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    NON BASTANO I DEBITI IN EURO, VOGLIAMO ANCHE I CREVIT – COME FUNZIONA LA MONETA “ALTERNATIVA” CON CUI FARE ACQUISTI SENZA DENARO – SI APRE UN CONTO ONLINE, SI SCEGLIE UN OGGETTO DA COMPRARE E SI PAGA IN “MONETA COMPLEMENTARE”


     
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    GIUSEPPE BOTTERO per “la Stampa

     

    CREVIT CREVIT

    La sigla ha iniziato a spuntare sui cartelloni di mezza Italia un paio di mesi fa, prima timida poi più incalzante. Logo bianco su sfondo verde: «Compra senza denaro». Oppure: «Crevit, la moneta complementare». Hanno cominciato a cliccare in migliaia: si sono trovati davanti un sito che fa incrociare domanda e offerta. Di sicuro, non una nuova valuta. 

     

    «Crevit è nato come meccanismo di marketing ispirato al principio dei buoni spesa. Non stampiamo valuta», racconta il ceo del gruppo Marco Melega. Niente a che vedere con i bitcoin, e neppure con gli istituti di credito. Anche perché servirebbe un’autorizzazione della Banca d’Italia: non c’è. 

     

    La storia  

    Il progetto è partito quattro anni fa grazie a un investimento dichiarato di un milione di euro, il portale è attivo dallo scorso luglio. «All’inizio pensavamo soprattutto alle imprese, poi abbiamo aperto anche ai privati», dice Melega, 42 anni. Nel suo passato anche il coinvolgimento in un’indagine a Pavia, nell’ambito di un’inchiesta sul fallimento della società di promozione pubblicitaria Gericom Srl. Un procedimento che, per Melega, si è concluso con un’assoluzione. «Lo sapevo fin dall’inizio», spiega. 

     

    Il sistema  

    CREVIT CREVIT

    Per entrare nel meccanismo Crevit ci si registra e si apre un conto, poi si consultano le offerte sul portale: dalle case alle opere d’arte, racconta Melega, passando per telefonini e capi d’abbigliamento. Se un oggetto interessa si può chiedere un anticipo «in moneta complementare»: un Crevit vale un euro. L’esordio, secondo i numeri forniti dal gruppo, è stato positivo: oltre 200 mila visitatori unici transitati sul sito, circa tremila conti aperti, almeno 20 milioni di euro di offerte pubblicate, più di 2 milioni e mezzo di transazioni.

     

    Sostiene Melega che a rivolgersi al servizio sono soprattutto aziende che devono ristrutturare debiti, oppure imprese che hanno accettato pagamenti in Crevit per risolvere crediti insoluti. «Si chiama fido ma in realtà il Crevit è un buono spesa virtuale emesso da ciascun utente. Attraverso un contratto di convenzione ciascun utente accetta di emettere e accettare propri buoni spesa chiamandoli Crevit». E dunque, perché sui cartelloni si parla di moneta? «Il termine va messo tra virgolette. Parliamo di moneta per cercare di semplificare il processo». 

     

    Il nodo dei ricavi  

    CREVIT CREVIT

    Ma come guadagna Crevit? Essenzialmente attraverso le commissioni. I tassi ammontano al 5% dell’importo del fido che gli iscritti richiedono prima di aver realizzato vendite in «moneta» complementare e al 2% su ogni accredito ricevuto. Un esempio: per un abito messo in vendita a «mille Crevit» occorre pagare subito l’equivalente di 50 euro. A quel punto l’utente entra nel circuito e ha due anni per rimborsare il fido. Sulla carta dovrebbe pubblicare a sua volta offerte di beni o servizi, oppure vendere le proprie competenze professionali, infine guadagnare «monete» partecipando a programmi promozionali. Magari, portando altri utenti nel sito.

     

    Naturalmente, è prevista anche l’opzione più antica: sanare il debito in denaro, attraverso dei piani di rientro. È questo che fa storcere il naso ai puristi delle nuove monete e ha fatto suonare un campanello all’interno delle associazioni dei consumatori. Sono volati scambi di accuse, è in arrivo un incontro chiarificatore. 

    SOLDI EURO SOLDI EURO

     

    La sede a Hong Kong  

    A sollevare i dubbi è stata anche la struttura societaria. Perché la Crevit Italia, che ha sede a Milano, in realtà è una controllata di Crevit International Holdings Ltd, holding basata ad Hong Kong. Melega respinge qualsiasi ombra: «E’ la piazza finanziaria più importante del mondo e ci sono investitori che stanno puntando su di noi per un piano di internazionalizzazione importante». 

     

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