Roberta Amoruso per "Il Messaggero"
ROBERTO cingolani
Arrivano oltre 10 miliardi per salvaguardare la competitività delle imprese. E quindi evitare chiusure a catena. Si può fare tagliando i costi fissi in bolletta e recuperando parte degli extra-profitti delle imprese energetiche. Ma anche tagliando l'Iva.
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È una priorità per il ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani di fronte all'impennata dei prezzi dell'energia. E dunque se gli interventi sui meccanismi di mercato vanno decisi a livello Ue, ci sono almeno «5 strumenti di compensazione» ora al vaglio del premier Draghi.
Un pacchetto di proposte studiate dal Mite che arrivano a 10 miliardi (oltre all'utilizzo di 1-1,4 miliardi di extragettito sulle accise proposto dal Mise) e che può fare davvero la differenza per azzerare, o quasi, almeno quegli 11 miliardi di oneri di sistema che appesantiscono ogni anno le bollette.
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Si tratta della componente Asos che copre gli oneri di sostegno alle fonti rinnovabili, considerato un interesse generale. I tempi sono infatti cambiati, i costi di produzione delle rinnovabili si sono notevolmente ridotti, ed è ora di una riforma «strutturale» che vada oltre le pezze importanti messe dal governo da luglio a oggi per alleggerire i rincari per 26 milioni di famiglie e 6 milioni di microimprese.
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Ora bisogna aiutare anche le più grandi, soprattutto quelle energivore che oggi incontreranno il ministro Giorgetti al Mise. Del resto «la stabilizzazione dei prezzi non è imminente», ha chiarito il ministro.
LA RIFORMA DI LUCE E GAS
L'Italia, come spiegato da Cingolani, sta valutando un nuovo intervento temporaneo sull'Iva, dopo la riduzione sul gas (dal 18% al 5%) riconosciuta a famiglie e microimprese. Un dossier delicato che tocca direttamente il gettito a favore del Tesoro (l'Iva in bolletta vale circa 10 miliardi), e che in queste ore è al vaglio del Mef.
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È toccato al Mite, invece approfondire i risparmi possibili sugli incentivi alle rinnovabili. Innanzitutto, dalla cartolarizzazione, quindi dallo spostamento in avanti, degli oneri di sistema, anche attraverso l'emissione di bond, si può ottenere una riduzione di circa 3 miliardi.
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Almeno altri 1,5 miliardi possono essere ricavati dalle risorse delle aste CO2 che in genere vanno a Mite e Mef. Si può arrivare anche a 2 miliardi in base alle stime per quest'anno.
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Altri 4-5 miliardi potrebbero arrivare di fatto dagli extraprofitti delle società energetiche. Il Mite immagina più una rimodulazione degli incentivi che tenga conto dei prezzi di mercato, che una tassazione degli ex-post degli utili.
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Dunque altri 1,5 miliardi si possono recuperare riducendo gli incentivi al fotovoltaico ancorandoli ai prezzi dell'energia ante-crisi a fronte di un allungamento della concessione. Altri 1-2 miliardi si possono raccogliere dagli impianti idroelettrici non incentivati e non con contratti a lungo termine. Si tratta di 40 terawattora di idroelettrico.
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I contratti vanno «assolutamente rispettati», ha spiegato il ministro, ma l'operazione da concordare può valere 1 a 2 miliardi l'anno. L'ipotesi è quella di intervenire su metà della produzione nazionale estraendo tutto il margine, quindi i profitti, oltre un livello di equa remunerazione che potrebbe essere individuato per esempio in 50 terawattora (ieri il prezzo dell'elettricità era oltre i 200 euro per megawattora).
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Infine, altri 1,5 miliardi potrebbero arrivare con la negoziazione a medio-lungo termine delle energie rinnovabili. L'obiettivo è sganciare il prezzo delle rinnovabili da quello del gas. Tutte misure da accompagnare al raddoppio dell'utilizzo di gas nazionale. Da vendere magari alle imprese a prezzi vantaggiosi. Ma per Matteo Salvini non basta.