1. RISORGIMENTALE ED UN PO’ GUASCONE
Mario Ajello per il Messaggero
La battuta che gira in Senato: «Ha salvato più maggioranze Denis che gol Buffon». Quando gliela riferiscono, Verdini sorride. Ed è il primo ad esserne convinto. «Siamo stati leali con Enrico Letta, con Renzi e con Gentiloni, nonostante la sua costante indifferenza». Un'indifferenza che a questo punto - specie dopo la promessa del «sono pronto a votare lo ius soli» e mentre ogni voto di Ala sarà oro per la manovra finanziaria a Palazzo Madama - Gentiloni manterrà sul piano formale, ma non su quello sostanziale.
RENZI VERDINI
«Siamo in maggioranza a pieno titolo, e non in maniera fantasma, e in maggioranza resteremo». Così afferma Verdini in quello che è stato il suo show ieri a Palazzo Madama, un super-spettacolo con discorso anche alto come non è facile ascoltare di questi tempi nelle Camere - «Destra e sinistra non ci sono più, la sfida è tra modernità e passato» oppure scimiottando il suo idolo Spadolini: «Se mi candiderò, lo farò in Italia, magari in Lombardo-Veneto perché credo alla maniera risorgimentale nell'Unità del Paese» - e che ha affascinato, ma non lo ammetteranno mai, anche molti di quelli che lo detestano per motivi personali, politici e giudiziari.
NIETZSCHE
I bersaniani lo hanno applaudito quando, da laico, e i laici nel Pd e in Forza Italia spesso faticano ad esserlo fino in fondo, ha annunciato che «se si dovesse votare sul fine vita, io voterei a favore» e sulle unioni civili lui sarebbe stato a sinistra della sinistra più libertaria: «Avrei votato a favore della stepchild adoption». Il personaggio però è ingombrante. Ma se davvero alla fine dopo il voto sarà governo Pd-Forza Italia, Denis si troverà come il topo nel formaggio: «Renzi premier e Gianni Letta sottosegretario sarebbe la soluzione migliore».
VERDINI BERLUSCONI
Ma questo si vedrà. Intanto il Rosatellum esiste, anche, perché esiste Verdini. «E' una legge di compromesso, come l'intera legislatura», così lo definisce e nessuno, anche i grillini che lo trattano come un poco di buono, riesce a dargli torto. Ma il colpo vero Denis l'odiato, ma poi in fondo in fondo apprezzato per il suo realismo magari ruvido ma efficace, lo ha sferrato con l'aiuto di Nietzsche? Di Chi? «Intervengo stamattina - ecco Verdini dal suo scranno - perché nel dibattito sulla riforma elettorale sono stato da chi tirato per la giacca, da chi evocato, da chi insultato. A chi mi insulta non rispondo. Perché voglio parlare solo di politica. Ecce homo!».
E ancora: «Dicono che il Rosatellum sia figlio mio, diciamo invece che è mio nipote». Da quel momento, Verdini è diventato per tutti i fan Zio Denis e insieme Ecce Homo, e il sottotitolo di quel libro è il seguente: «Come si diventa ciò che si è». Verdini è diventato un pilastro della maggioranza attuale e vuole esserlo anche di quella, se mai ce ne sarà una, che verrà: «Ma ora - dicono i suoi - è convinto che prima delle elezioni siciliane non bisogna muoversi. Tutto si deciderà, per noi e per gli altri, successivamente».
RENZI VERDINI BERLUSCONI
DIETRO LE QUINTE
Sarà Verdini, uno che queste operazioni le sa fare ma sempre da dietro alle quinte e mai come giocatore di prima linea, a mettere insieme la terza gamba, oltre a Forza Italia e Lega, che serve alla strategia berlusconiana per la vittoria, ossia quell'unione di partitini, di sigle, di movimenti, di centristi e di laici, che possono rendere più larga la coalizione di centrodestra. «Calma, ragazzi, calma: anche questo si vedrà», dice Ecce Homo ai suoi.
E nel caso si dovesse fare un'alleanza renzusconiana, che lascia fuori la Lega e che ha bisogno di numeri più comodi di quelli che potrebbe avere o non avere, Zio Denis non si sottrarrà al senso di responsabilità. Cioè a fare ancora «il grillo parlante del riformismo» - auto-definizione - «quello che ha aiutato spesso il Pd a sconfiggere il massimalismo post-comunista». Dai banchi del Pd, qualcuno lo avrebbe voluto abbracciare a baciare dopo il discorso (qualche berlusconiano come Giro lo ha fatto). Ma non si può baciare il rospo, anche se piace tanto.
2. CINISMO E FURBIZIA
Filippo Ceccarelli per la Repubblica
È giusto e anche utile convincersi che i mostri non esistono, tanto meno in politica, e nel potere meno che meno. Però l' Italia si merita un Verdini? La risposta è sì, purtroppo, anche se per certi aspetti è una specie di fortuna che ci sia, e comunque Denis Verdini si è messo a disposizione e il pensoso premier Gentiloni se l' è preso. Amen.
