RAI: CDA, BOCCIATO PIANO NEWS DEL DG
(ANSA) - E' stato bocciato - secondo quanto apprende l'ANSA - il piano informazione Rai sottoposto al voto del cda dal dg Antonio Campo Dall'Orto. Favorevole il consigliere Guelfo Guelfi, Fortis e Freccero si sono astenuti. Contrari tutti gli altri.
RAI: MESSA LASCIA RIUNIONE CDA, FINITA FIDUCIA CON DG
ANTONIO CAMPO DALL ORTO ROBERTO FICO
(ANSA) - Il consigliere Rai Paolo Messa ha abbandonato - secondo quanto apprende l'ANSA - i lavori del consiglio di amministrazione perché, secondo quanto espresso nel corso della riunione, sarebbero venute meno le condizioni per il rapporto di fiducia con il direttore generale Antonio Campo Dall'Orto. La decisione sarebbe avvenuta dopo aver trattato il caso Anac e in seguito ad una relazione del collegio sindacale su questo tema.
Il cda, secondo quanto si apprende, starebbe discutendo il piano dell'informazione, ma non è ancora chiaro se verrà sottoposto al voto dei consiglieri.
COME FUNZIONANO LE NOMINE RAI DOPO LA RIFORMA DEL 2015
Aldo Fontanarosa per www.repubblica.it del 22 dicembre 2015
CAMPO DALL'ORTO
Dalla Rai del Parlamento (e dei partiti) alla Rai del governo. La riforma della tv di Stato, che è ormai legge dopo i 162 sì del Senato, attribuisce a Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia un’influenza decisiva sulla tv di Stato, maggiore che in passato. La votazione è avvenuta dopo quella del ddl di Stabilità. Il ministero dell’Economia sceglie il capo azienda (un amministratore delegato, non un semplice direttore generale) che avrà le mani libere sulle nomine (con l’eccezione dei direttori giornalistici) e sui contratti fino a 10 milioni. I nuovi super poteri, attenzione, andranno anche ad Antonio Campo Dall'Orto, che si trasformerà da direttore generale in ad, una volta riscritto lo Statuto aziendale, tempo 60 giorni.
Unico limite all'azione del super ad - attuale e futuro - è nella facoltà del Consiglio di amministrazione di licenziarlo. Ma questo siluro è del tutto improbabile perché il Consiglio è già e sempre di più sarà proiezione della maggioranza parlamentare che appoggia il governo. Revocare l'ad in Consiglio sarebbe come sfiduciare un ministro in Parlamento
milena gabanelli
Le nomine. L’amministratore delegato nominerà i «direttori delle reti televisive, dei canali e delle testate» giornalistiche, oltre ai dirigenti di prima fascia. Sui candidati alle reti e ai canali tv, l’ad dovrà sentire il Cda che però non potrà bocciare le sue scelte. Sui candidati alle testate (come il Tg1, il Tg2 e le altre) il Cda potrà respingere i nomi dell’ad. Ma dovrà disporre di una maggioranza dei due terzi dei voti. Serviranno cioè almeno 5 voti in un Cda che si comporrà di 7 membri.
Le assunzioni. L’ad – in carica 3 anni - potrà «assumere e promuovere» anche gli altri dirigenti (non di prima fascia) e i giornalisti di ogni grado, su proposta dei direttori, decidendone la collocazione in azienda e nelle redazioni
paolo messa
I contratti. L'amministratore delegato firmerà contratti fino a 10 milioni. Superata questa soglia, sarà necessario il semaforo verde del Consiglio di amministrazione. Vanno in Consiglio, approvati a maggioranza, anche i «contratti strategici» tra cui «i piani annuali di trasmissione e produzione», e il bilancio preventivo. Forte di questo voto del Cda, il super amministratore potrà attuare come crede il piano industriale, il bilancio preventivo, le stesse ristrutturazioni industriali.
L'ad. L’amministratore delegato, che non può essere dipendente della Rai, è nominato dal Consiglio di amministrazione («su indicazione dell’assemblea dei soci» della tv di Stato, composta dal ministero dell’Economia e dalla Siae). E può essere revocato dal Consiglio stesso, sentita l'assemblea. In caso di revoca, l’ad non avrà faraoniche buonuscite, ma solo i «tre dodicesimi» del suo stipendio annuo. Questo stipendio è fissato dal Consiglio, sondata sempre l’assemblea dei soci.
I compensi. A proposito di stipendi, saranno pubblici quelli (al lordo) dei consiglieri d’amministrazione, dei dirigenti di ogni livello anche non dipendenti, e di chiunque riceva dalla Rai 200 mila euro o oltre. La tv di Stato non dovrà comunicare invece gli emolumenti degli artisti (dato sensibile che potrebbe avvantaggiare le altre emittenti, se pubblico). Incarichi di collaborazione o consulenza esterna saranno comunicati via Internet (e così anche la ragione della scelta del professionista esterno e il «compenso erogato»).
