DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marco Giusti per Dagospia
E’ un po’ una vergogna vedere un film come “The Bikeriders”, sorta di diario di una generazione di motociclisti americani tra il 1965 e il 1975, diretto dal Jeff Nichols di “Mud” e di “Loving”, interpretato da Jodie Comer e da supermaschi sulle moto come Tom Hardy e Austin Butler, ma mettiamoci anche Mike Faist, Michael Shannon, Norman Reedus, in una sala praticamente vuota. Capisco il calcio, le partite, la poca voglia di andare al cinema, ma pensavo che un film dove una serie di maschi americani non fanno molto oltre a menarsi e andare in moto potesse attirare qualche spettatore in più.
TOM HARDY AUSTIN BUTLER The Bikeriders
Costruito attorno al libro di memorie di un giovane fotografo, Danny Lyon, interpretato qui dal Mike Faist di “Challengers”, che raccoglie le testimonianze dirette di Kathy, interpretata da Jodie Comer, ragazza del più bello e pazzo del gruppo, il Benny di Austin Butler, “The Bikeriders” non ha quasi una storia. E’ una sorta di elegia del mondo immaginato e perduto che si costruiscono negli anni ’60 un gruppo di bikeriders con delle loro regole attorno al sogno americano di libertà e movimento. Il capo del gruppo, Johnny, è un incredibile Tom Hardy che prende dal Marlon Brando de “Il selvaggio” il suo modello di comportamento e le sue poche certezze.
Difesa del gruppo, difesa delle donne che entrano nel gruppo da possibili assalti interni, messa in gioco del ruolo di leader a chiamata. Se mi sfidi e vuoi il mio posto scegli tra pugni e coltello e chi vince diventa il nuovo capo. Attorno a lui troviamo, oltre al giovane pazzo Benny, lo scombinato Zipco di Michael Shannon, che avrebbe voluto andare in Vietnam ma non è stato considerato né affidabile né gradito, un più posato Brucie di Damon Herriman, il buffo Funny Sonny di Norman Reedus.
In qualche modo, malgrado i pessimi comportamenti sia sulla strada che nei bar che nelle feste di campagna che nei confronti delle donne, il gruppo di ridebikers di Johnny è composto quasi da idealisti, che sognano un tipo di America pre-Easy Riders che si scontra con la logica dei benpensanti borghesi del tempo, con quella dei falchi della destra e con quella dei fighetti da college che governeranno il paese.
Non facendo il conto, però, con la violenza che l’apertura del club a nuovi iscritti potrà portare soprattutto negli anni post-Vietnam. Al punto da far precipitare le cose e trasformare un piccolo club di motociclisti che sognano libertà e corse in moto in una banda di killer e narcotrafficanti dove non c’è spazio per nessun tipo di ideologia. Per quanto rozza possa essere.
Nichols costruisce un film di gran classe, che prende molto dal cinema cormaniano dei bikers anni ’60, che ebbe una durata in fondo piuttosto breve e che il successo epocale di “Easy Riders” trasformò in qualcosa di diverso e di più politico. Ma l’idea è di ricostruire un mondo e un sogno americano che droghe e Vietnam mandano in frantumi. Tom Hardy parla poco, ma fa un Johnny spettacolare. Ma è bravissimo anche Austin Butler nel suo costruirsi un personaggio alla James Dean. In sala.
AUSTIN BUTLER IN The Bikeriders AUSTIN BUTLER The Bikeriders
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