VERDINI
Giusto due anni orsono, era l' ottobre del 2015, sul trespolo Sky di Maria Latella tra una chiacchiera e l' altra l' ex Orco del Patto del Nazareno si era esibito, va da sé senza alcuna vergogna, in un ispirato gorgheggio: «La maggioranza, sai, è come il vento...». E ieri il vento l' ha reso decisivo nel far passare l' ennesimo capolavoro legislativo, in tal modo salvando la patria e ancor più il governo dallo schianto.
L' esperienza consiglia di non lasciarsi troppo ingannare dalle orgogliose rivendicazioni sul contributo da lui reso e dai suoi alle unioni civili o sull' impegno a proposito dello Ius soli. Con lo stesso slancio Verdini avrebbe potuto tranquillamente votare una legge a favore delle unioni incivili, come pure per il ripristino della schiavitù. Sul realismo politico e le sue applicazioni, da Hobbes in poi, esiste del resto la più vasta letteratura. Ma se all' antico cinismo dell' homo homini lupus si assomma la vacuità post-ideologica di questo tempo sciaguratello, beh, l' effetto è doppio, e non saranno le reiterate esibizioni canore o magari il negoziabile sostegno alla legalizzazione della cannabis a nasconderlo.
Ieri, in aula, Verdini ha anche ricordato la sua antica militanza repubblicana e un altro accenno, per quanto ipotetico e paradossale, ha fatto al proposito di battersi perché l' Italia resti unita. Ma al dunque nessuno più di lui ha meglio assecondato la trasformazione della Repubblica in monarchia berlusconiana; per non dire che ha incoraggiato i capricci del sovrano fino a tagliarsi i baffi dato che Re Silvio non si fida di chi li porta.
GIANNI LETTA
Dopo di che ha mollato la corte di Arcore e si è spostato sul lato in ombra del giglio magico, dove pure esisteva un certo pregresso, per infine proclamarsi in letizia "l' idraulico di Renzi". E tuttavia è vero che per spostare qualcosa dentro i palazzi del potere è indispensabile sporcarsi le mani, talvolta fino ai gomiti e oltre; e se si è fatto un passo avanti sul piano dei diritti civili, o se c' è qualche speranza di sanare un' ingiustizia aprendo un orizzonte a migliaia di cittadini venuti da lontano, beh, ecco che ritorna l' inverosimile rompicapo iniziale: come fare a meno di Verdini utilizzandolo a buon fine?
Con il dovuto azzardo, oltre a incarnare l' eterna ambiguità dell' arte politica, egli sopravvive, resiste e anzi guadagna posizioni perché interpreta l' autobiografia della nazione. Nel senso che tiene in sé il tocco furbo e vistoso della commedia, la propensione intimidatoria al melodramma, l' afflato sinistro della prepotenza, quello destro della più simpatica cialtroneria, oltre all' arte di arrangiarsi, anche troppo, come si potrebbe dedurre dalla sua Maybach, un' automobile da emiri che nessuno della scorta s' azzardava a guidare.
denis verdini
Ieri nell' aula di Palazzo Madama ha fatto il classico numerone. Ma la stessa coraggiosa gigioneria Verdini aveva messa in scena nell' aula del Palazzo di Giustizia in uno dei suoi sei processi, quello della cosiddetta P3. Per cui dopo essersi paragonato al facilitatore di Pulp fiction, Wolf, accortosi che c' erano i giornalisti ha seguitato a darci dentro con Guicciardini e Orson Welles fino a quando il presidente non è stato costretto a intimargli: «Si rivolga a me».
Insomma, dice il vero Verdini quando fa presente che c' è sempre stato. Ma non con Spadolini, con Berlusconi, con Renzi o con Gentiloni: con tutti e con nessuno, quindi principalmente per se stesso. Personaggio e insieme maschera esemplare, proverbiale, ricorrente; insieme prototipo, movente e sintomo; se è consentita una smargiassata intellettualistica, figura ciclicamente archetipale.
denis verdini tweet by alessandro gassmann
Ogni epoca, in altre parole, ha avuto i suoi Verdini; riconoscibili, nelle loro varianti a seconda dell' estetica, della fisiognomica, della geografia e magari, con qualche poetica licenza, perfino della letteratura. Nel caso specifico la capigliatura leonina, l' andatura baldanzosa, il linguaggio spiccio, l' oro al polso, il campo d' azione e l' originaria professione di beccaio (commercio di carne) fanno del più controverso e determinante sostenitore del governo un tipico personaggio da Divina Commedia, di quale cantica pare qui superfluo indicare.
Non molto tempo fa, soffermandosi su certe morbide scarpine di camoscio blu che rifulgevano ai piedi di quel fisico massiccio, il senatore Gotor, Mdp, ha valutato l' incompatibilità antropologica tra Verdini e chissà che cosa. Ma la politica è un' altra cosa, e la teratologia, o scienza dei mostri, un innocuo passatempo in attesa del tutto e del nulla.