FRECCERO
Gli esterni. Lo Statuto aziendale preciserà quanti dirigenti esterni sia possibile assumere con contratto a tempo determinato che in ogni caso terminerà entro 60 giorni dalla fine del mandato dell'ad.
Gli emolumenti. I consiglieri della Rai, che oggi hanno un emolumento annuo lordo di 66 mila euro, potranno arrivare a 240 mila.
Gli appalti. La Rai avrà una corsia preferenziale per l'acquisto, la produzione o la coproduzione di programmi ed opere tv, settore cui non si applicherà il “Codice dei contratti pubblici” (decreto legislativo 163 del 2006). Per le produzioni sarà necessario firmare altri contratti che garantiscano ad esempio servizi e forniture. E questi beneficeranno di identica corsia preferenziale (se inferiori nella spesa alle soglie di rilevanza comunitaria).
Il Cda. L’attuale Consiglio a 9 membri – eletto ad agosto 2015 – resterà in carica per altri 2 anni e 7 mesi. Nel 2018, poi, sarà nominato un nuovo Consiglio più agile, con soli 7 componenti, dove le forze maggioritarie in Parlamento potranno contare sulla maggioranza certa dei voti.
MAGGIONI DALL ORTO
Le Camere. Nel nuovo Cda, infatti, due consiglieri saranno scelti direttamente dalla Camera e due dal Senato. Altri due consiglieri, dal governo e l’ultimo dall’assemblea dei dipendenti Rai (che pescherà tra colleghi assunti da almeno 3 anni). Potranno proporre il nome di un dipendente i sindacati (firmatari di contratti aziendali o integrativi) o 150 lavoratori Rai, con una raccolta firme.
Il presidente. Il Cda elegge uno dei suoi componenti alla presidenza, dopo aver ottenuto il sì dei due terzi della Commissione di Vigilanza Rai. I poteri del presidente sono limitati alle «relazioni esterne e istituzionali», e alla «supervisione delle attività di controllo interno».
La revoca. Ogni membro del Cda potrà essere “licenziato” dall’assemblea dei soci (se anche i senatori e deputati della Vigilanza Rai daranno il via libera). Amministratore delegato, presidente, consiglieri sono sottoposti alle «azioni civili di responsabilità» tipiche delle «società di capitali». Una volta lasciata la tv di Stato, l’ad non potrà lavorare in aziende concorrenti per almeno un anno.
La Vigilanza. Ogni 6 mesi, e prima dell’approvazione del bilancio, il Cda riferisce sulla sua attività alla Commissione di Vigilanza Rai, che conserva «funzioni di indirizzo generale». Alla Vigilanza (60 tra deputati e senatori) andrà consegnato l’elenco degli ospiti delle trasmissioni tv nei 6 mesi, a verifica della par condicio.
Il contratto di servizio. Durava tre anni. Ora ne durerà 5. E’ il contratto con gli italiani, l’insieme degli obblighi che la Rai assume verso lo Stato. A firmare il contratto – per conto dello Stato – è il ministro dello Sviluppo Economico. Ma servirà il via libera preventivo del Consiglio dei ministri.
MAGGIONI CAMPO DALL'ORTO
La pay-tv. In generale la Rai è incaricata di svolgere il «servizio pubblico radiofonico, televisivo» ed anche «multimediale». Il governo riceve dal Parlamento la delega a precisare la missione della tv di Stato alla luce delle nuove piattaforme di trasmissione. In questa sede, Palazzo Chigi può autorizzare Viale Mazzini a fare la pay-tv e la pay-per-view.
Le sedi regionali. La proposta di Cottarelli, l’ex mister Spending Review, di chiudere alcune sedi regionali Rai, era il 2014, tramonta per sempre. La nuova legge prevede che ogni Regione e Provincia autonoma abbia redazioni proprie per fare informazione, ed anche «strutture adeguate alle specifiche produzioni».
I ricavi. Ammonta a circa 420 milioni di euro la cifra che la Rai potrebbe recuperare grazie all'inserimento del canone nella bolletta dell'elettricità. E' la stima di R&S Mediobanca, che combina la prospettata riduzione della tassa dagli attuali 113,5 euro a 100 euro con un'evasione 'fisiologica' del 5%, in linea ad esempio con quella inglese.
La Rai, cui attualmente i cittadini 'versano' un totale di 1,56 miliardi di euro, ha stimato in 600 milioni di euro i mancati introiti da canone, vale a dire quanto incasserebbe in piu' (alle condizioni attuali) se tutti pagassero il contributo dovuto.