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    COME MAI CI RITROVIAMO QUELL’ACCIUGA LESSA DI STOLTENBERG AL VERTICE DELLA NATO? DAGO-RETROSCENA: BISOGNA ANDARE AL FEBBRAIO 2014. RENZI AVEVA APPENA ROTTAMATO ENRICO LETTA E RICEVETTE UNA CHIAMATA DA BARACK OBAMA. IL PRESIDENTE AMERICANO DISSE A MATTEUCCIO DI AVER PENSATO AL NORVEGESE COME SUCCESSORE DI RASMUSSEN. RENZI, CHE ALL’EPOCA PARLAVA INGLESE CON LE MANI, PRESO DALL’ENTUSIASMO, NON CAPÌ BENE, E RIUSCÌ SOLO A BALBETTARE UN DEFERENTE “OK, OH YES”…


     
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    Come mai in questa fase concitata di crisi internazionale ci ritroviamo al vertice della Nato l’acciuga lessa del norvegese Jens Stoltenberg? Per capirlo, bisogna ritornare alla fine di febbraio del 2014.

     

    Da principali finanziatori dell’alleanza atlantica gli Stati Uniti hanno sempre fatto valere la legge del famoso articolo quinto (chi ha i soldi ha vinto), ovvero di scegliere in autonomia il segretario generale della Nato, anche in barba alla consuetudine dell’alternanza tra paesi del Nord e del Sud. 

    stoltenberg obama stoltenberg obama

     

    All’epoca, la congiuntura storica era favorevole all’Italia e avevamo l’opportunità di piazzare uno dei nostri. Il candidato di Enrico Letta, allora a Palazzo Chigi, era Franco Frattini, oggi presidente del Consiglio di Stato. Poi Letta finì rottamato dallo “stai sereno” di Renzi, il 14 febbraio rassegnò le sue dimissioni irrevocabili al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e a Palazzo Chigi arrivò Matteuccio da Rignano.

     

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    Nei giorni successivi Barack Obama alza la cornetta e chiama il neo-Presidente del Consiglio. In quel primo colloquio, dei molti che avranno nel corso degli anni, il “commander-in-chief” disse a Renzi di aver pensato all’ex primo ministro norvegese come successore di Rasmussen alla guida della NATO.

     

    LETTA RENZI LETTA RENZI

    Matteuccio, che all’epoca parlava inglese con le mani, forse preso dall’entusiasmo di parlare con il suo idolo, forse imbarazzato per cotanta attenzione, riuscendo a decodificare vagamente quanto gli veniva proposto, balbettò un deferente “Ok, oh yes!” e trangugiò in blocco i desiderata di Washington. E il povero Frattini se la prese in saccoccia.

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