Carlo Ottaviano per “Il Messaggero”
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Escludendo le piccole coltivazioni sperimentali di Morettino sulle Madonie in Sicilia, in Italia non produciamo un chicco di caffè. Eppure, il rito dell'espresso - da Nord a Sud - è un patrimonio socio culturale per il quale il governo italiano ha chiesto venerdì ufficialmente il riconoscimento di bene immateriale dell'Umanità e l'inserimento negli elenchi dell’Unesco.
Il caffè italiano - il sistema dei bar e le numerose torrefazioni - ancora prima che culturale, è un patrimonio economico di tutto rispetto che muove un giro d'affari di circa 4 miliardi di euro, con 800 torrefazioni che occupano settemila dipendenti a cui vanno aggiunti i circa diecimila addetti nelle caffetterie.
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Proprio queste ultime hanno sofferto maggiormente a causa delle chiusure per la pandemia. Nonostante circa 30 milioni di tazzine consumate al giorno, gli italiani non sono - con i 5,6 chili di consumo annuo pro capite - i maggiori consumatori europei di caffè.
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Ne bevono di più olandesi, finlandesi, norvegesi e svedesi. Siamo invece più forti nell'esportazione di caffè torrefatto. Il Consorzio promozione caffè parla di export di quasi cinque milioni di sacchi prevalentemente nell'Europa comunitaria (oltre il 60%), soprattutto Francia, Germania e Austria.
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Tra i Paesi extra Ue i mercati di destinazione principali sono Svizzera, Usa, Australia, Russia e Canada; mentre si registrano aumenti dell'export, in particolare, nell'Europa orientale, in Cina, Israele, Corea del Sud.
L’ESPRESSO
L'Italia è inoltre il maggior produttore mondiale di attrezzature per il settore. I 500 milioni di giro d'affari sono destinati probabilmente ad aumentare grazie allo sviluppo delle macchine per la distribuzione automatica, in considerazione del fatto che il caffè rappresenta l'86% delle bevande consumate.
caffe italia
L'espresso - prettamente solo italiano - sta comunque conquistando appassionati in tutto il mondo tanto da attrarre anche investimenti internazionali. Il closed definito venerdì dell'acquisto da parte del colosso tedesco Tchibo (3 miliardi di euro di fatturato) del Caffè Molinari di Modena (presenza commerciale in 60 Paesi) è solo l'ultimo di una lunga serie.
bacche di caffe
Le operazioni finanziarie hanno riguardato aziende italiane interessate ad espandere ulteriormente i loro mercati e multinazionali che guardano con favore la capillare rete di distribuzione dei brand italiani.
caffe chicchi e bacche
Ecco così l'accordo tra lo storico Caffè Vergnano di Torino (presenza in 90 Paesi e 160 caffetteria a marchio) e Coca Cola Hbc che ha acquisito il 30% del capitale e più recentemente la cessione di una quota di minoranza di Illy a Rhone Capital, fondo Usa di private equity. Operazione tutta italiana che guarda allo sviluppo all'estero è quella dell'Italmobiliare della famiglia Pesenti che ha rilevato il 60% dello storico marchio Caffè Borbone.
matteo salvini con caffe e green pass sul tavolo
IL CARO TAZZINA
Purtroppo, le note positive terminano qui. Alla crisi causata dalla forzata chiusura dei bar durante la pandemia, da alcuni mesi si aggiunge l'inarrestabile aumento del costo della materia prima che prevalentemente viene acquistata in Brasile, Vietnam, Colombia, India, Uganda e Indonesia.
All'origine dell'aumento che ha toccato punte dell'89% c'è il calo della produzione mondiale di caffè a causa del maltempo diffuso e in particolare delle gelate negli stati brasiliani di Minas Gerais, San Paolo e Paranà che hanno abbattuto i raccolti del 2021.
I dati degli ultimi giorni dimostrano però anche la presenza di una forte leva speculativa. La Compagnia nazionale di approvvigionamento prevede per il 2022 una ripresa della produzione di Arabica (la varietà più richiesta) in aumento del 16,8% ma nessuno, però, accenna a diminuzione del costo della materia prima.
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E, sicuramente, nessun gestore di bar tornerà indietro dopo aver portato il prezzo della tazzina a quota 1,50 euro. Intanto, a proposito della candidatura Unesco, il sottosegretario all'Agricoltura Gian Marco Centinaio ha confermato di «aver trasmessa l'istanza di candidatura alla Commissione nazionale italiana per l'Unesco e confidiamo che questa la approvi e la trasmetta entro il 31 marzo a Parigi».