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    CITTÀ VUOTA (E INUTILE) – LA NUOVA CAPITALE AMMINISTRATIVA DI EGITTO, SOGNO DI POTERE DEL PRESIDENTE AL SISI, POTREBBE APRIRE A GIUGNO – LA FUTURISTA METROPOLI SAREBBE EMERSA DALLE SABBIE DEL DESERTO E PREVEDE VIALI ALBERATI, NUOVE CASE PER CINQUE MILIONI DI PERSONE, LA TORRE PIÙ ALTA D'AFRICA E UN PALAZZO PRESIDENZIALE OTTO VOLTE PIÙ GRANDE DELLA CASA BIANCA – MA IL PROGETTO È PARECCHIO IN RITARDO…


     
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    Viviana Mazza per "il Corriere della Sera"

     

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    Non ha un vero nome, a parte «Nuova Capitale Amministrativa». Così qualcuno ha cominciato a chiamarla Sisi City, la città del presidente.

    Tre anni fa il governo egiziano annunciò che una nuova e futurista metropoli sarebbe emersa dalle sabbie del deserto, a metà strada tra il Nilo e il Canale di Suez, entro il 2022.

     

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    Viali alberati, nuove case per cinque milioni di persone, la torre più alta d' Africa. E ancora un nuovo parlamento, un palazzo presidenziale otto volte più grande della Casa Bianca, una megachiesa, il minareto più alto, ministeri e ambasciate. Il progetto è in realtà piuttosto in ritardo, secondo quanto confermava lo scorso maggio la stessa azienda (controllata dall' esercito) che lo gestisce.

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    «Devo essere onesto, non abbiamo programmato nient' altro che la prima fase» (su tre), diceva al Wall Street Journal il portavoce Khaled El Husseiny. Ieri l' Independent scriveva che il lavoro prosegue in modo solerte e la capitale potrebbe essere «inaugurata» in qualche modo a giugno.

     

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    Sono aperte le scommesse: c' è chi ricorda che le capitali pianificate dal nulla - da Washington DC a Islamabad a Brasilia - non sono una novità e chi invece ritiene probabile che l' Egitto resterà con «una sterile zona governativa mezza vuota circondata da progetti privati incompleti con qualche successo isolato» (David Sims, autore del libro «Egypt' s Desert Dreams»).

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    Non è un mistero che Al Sisi, rieletto a marzo con il 97% dei voti (e nessun vero rivale) cerchi un simbolo appariscente della sua presidenza.

     

    L' unica cosa certa al momento, però, è che il progetto è il simbolo del crescente potere economico dell' esercito. Se già sotto Hosni Mubarak i generali - dopo una riduzione del bilancio in seguito alla pace del 1979 con Israele - hanno conquistato l' economia producendo di tutto, dalle armi alla pasta, l' avvento di Al Sisi dopo il golpe del 2013 ha emarginato ancor più il settore privato. Ora i militari hanno il monopolio sulle infrastrutture pubbliche.

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    Qualcosa va fatto per Il Cairo: la sua popolazione supera i 19 milioni e arriverà a 40 nel 2050. Ma non sarebbe stato meglio investire nella vecchia capitale, anziché «voltare le spalle alla nostra identità», dice l' architetta Mai Al-Ibrashy?

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    Il Guardian ha chiesto al portavoce del progetto, ex generale lui stesso, se ci saranno anche appartamenti a basso costo (pare di no): «Lasciate perdere i numeri, non sono importanti né fissi. Abbiamo un sogno». Non c' è un budget chiaro, la prima fase del progetto dovrebbe costare 4,5 miliardi di dollari, anche se il governo insiste che non usciranno dalle casse pubbliche.

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    Intanto nei mesi scorsi in Egitto la gente è scesa in piazza per l' aumento del costo della metro, tra disoccupazione giovanile e prezzi proibitivi degli alimenti, problemi simili a quelli che precedettero la rivoluzione del 2011.

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