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Marco Giusti per Dagospia
In Francia “Aline – La voce dell’amore”, biopic non ufficiale sulla vita di Celine Dion, scritto, diretto e interpretato da una commediante di grande successo come Valérie Lamercier, è stato un vero e proprio successo e un caso. Quando è uscito durante il Festival Torino a novembre, ahimé, eravamo in pochissimi a vederlo in sala. E non credo che le cose andranno tanto meglio quando uscirà con regolare distribuzione da domani al cinema. Peccato.
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Perché Valérie Lemercier, con un corpo a corpo continuo col personaggio, sia da bambina con assurdo morphing che da adulta, fa di “Aline” una sorta di commedia musicale molto sentita e personale che viaggia spesso tra il camp, il trash e il sentimentale, ma non ci lascia mai freddi o indifferenti. Quattordicesima figlia di una buffa famiglia di contadini cattolici del Quebec che si ostinano a chiamare i figli maschi col Jean davanti, Jean-Bobin, Jean-Claude, Jean-Daniel… la piccola Celine, ribattezzata “Aline Dieu” nel film, ha l’ugola d’oro, la sentiamo cantare una incredibile “Mamie Blue”, e sogna un futuro da Barbra Streisand nella musica pop.
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A soli 12 anni diventa una piccola star nazionale crescendo sempre di più. Fino a diventare una sorta di superstar internazionale con villona di 40 stanze a Las Vegas. Innamorata fin da quando era bambina del suo manager, Guy-Claude, calvo, vecchio, privo di qualsiasi charme, fa di tutto per sposarlo e vivere con lui, anche contro il parere dell’ingombrante mamma impicciona Sylviette.
Ma il passare dalle mani della madre a quelle del suo manager-marito la rende una sorta di mostro ingenuo, che poco conosce oltre al Quebec, alla sua villa a Las Vegas, alla sua immensa famiglia che vive con lei, al suo parrucchiere gay, Fred. Una candida Orietta Berti di statura internazionale e dalla immensa popolarità. Innamorata del personaggio, la Lemercier osa truccarsi da lei dodicenne e poi ventenne come avrebbe fatto Sandra Mondaini, mentre la voce di lei cantante è quella di Victoria Sio.
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Ma l’effetto complessivo, tra camp, trash, comedy, è anche adorabile. Come fossimo dentro un fumetto, un vecchio programma televisivo di Sandra e Raimondo. Anche la famiglia dei Jean qualcosa, con la mamma Sylviette imperante cicciotta e pantofolara, il prosciugato padre Anglomard, ha lo stesso fascino assurdo. Rispetto ai biopic musicali di oggi, pensiamo a “Bohemian Rhapsody” o a “Rocketman”, qui non ti è richiesto di credere ai personaggi che vede, siamo già nella loro versione parodistica da commedia francese, con i quebecchesi cafoni che sognano Parigi.
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Ma non per questo il film non funziona. Anzi. Funziona anche meglio. Ovviamente sarà più imbarazzante per la vera Aline/Celine accettare un omaggio simile. Ma è un modo del tutto originale di ricostruire la sua storia. Valérie Lemercier è divertente, allegra, e ovviamente imbarazzante come dodicenne coi dentoni da vampiro che le verranno corretti. Bravissimi anche gli attori che fanno la mamma e il marito, Daniel Fichaud e Sylvain Marcel. In sala da domani.
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