Greta Sclaunich per "www.corriere.it"
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Com’è possibile che delle tigri addestrate (e forse nate in cattività) d’un tratto si ribellino e attacchino il domatore? E’ successo ieri sera a Triggiano, nel Barese: il 61enne Ettore Weber, noto ed esperto domatore del circo Marina Monti, stava preparando lo spettacolo quando le quattro tigri del suo numero lo hanno attaccato. Prima una, poi le altre tre.
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L’intervento del personale del circo non è riuscito a fermarle e Weber, subito portato in ospedale, è morto. Le quattro tigri, insieme alle altre quattro presenti nel circo, sono sotto sequestro e sono in corso accertamenti per verificare il loro stato di salute e capire se nella struttura fossero rispettate tutte le condizioni di sicurezza. La Lega Anti Vivisezione (Lav), intanto, ha chiesto che «vengano subito portate via da questo circo e vengano ricollocate in un luogo idoneo alle loro esigenze naturali».
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«Le tigri, ma anche i leoni, i leopardi e in generale tutti i componenti della grande famiglia dei felini, hanno un istinto predatorio fortissimo. Pensiamo ai gatti: anche se convivono con l’uomo da almeno 8mila anni continuano a farci piccoli agguati fra i mobili di casa.
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Figurarsi le tigri, che non hanno avuto nessun processo storico di addomesticazione e non hanno quindi assorbito, a livello genetico, la vicinanza con l’uomo», spiega Roberto Marchesini, etologo autore del libro «Geometrie esistenziali: le diverse abilità nel mondo animale» (ed. Safarà Editore). Se le tigri nascono in cattività e vengono allevate dagli uomini le probabilità di un attacco «diminuiscono, ma non si annullano – sottolinea lo studioso - Dobbiamo ricordare che non sono animali domestici, restano selvatici anche se ammansiti».
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Le ragioni dell’attacco a Weber, secondo lui, potrebbero essere molte e tutte diverse: «Forse il domatore ha avuto un movimento brusco, oppure ha chiesto qualcosa che andava oltre le loro possibilità. O, semplicemente, si è distratto per un attimo». Se la causa è ancora da accertare, il meccanismo che si è instaurato non stupisce lo studioso: «Quando una tigre attacca, le altre la seguono per osmosi.
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E a quel punto, davanti non a una ma a più tigri insieme, un domatore da solo non ha alcuna possibilità». Per questo, spiega Marchesini, «è indispensabile la presenza di altre persone. Non personale generico, però, ma trainer abituati a lavorare con questo tipo di animali e quindi capaci di calmarle agendo su elementi inibitori».
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La credenza popolare vuole che le tigri, una volta assaggiato il sangue umano, non tornino più indietro. «Al di là di queste credenze è vero che questi animali, come tutti i mammiferi, hanno una capacità mnemonica molto alta. Queste quattro tigri ricorderanno l’attacco e lo assoceranno alla gratificazione di aver fatto qualcosa che fa parte del loro istinto: in futuro sarebbe meglio separarle e non farle più interagire insieme», conclude l’etologo.
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La Lega anti vivisezione (Lav) ha diffuso un comunicato in cui, oltre a chiedere la liberazione delle tigri, ricorda l’importanza de «l’approvazione della Legge delega e del relativo Decreto legislativo annunciato dal ministro Bonisoli per la completa dismissione, in tempi brevi, degli animali dai circhi». Il ministro per Beni e le attività culturali Alberto Bonisoli aveva proprio negli scorsi giorni annunciato l’avvio di una cabina di regia tra il ministero e gli enti locali per discutere della bozza del decreto.
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«Voglio gli animali fuori dai circhi e sto lavorando per questo. Il circo con i leoni appartiene ai miei ricordi di infanzia, dunque al passato: ci sono nuovi modi di conoscere gli animali - aveva dichiarato in una recente intervista al Corriere della Sera - Bisogna immaginare un’evoluzione che va accompagnata nel rispetto di chi lavora da una vita nei circhi»
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