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«Non nego che in una trasmissione tv dissi, sollecitato provocatoriamente, che ‘il virus è clinicamente morto’». Così il professore Alberto Zangrillo durante la conferenza stampa sulle condizioni di salute è tornato sulla sua frase del 3 maggio che ha scatenato molte polemiche. «Ho usato un tono forte, probabilmente stonato, ma fotografava quello che osservavamo e continuiamo a osservare - spiega Zangrillo -
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Negli ospedali dove abbiamo curato in terapia intensiva centinaia di pazienti, fortunatamente non ricoveriamo un paziente con esiti primari ha un significato. Questo non dee portare le persone a comportamenti superficiali». «Io non ho mai negato che il virus esista, sono stato anche il primo, il 28 aprile, a dire che dobbiamo convivere con Sars-CoV-2, senza tener conto di un eventuale vaccino. Serve rispetto delle regole ma anche distanza dall'isteria collettiva», ha concluso il medico
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Da corriere.it
«Sono qua per aggiornarvi della situazione clinica di Silvio Berlusconi». Ha esordito così Alberto Zangrillo, il primario dell’ospedale San Raffaele, dove è ricoverato l’ex premier. «La positività è stata riscontrata in un soggetto asintomatico», ha spiegato Zangrillo ricostruendo gli avvenimenti degli ultimi giorni, culminati nel ricovero di giovedì sera.
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Nella giornata di ieri, «in una situazione di assoluta tranquillità ho rilevato un blando coinvolgimento polmonare», ha proseguito. Il quadro clinico pregresso e l'età del paziente «impongono assoluta cautela».
La situazione clinica «appare tranquilla e confortante. Siamo in una situazione di tranquilla osservazione. Il paziente non è intubato e respira autonomamente». L’umore però «non è dei migliori», «nemmeno il mio», ha aggiunto. «È previsto che Berlusconi resti» nella «struttura qualche giorno».
«Mi sono imposto nell'istituire un regime che comporti il riposo assoluto — ha affermato il medico curante dell'ex premier — che probabilmente è la terapia di cui lui più necessita. Non è stato facile convincerlo al ricovero e ho dovuto insistere, soprattutto questa notte, ma l'uomo è pronto e intelligente e, una volta informato di quello che lo riguardava, ha convenuto con le mie valutazioni».
«Non nego di avere usato un tono forte e stonato quando il 31 maggio dissi che il virus era clinicamente morto, probabilmente stonato, ma fotografava quello che osservavamo e continuiamo a osservare», ha chiarito poi Zangrillo.
silvio berlusconi alberto zangrillo
«Esiste una quota rilevante di soggetti asintomatici -positivi, la larga maggioranza, ma in una situazione come quella che si è venuta a creare questa estate, ci possono essere persone che possono avere una blanda sintomatologia, come nel caso Berlusconi, che ha un leggero coinvolgimento polmonare». »Negli ospedali dove abbiamo curato in terapia intensiva centinaia di pazienti, fortunatamente non ricoveriamo un paziente con esiti primari ha un significato. Questo non deve portare le persone a comportamenti superficiali».
POLMONITE BILATERALE E COVID
Cristina Marrone per corriere.it
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La polmonite di origine virale, come quella causata dal nuovo coronavirus per la quale Silvio Berlusconi si trova ora al San Raffaele di Milano, è un tipo di polmonite che spesso necessita di un ricovero ospedaliero. Le polmoniti virali comportano soprattutto un coinvolgimento del tessuto interstiziale (quello presente tra un alveolo e l’altro), cioé la parte più profonda dei polmoni.
«Il Covid, nelle sue forme più gravi causa quasi sempre polmoniti bilaterali di tipo interstiziale» conferma Sergio Hararai direttore del Dipartimento di Medicina e dell’Unità Operativa di Pneumologia dell’ospedale San Giuseppe MultiMedica di Milano. Nelle forme più acute la polmonite può portare in pochi giorni a un’insufficienza respiratoria grave.
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Nel caso di Berlusconi che ha 83 anni ed è considerato paziente a rischio per età e patologie pregresse, si parla di «polmonite bilaterale» allo stadio precoce: significa che entrambi i polmoni sono stati colpiti e che la malattia è all’esordio. In un primo momento era emerso che Berlusconi fosse stato sottoposto a ossigenoterapia, che consiste nella somministrazione di una quantità supplementare di ossigeno a scopo terapeutico a causa si ridotti livelli di ossigeno nel sangue.
Il suo medico personale Alberto Zangrillo lo ha però smentito confermando invece che l’ex premier «respira autonomamente». Sottolinea Harari: «Il fatto che la malattia sia a uno stadio iniziale non significa che non possa peggiorare nei prossimi giorni e naturalmente speriamo di no. Siamo ora in una fase prodromica in cui la malattia non è ancora totalmente espressa e non si può ancora sapere quanto verrà interessato il polmone in futuro. L’evoluzione, severa o più blanda, non si può conoscere in anticipo, bisogna attendere».
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I sintomi della polmonite bilaterale
«I sintomi più tipici - spiega Sergio Harari, direttore del Dipartimento di Medicina e dell’Unità Operativa di Pneumologia dell’ospedale San Giuseppe MultiMedica di Milano - sono febbre, tosse, mancanza di fiato, brividi, stanchezza, malessere generale. Non sempre sono tutti presenti allo stesso tempo».
La diagnosi di polmonite bilaterale
«La diagnosi è radiologica - spiega Harari - ma in molti casi può bastare anche solo la valutazione completa dei sintomi del paziente e la visita con l’auscultazione. Non sempre sono necessari esami del sangue e talvolta si può fare a meno anche della radiografia del torace. L’ecografia toracica può essere di aiuto. In alcuni casi, invece, la radiografia del torace può essere negativa, rendendo necessaria una Tac», esame a cui è stato sottoposto Silvio Berlusconi e che ha evidenziato appunto la polmonite bilaterale allo stadi precoce.
Chi è più a rischio con una polmonite bilaterale
Quali sono le persone più a rischio? «Chi soffre di malattie croniche come per esempio diabete, patologie cardio-respiratorie (asma, bronchite cronica, scompenso cardiaco), poi i fumatori, gli anziani (gli ultrasessantacinquenni hanno un rischio triplo rispetto ai più giovani), i bambini e tutte le persone immunodepresse - spiega l’esperto -.
La mortalità per polmonite è concentrata proprio in queste categorie, nel nostro Paese ogni anno vengono ricoverati in ospedale circa 150mila casi di polmonite e si registrano 9mila decessi, che rappresentano uno dei dati più bassi in tutta Europa, ma rimane ancora importante» chiarisce l’esperto.
Le terapie
«In realtà la terapia in questo stadio della malattia è solo il supporto di ossigeno e eventualmente può essere utilizzato il cortisone - chiarisce Sergio Harari - . Non è suggerito, in questo momento il remdesivir, antivirale indicato solo per pazienti in condizioni più severe. È bene ricordare che oggi non abbiamo farmaci specifici per il coronavirus. Alcuni cortisonici come il desametasone o il metilprednisolone hanno fornito risultati incoraggianti per controllare quello che scatena la tempesta di citochine, cioé la risposta abnorme del sistema immunitario. Ora bisogna attendere il decorso, correggere la mancanza di ossigeno e valutare, questo dipende dai dettagli del caso clinico, se somministrare il cortisone o meno».
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