Gigi Garanzini per "la Stampa"

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Cambiando l' ordine degli addendi la somma non cambia. Ma quando su 11 ne cambi 8, nel football che non è una scienza esatta, e poi, già che ci sei, altri 5 senza che il prodotto faccia un plissé, beh, non ti resta che alzarti ad applaudire. Primo perché è un primato assoluto, a questo livello.

Secondo perché ha coinciso con l' aggancio al record di imbattibilità azzurra che risaliva, nientemeno, alla preistoria di Vittorio Pozzo. Terzo perché portare alla ribalta tante alternative di livello ha sempre significato, almeno nella tradizione di casa nostra, arricchirsi da un lato e crearsi problemi dall' altro.

Ma di statistiche, luoghi comuni e scaramanzie assortite Roberto Mancini, con tutta evidenza, non sa che farsene. A lui interessava testare, in una partita dai rischi assai limitati, il livello di compatibilità con i titolari del maggior numero possibile di alternative.

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Da una parte. Dall' altra alzare ancora il coinvolgimento di chi da qui in poi non avrà, ragionevolmente, altre occasioni.

Missioni compiute. Bastoni, che a occhio dovrebbe aver scavalcato Acerbi, Chiesa, Pessina, Belotti, e non solo, adesso sanno più di prima di poter essere chiamati in causa in qualsiasi momento. Raspadori e Castrovilli magari un po' meno, ma intanto hanno preso parte a un Europeo.

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Poi c' è Verratti, si capisce. Che dopo un mese e mezzo di inattività ha impiegato sì e no un quarto d' ora per ritrovare la sua dimensione, che è quella di uno dei migliori playmaker d' Europa. Per come è sempre dentro il gioco, per come lo sa cucire, per la qualità con cui lo rifinisce, vedi la palla del gol mirata al centimetro sull' interno destro decisivo di Pessina. Chi uscirà per far posto a Verratti?

Immagino dipenderà anche dalle caratteristiche degli avversari: ma poter ruotare Jorginho, Barella, Verratti e Locatelli, senza dimenticare Pessina, in un torneo certamente dispendioso e sperabilmente lungo, sarà un problema per gli altri. Assai prima che per Mancini.

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