Estratto dell'articolo di Annalisa Cuzzocrea per www.repubblica.it
carlo calenda
"E certo che lo conosco Bastogi, mi' sorella ha sceneggiato Come un gatto in Tangenziale". Il pulmino di Carlo Calenda è appena arrivato dentro a uno dei quartieri più difficili di Roma. Le residenze Bastogi - periferia ovest della capitale - sono da anni simbolo di degrado e di sconfitta. Nate per essere alloggi temporanei, sono diventate case, spesso occupate sfondando porte, o muri. "Qui non arriva il gas, stiamo ancora con le bombole", racconta uno degli abitanti mostrando una perdita d'acqua in bagno. Calenda guarda, ascolta.
(..) Sale e sulla porta dell'uomo che ha urlato legge un nome e poi: "Per il controllo bussate forte, perché il campanello si sente molto basso".
"Io sono interdetto ai pubblici uffici, nun te posso votà", è l'accoglienza.
(...)
carlo calenda
"Cos'hai fatto per essere ai domiciliari?".
"Mi hanno messo dentro a un'associazione".
"A delinquere?".
"A delinquere".
E così Bastogi è l'inferno da cui molti non vogliono andar via. Vorrebbero il gas, però. Che qualcuno aggiustasse le perdite. Anche per questo, Calenda sfodera un modo di fare pragmatico e il suo purissimo accento romano. Tanto da esplodere, poco dopo, davanti a un macellaio di Boccea col ciuffo alla Elvis: "Aridaje co sta storia della ricchezza, io non so' ricco, mia madre fa la regista, mio nonno era regista, che è n'artra cosa. E che non era bello Pane amore e fantasia?".
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