1. RENZI INCASSA IL PRIMO ROUND "QUESTA È UNA COSA ENORME E SIAMO SOLTANTO ALL' INIZIO"
Fabio Martini e Francesca Schianchi per ‘La Stampa
Costi quel che costi, la campagna contro Banca d' Italia Matteo Renzi l' aveva pianificata da settimane e ora, davanti alle contraddizioni tra le due "vigilanze", il leader del Pd pregusta di andare all' incasso: «È una roba enorme e siamo solo all' inizio...». All' inizio di qualcosa che va a parare fino a dove? E fino a chi? In queste ore, a chi gli chiede se l' accertamento dei fatti, possa finire per lambire il riconfermato Governatore Visco, il segretario del partito democratico non risponde.
draghi renzi
E invece, allargando il campo, aggiunge: «Sapevo che sarebbe finita così...». Una risposta ambivalente, che lascia aperte tutte le strade. Con un Renzi che non sembra aver paura di toccare i fili dell' alta tensione, perchè - dice lui - «io non ho scheletri nell' armadio. Il nostro Pd è pulito».
Dunque, la Commissione Banche come arma da spendere in campagna elettorale. Ma anche come arma di difesa, come fuoco preventivo in vista delle "beghe" di Banca Etruria, sulla quale Renzi ignora se esistano misteriose "carte" supplementari in mano ai suoi detrattori.
Ma andando alla "guerra", il leader del Pd è ben consapevole di essere destinato ad entrare in collisione con una delle scelte più delicate e più contrastate del governo: quella conferma alla guida di Bankitalia di Ignazio Visco che è stata decisa dal presidente del Consiglio, è stata benvista dal Capo dello Stato e dal presidente della Bce. Ecco perché in queste ore Renzi ci tiene a ripeterlo: «La nostra azione non è contro il governo».
DRAGHI cazzia RENZI web
Ma davanti a una crisi di Bankitalia, la rotta di collisione Renzi-Gentiloni diventerebbe oggettiva, quasi irriducibile. Ma è anche una deriva non scontata e infatti in questi giorni chi ha vissuto fianco a fianco agli uomini di Renzi nella Commissione Banche, ha la netta sensazione che l' unica strategia sia quella di lasciarsi aperta ogni strada. Dice Bruno Tabacci, una comprovata competenze sulle questioni bancarie: «Da come si muovono i commissari del Pd a me pare che non ci sia un' idea precisa, una strategia preordinata, ma un continuo aggiustamento».
Per arrivare a far dimettere Visco o addirittura per chiamare in causa il presidente della Bce? Nelle chiacchierate informali ai margini della Commissione, l' idea di convocare Draghi è circolata anche ieri e il capo-delegazione del Pd, il presidente del partito Matteo Orfini, lascia aperta la strada: «Onde evitare di trasformare questa commissione in un ring politico abbiamo deciso sempre insieme chi audire, non ci sono veti».
renzi visco gentiloni mattarella
E d' altra parte la prossima settimana il programma della Commissione prevede di occuparsi del Monte dei Paschi, vicenda complessa che comprende anche l' acquisizione da parte dell' istituto senese di Antonveneta ad un prezzo esorbitante. Quando il Governatore della Banca d' Italia era Draghi. Su Monte dei Paschi basteranno le due-tre settimane preventivate o le richieste di audizioni avanzate dal Pd allungheranno i tempi?
Qualcuno ha visto un intento dilatorio anche nella richiesta, sempre del Pd, di audire l' ex patron della Banca di Vicenza, Gianni Zonin, indagato e come tale sconsigliato da altri commissari. Dietrologie probabilmente eccessive perché sarà difficile per la Commissione Casini chiudere i propri lavori senza occu parsi delle "quattro banche", a cominciare da Etruria.
2. UN' OCCASIONE PER LA RIFORMA
Federico Fubini per il ‘Corriere della Sera’
VISCO DRAGHI
Se lo scambio di accuse di ieri fra le autorità di vigilanza sembra senza precedenti, vale la pena di partire dal progenitore di tutti gli antefatti. Nel 1921 e nel 1922 l' Italia era attanagliata da una serie di crisi bancarie. La Banca di Sconto fu travolta da una corsa agli sportelli dopo che l' armistizio aveva posto fine alle commesse belliche dell' Ansaldo, suo indebitatissimo cliente e azionista di controllo. E quando Benito Mussolini si impadronì del potere l' anno dopo, il sistema finanziario e la credibilità delle istituzioni erano scosse dal dissesto del Banco di Roma.
Per fortuna l' Italia di oggi è diversa, anche se non mancano certe assonanze. Un giovane laureato torinese, Piero Sraffa, criticò in un articolo il capitalismo di relazione, l' abuso dell' ignoranza dei risparmiatori e l' abitudine di scaricare sullo Sato i costi dei dissesti. Mussolini reagì obbligando Sraffa all' esilio a Cambridge, dove sarebbe diventato uno dei grandi economisti del '900.
Pietro Sraffa
Oggi naturalmente non rischiamo una replica di questa trama, ma continua ad agire sul sistema la lezione che il maestro di scuola di Predappio trasse da quell' esperienza: le crisi bancarie fanno cadere i governi. Per questo quando negli anni '30 la Grande Depressione minacciò anche la Banca Commerciale e il Credito Italiano, il duce assegnò alla Banca d' Italia un compito preciso: evitare i fallimenti, a tutti i costi.
La stabilità del sistema e dei suoi partecipanti era il mandato preponderante che la Banca d' Italia ha ricevuto allora e si è vista confermare anche in democrazia. È diventato la cultura profonda dell' istituzione. La tutela del risparmio non è mai stata il primo mandato della Banca centrale, né della Consob: alla commissione di vigilanza - che svolga bene o no il suo dovere - la legge chiede che ci sia trasparenza.
Vincenzo Azzolini governatore nel 1930
La Consob ha dato conto che molte delle obbligazioni che le banche vendevano alle famiglie negli ultimi dieci erano rischiose pur offrendo a volte rendimenti inferiori ai titoli di Stato - una truffa - ma non lo ha impedito. In un mondo in cui nessuna banca doveva poter fallire, l' assetto istituzionale non ha mai davvero messo al centro la protezione dei consumatori. Quella avrebbe dovuto essere garantita dal fatto che ai dissesti si sarebbe quasi sempre risposto con il denaro pubblico o l' intervento di altre banche, implicitamente d' accordo con i regolatori.
Quel mondo non esiste più. L' Italia della legge bancaria del 1936 finisce nel 2013, quando la Commissione Ue sancisce che, in caso di aiuto pubblico, gli obbligazionisti devono contribuire alle perdite. La direttiva europea in vigore dal 2016, votata dai governi di Enrico Letta e Matteo Renzi e con l' astensione di Matteo Salvini nel Parlamento Ue, conferma la svolta: il sistema non solo non è più pensato per escludere i fallimenti, ma li prevede esplicitamente come strumento di disciplina.
il bail in europeo cagata pazzesca
Si può discutere se il pendolo non sia andato troppo il là, ma l' assetto istituzionale italiano oggi corrisponde a un mondo scomparso. Il conflitto fra Consob e Banca d' Italia per stabilire chi abbia tradito i risparmiatori riflette questa obsolescenza che ora tocca alla legge - dunque alla politica - risolvere. L' economista Luigi Guiso propone da tempo che si individui un' autorità il cui compito, esplicito ed esclusivo, sia la tutela dei consumatori. Invece di lanciare una caccia al capro espiatorio, la Commissione d' inchiesta ha senso solo se diventerà un' occasione per guardare avanti.