggetti di scena con cui i giovani cantanti, usandoli, «dialogheranno»: il camino, per dire, è di un vecchio allestimento. «Non c'è un'idea totalitaria di realismo».
mario martone
Rodolfo è Jonathan Tetelman, Mimì è Federica Lombardi e Musetta, Valentina Nafornita«C'è l'idealizzazione dell'amore che si scontra con la durezza della realtà; c'è la paura ad assumersi la responsabilità del rapporto di coppia, in una Parigi che cambia. E' un gruppo di ragazzi, figli di persone facoltose che hanno chiuso i rubinetti e si trovano ad affrontare la vita». Mariotti negli stessi giorni all'Opera di Roma, l'8 febbraio, riprende Luisa Miller «di» Damiano Michieletto («l'esplosione mai avuta di quest' opera di Verdi è incomprensibile»).
E' il teatro di cui diventa direttore musicale, dopo Daniele Gatti. «Il contratto parte in autunno ed è di tre opere per quattro anni. Sono all'antica, sarò la figura di riferimento che sceglie una casa. Il sovrintendente Francesco Giambrone ed io dobbiamo essere una mente unica, e con Alessio Vlad in passato ho avuto ottima sintonia, la sua riconferma come direttore artistico è uno dei temi da affrontare».
LA BOHEME DI MARIOTTI E VICK
Si lavorerà in continuità con la gestione di Carlo Fuortes (ora ad alla Rai), prestando anche attenzione ai nuovi registi?
«Certo. Credo in un teatro come specchio della realtà, la scelta dei titoli attinge da tematiche attuali. Penso a I Dialoghi delle Carmelitane di Poulenc con la regia di Emma Dante che aprirà la prossima stagione, c'è il tema del fanatismo ma politico, non religioso, e la forza di credere nelle proprie idee che vince la paura della morte.
Quanto ai registi, vorrei debuttare con Kosky, Bieito e Warlikowski. La regia moderna non è un cubo rovesciato che magari nasce già vecchio, spesso si confonde la scenografia col nuovo linguaggio».
michele mariotti
Mariotti è tra i maggiori talenti della generazione dei quarantenni. Ex direttore musicale al Comunale di Bologna, è figlio del fondatore del Rossini Opera Festival (Rof), Gianfranco Mariotti. Morbido come il suo gesto sul podio ma determinato nelle idee musicali, era molto legato ad Abbado che gli lasciò una delle sue bacchette.
Dice che le opere dove non si arriva mai preparati sono la trilogia italiana di Mozart-Da Ponte («lì prevale l'infinitezza»); si sente in balia della nostalgia di una perfezione che non si raggiungerà mai («da giovane ti sembra tutto alla tua portata, ora sono ipercritico, quando mi riascolto non mi piaccio mai»); sull'isola deserta porterebbe il titolo che lo riporta a quando studiava composizione, Wozzeck : «Berg attinse al dramma di Büchner, che aveva 20 anni quando scrisse di voler lottare contro la società che faceva diventare gli uomini animali da corvée, buoni solo per la fatica. Avevamo la stessa età e mi sentii così piccolo davanti a lui».
michele mariotti
Mariotti ha passato l'adolescenza a Pesaro, dietro le quinte degli spettacoli al Rof, accanto a macchinisti ed elettricisti, dove ha capito l'importanza del gioco di squadra. «Ricordo il portiere che abbracciò mio padre dopo lo storico Viaggio a Reims di Abbado e Ronconi e tutti i big nel cast. Ho un ricordo vivo, forte e malinconico di quegli anni. Le mie giornate in teatro nascevano dal dolore, mia madre era malata di tumore, andare lì era uno sfogo, una fuga dalla realtà. In La grande bellezza di Sorrentino, Jep Gambardella ricorda l'odore degli abiti di sua madre. I miei amici, da ragazzo, mi chiedevano: perché non vieni con noi al mare, cosa fai sempre in teatro... Volevo sentire l'odore del velluto del palco. Io sono condannato alla sensibilità».
Francesco Giambrone carlo fuortes marisela federici francesco giambrone foto di bacco Michele Mariotti