Massimo Cecchini per la Gazzetta dello Sport
pallotta friedkin
Lo confessiamo. Forse le serie tv ambientate nel mondo dell'alta finanza hanno così orientato le nostre (presunte) conoscenze di quell'universo, da non lasciarci poi troppo sorpresi nel notare la ruvidità con cui James Pallotta ha parlato dell'ultima proposta recapitatagli da Dan Friedkin a fine maggio.
Frasi, se vogliamo, un po' in stile Bobby Axelroad, protagonista di «Billions». Occhio però perché, come cantava Celentano, la mano che può dare un pugno è capace pure di carezze, e così la Roma resta chiaramente in vendita per tutti («vorrei lasciare in mani solide»).
Anche per Friedkin. Così, nelle parole di Pallotta, qualcuno ha scorto una strada per riaprire la trattativa. Logico che la proposta non sia piaciuta al presidente, ma la sua attenzione si è appuntata su un tema. «L'ultima offerta semi-concreta che abbiamo ricevuto - ha detto Pallotta -... non era minimamente accettabile.
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E questo ha molto turbato qualcuno. Non sono sicuro che le persone sconvolte capiscano come si costruisce un accordo del genere, ma non funziona con il "seller financing". In fin dei conti, se voglio comprare una casa non mi aspetto che il venditore riduca il prezzo richiesto inizialmente per coprire i costi di tutte le ristrutturazioni che ho in mente di fare. Non è così che funziona.
Se il gruppo Friedkin avesse i soldi e volesse parlare ancora e avanzare un'offerta tale da essere ritenuta accettabile da tutti noi per la Roma, lo ascolteremmo». Al netto della stoccata sui soldi, l'accento sul «seller financing» ha incuriosito. Di cosa si tratta? Diciamo che si usa di solito nel mondo immobiliare, quando il venditore gestisce il processo di ipoteca senza il coinvolgimento delle banche. Dunque, anziché chiederlo altrove, l'acquirente firma un mutuo direttamente con il venditore.
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Non è il caso di Friedkin, ovviamente, ma questa strategia è usata spesso da persone o società che hanno difficoltà a ottenere prestiti, e comporta dei costi di chiusura minimi, perché spesso il venditore è più flessibile rispetto a un istituto di credito. Tra l'altro, è una procedura che velocizza anche i tempi delle operazioni. Domanda: basterebbe cancellare il «seller financing» per riavviare la trattative.
Il dubbio c'è, ma una cosa appare probabile, ovvero che la trattativa con Friedkin non è ancora tramontata del tutto, nonostante fra i due magnati il feeling e non sia mai scattato. Un'altra sensazione, infine, è che - pur viaggiando in tutto il mondo grazie a Goldman Sachs - il dossier Roma interessi soprattutto investitori negli Usa, nonostante il Paese ancora non sia uscito dalla crisi Covid, che continua a mordere l'economia. Si dice, infatti, che ci siano discussioni preliminari con due gruppi, ma per ora ci sono bocche cucite.
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Anche se, alla luce della «due diligence» già portata a termine, al momento Friedkin potrebbe vantare una primogenitura importante, soprattutto se Pallotta avesse voglia di cedere il prima possibile la società. In ogni caso, da Trigoria si ripete sempre lo stesso mantra: il progetto va avanti, pur con la zavorra imposta dal coronavirus. Poi, dalla prossima settimana, toccherà a Fonseca provare a ribaltare in campo l'inerzia dei conti, provando a conquistare la qualificazione in Champions. Di sicuro, negli Usa e non solo, gradirebbero in tanti.
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