Ilario Lombardo per "la Stampa"
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Non è proprio la migliore delle vigilie se, a tre giorni dal G20 che ambisce a dare una risposta collettiva sul cambiamento climatico, arriva la sentenza impietosa dell'Agenzia delle Nazioni Unite per l'Ambiente (l'Unep).
Gli impegni nazionali, è scritto nell'Emission gap report dell'Onu, «potrebbero fare una grande differenza per le emissioni nette zero», tuttavia «sono ancora troppo vaghi, in molti casi incompleti e incoerenti con la maggior parte degli obiettivi del 2030». Così, con il rischio e il fardello di un fallimento annunciato, i venti leader globali si ritroveranno sabato e domenica a Roma, tra i marmi geometrici dell'utopia littoria dell'Eur.
VLADIMIR PUTIN XI JINPING BY EDOARDO BARALDI
Sta a loro tentare di recuperare in extremis un accordo che al momento non è all'orizzonte. Ancora troppe le distanze tra chi intende rispettare il target delle emissioni zero di CO2 al 2050 e chi invece, come Cina e India, spostano la deadline di dieci anni, al 2060. Gli sherpa saranno al lavoro da oggi per dare forma a un compromesso accettabile nel comunicato finale che farà da ponte per Cop26, la conferenza sul clima dell'Onu che partirà sempre domenica, a Glasgow.
I pesanti contraccolpi che un nulla di fatto a Roma potrebbe avere sul summit in Scozia sono chiari a Mario Draghi, presidente di turno del G20 e padrone di casa dell'evento, presente a Milano un mese fa quando la giovane attivista Greta Thunberg si è scagliata contro il «bla bla bla» dei leader sul climate change.
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Nella plenaria tra i capi di Stato e di governo, nei bilaterali, nelle trattative private e, infine, nelle dichiarazioni al termine del vertice andranno pesate le parole e trovata una formula che dia speranza per quelli che sono gli ultimi obiettivi fissati dalla scienza per contenere il riscaldamento globale entro un +1,5% da qui alla fine del secolo, come deciso con gli accordi di Parigi del 2015. Al momento, la Terra gira a una temperatura che invece potrebbe aumentare più del doppio, a +2,7.
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Una catastrofe che l'indolenza e le strategie di crescita economica dei big mondiali non calcolano quanto dovrebbero. Chi siederà al tavolo del summit di sabato è responsabile dei tre quarti del totale di queste emissioni nefaste. Sarà assente il maggior contribuente all'inquinamento, però.
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La Cina sarà rappresentata fisicamente dal ministro degli Esteri, perché il presidente Xi Jinping sarà collegato solo in videoconferenza, come farà anche il russo Vladimir Putin. È la prima volta dopo quasi due anni di pandemia che i leader si vedono di persona nel formato dei 20. I colloqui in presenza sono l'occasione per smussare le resistenze, ricentrare i negoziati e strappare concessioni.
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Draghi dovrà farlo puntando a «coordinare» gli interventi e coinvolgere le grandi economie, senza le quali la lotta al cambiamento climatico è destinata al fallimento. Le insidie sono ovunque, e si ritroveranno nel sudore e nelle virgole del comunicato. L'Australia, terra ricca di carbone, ha promesso appena ieri di aderire all'obiettivo di emissioni zero nel 2050, ma non ha dettagliato i target intermedi.
Nel primo grande vertice in presenza si affronteranno anche altre due sfide globali: la vaccinazione di massa nei Paesi più deboli e la ricostruzione dell'economia su basi più sostenibili dopo il Covid. Fonti italiane parlano di 1-2 miliardi di vaccini subito disponibili ma fermi in attesa di capire come distribuirli.
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Il G20 lavorerà sui giganteschi problemi che esistono nella catena della logistica: i trasporti, la conservazione a freddo, il personale qualificato, le strutture sanitarie adeguate sono condizioni necessarie per un'immunizzazione di massa, senza la quale il virus continuerà a girare producendo varianti. Ma a margine dei lavori all'interno della Nuvola di Fuksas, cuore di una zona rossa blindata da cecchini e droni, i leader si ritroveranno anche per i tradizionali bilaterali.
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Draghi venerdì sarà a colloquio con Joe Biden, poi con il premier indiano Narendra Modi - che proverà ad ammorbidire sul clima - mentre non è ancora confermato il faccia a faccia del disgelo con il presidente turco Erdogan. Grande attesa, infine, c'è sul confronto tra l'americano Biden e Emmanuel Macron, il primo di persona dopo la firma del patto economico-militare Aukus tra Stati Uniti, Regno Unito e Australia, che ha tagliato fuori le commesse francesi.
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