Francesco Spini per ''La Stampa''
Lunedì, nel corso di una telefonata riservata a fondi e grandi investitori, Adrien de Saint Hilaire, responsabile della ricerca europea sul settore media di Bank of America Merrill Lynch, parla di Vivendi. Dice: «Mi sembra piuttosto chiaro che ci sono due situazioni molto differenti» per i francesi.
YANNICK E VINCENT BOLLORE
«Una è su Mediaset, da cui vogliono chiaramente uscire. Sono stati molto vicini a finalizzare un accordo con Mediaset e Fininvest per tre volte. E per tre volte l' accordo è saltato: mi è piuttosto chiaro che vogliono uscire», rimarca. L' altra situazione riguarda Tim, ma in questo caso, spiega de Saint Hilaire, per Vincent Bolloré le cose si stanno rimettendo in carreggiata.
Le parole dell' analista servono a ragguagliare chi - tra gli investitori accreditati - non ha potuto essere presente su quanto emerso nel corso della «Telecom & Media Conference», una riunione a porte chiuse dedicata agli operatori di mercato che si è svolta a Londra tra il 18 e il 20 giugno scorsi, all' hotel Rosewood.
Gli incontri al Rosewood
pier silvio berlusconi
A discutere con la platea, prima in sessione plenaria, poi con incontri di persona, c' erano i vertici delle principali società di telecomunicazioni e media. Tra gli altri c' erano l' ad di Tim, Luigi Gubitosi, il numero due di Orange, Paul de Leusse, e per l' appunto Arnaud de Puyfontaine, ad di Vivendi.
Quest' ultimo ha parlato in sessione plenaria tra le 9.20 e le 10 del 19 giugno, poi si è dedicato ai tête-à-tête. Che cosa abbia detto agli investitori incontrati di persona è un mistero. I contenuti della conferenza londinese fanno il giro del mondo, vengono discussi dal media team di Bofa Merrill Lynch tra Dublino, Milano, Parigi, New York, Boston, Bruxelles, Los Angeles e San Francisco. Il tutto si chiude il primo di luglio con il riassunto dell' analista «padrone di casa» che dà per «chiara» l' uscita dei francesi da Mediaset, di cui hanno il 9,6% direttamente e un altro 19,1% attraverso Simon Fiduciaria.
DE PUYFONTAINE BOLLORE
Quando la conferenza il 20 giugno termina e comincia la sua «coda» in giro per il mondo, Mediaset chiude ai massimi dell' ultimo anno a 3,03 euro, ma nei giorni successivi - suscitando curiosità sul mercato - inanella sedute in rosso, fino a toccare un minimo di 2,84 euro, il 2 luglio, non molto distante da quei 2,77 euro, fissati da Mediaset come recesso per chi non volesse aderire al progetto della holding europea Media for Europe (Mfe).
Il titolo riprende a risalire solo dopo la presentazione dei palinsesti televisivi e le indiscrezioni sull' interesse di alcuni broadcaster per Mfe. Fatto sta che dal 20 giugno a mercoledì il titolo Mediaset, senza particolari motivi, perde il 6% e rotti mentre l' indice Ftse Mib avanza del 2,55% e l' indicatore europeo del settore media cede solo lo 0,68%.
Il nodo del recesso
mediaset prosiebensat
Interpellati, da Vivendi non commentano. Di certo finora i francesi non hanno venduto. Potrebbero farlo in futuro o attendere di esercitare il recesso: i francesi, che hanno i titoli (acquistati a 3,7 euro) in carico a 2,7 euro, sono attesi al varco su Mfe. In teoria se esercitassero il recesso (anche se il prezzo in Borsa oggi è più alto, a 2,86 euro) col loro 30% potrebbero far saltare l' operazione, visto che Mediaset ha posto il limite di esborso a 180 milioni di euro. Ma Cologno, come ha ribadito martedì l' ad Pier Silvio Berlusconi, ha pronti gli "anticorpi", con l' interesse di investitori pronti a subentrare.
Vivendi, d' altro lato, prosegue la battaglia contro la propria esclusione dall' ultima assemblea che ha varato il voto maggiorato. Martedì ha chiesto al cda di riconvocare una nuova assemblea e ha chiamato Consob a soccorso. Ieri ha aggiunto il ricorso al Tribunale. Nell' atto di citazione, però, non ha chiesto la procedura d' urgenza.
Morale: il giudice ha già fissato la prima udienza il 27 novembre, ben oltre il 4 settembre, quando la doppia assemblea in Italia e in Spagna dovrebbe sancire la nascita della nuova Mediaset europea.