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Riccardo Bruno per il “Corriere della Sera”
Salta sul parapetto del ponte, in bilico sull' Arno, per avere un' inquadratura originale, uno scatto in più. Daniele Vertelli si muove come un reporter di guerra o uno spietato paparazzo, invece è un fotografo di matrimoni, a caccia di un sorriso o di una lacrima della sposa. Vertelli, 44 anni, toscano, è uno dei migliori in questo campo, anzi è il fotografo dell' anno per l' Agwpja, l' Artistic guild of the wedding photojournalist association, forse la più autorevole a livello internazionale.
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Vertelli ha iniziato otto anni fa. «Prima ho fatto per 18 anni il panettiere nel Valdarno. Poi ho deciso di mollare tutto e dedicarmi a quello che era il mio hobby, sin da bambino». Fare bene il fotografo di nozze non è mestiere semplice. E non è solo questione di tecnica. «Devi entrare in sintonia con i clienti, devono percepirti come uno di loro, così puoi catturare le loro emozioni».
Mentre parla, con due macchine fotografiche al collo, non perde di vista i clienti di oggi: Aleandra e Jack, lei inglese con madre venezuelana, lui australiano. Vivono a Hong Kong, hanno deciso di coronare il loro sogno a Firenze. «Lavoriamo molto con gli stranieri.
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Gli americani sono i migliori, i cinesi i più complicati, per loro cultura non ti fanno mai sapere cosa vogliono. Gli inglesi invece vengono da noi perché risparmiano».
Ovviamente stiamo parlando di coppie non proprio comuni, non saranno tutti nababbi ma di sicuro non sono operai.
Il costo del fotografo non è la voce più esosa, per un professionista di livello si va dai tre a cinquemila euro. «Fornisco i file di tutti gli scatti, con una selezione di quelli che per me sono i migliori, in genere circa trecento». Un fotografo come Vertelli fa circa cinquemila foto e altrettante ne fa il suo collaboratore (sono sempre almeno in due), che oggi è Andrea Corsi, socio e amico, anche lui più volte premiato.
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«L' élite fotografica tende a svalutare chi si dedica ai matrimoni, ci considera di serie B» si lamenta Vertelli, che sin dall' inizio ha scelto questo settore, e non solo per calcolo economico. La crisi gli sta dando ragione, molti colleghi che trovano difficoltà altrove, dai reportage di cronaca alla moda, si stanno spostando sulle cerimonie nuziali. «Ormai siamo saturi.
Per distinguerti devi avere uno stile riconoscibile, una personalità definita».
Vertelli lavora solo con luce naturale, niente flash, e usa ottiche fisse. Ha subito puntato sul fotogiornalismo applicato alle nozze. «I primi a farlo sono stati gli americani. Una foto posata la vedi due o tre volte, poi ti stanca». Il resto lo ottiene in post produzione. «Amo i colori forti, diciamo anche barocchi». Quando scatta ha tre nemici: «Interruttori, tv e passeggini: rovinano tutto».
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Il successo lo deve anche a Internet. «Insieme ad Andrea Corsi siamo stati tra i primi a capire le potenzialità di Facebook». I social network hanno cambiato anche il rapporto con la privacy.
Il matrimonio non è più evento privato, ma una festa da esibire.
«Nei miei contratti metto sempre la clausola di poter pubblicare le foto» spiega Vertelli. Anche gli sposi sono felici di condividere la loro intimità. Quasi tutti. «Ero a un matrimonio di nigeriani, indossavano costumi meravigliosi. Mi chiesero di non diffondere gli scatti, ancora mi mordo le mani».
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