Da lastampa.it
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Quei soldi, messi a disposizione dal governo, dovevano servire per acquistare libri, musica, biglietti per concerti, mostre, cinema e altre attività culturali. Invece 2.503 neodiciottenni residenti in 14 regioni d’Italia, con i loro 500 euro annuali del Bonus Cultura hanno comprato Playstation e telefonini. Lo ha scoperto la Guardia di Finanza di Jesi dopo 8 mesi di indagini partite da una segnalazione al Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie.
Al centro della truffa, dell’ammontare di circa un milione di euro, una società di Jesi che vende apparecchiature elettroniche. Il sistema era ingegnoso: i diciottenni potevano acquistare con il loro bonus qualsiasi prodotto venduto dalla società, appunto dalla playstation alle telecamere digitali. In un secondo momento la società faceva figurare di aver venduto musica digitale scaricata. Inutile dire, che proprio per questa sua particolarità, la società di Jesi è diventata famosa tra i diciottenni di tutta Italia, tanto che il suo nome ha iniziato a circolare tra i social. Grazie al meccanismo, la società – che risulta amministrata da un’italiana di 72 anni – ha incassato rimborsi dal ministero dei Beni culturali per 939.000 euro per gli anni 2017 e 2018.
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Ora il giudice per le indagini preliminari di Ancona ha firmato un provvedimento di sequestro preventivo, che si trasformerà in confisca, per 800.000 euro. I finanzieri nell’ambito delle indagini hanno individuato all’interno di una cassetta di sicurezza presso una banca di Jesi 140.250 euro in contanti e liquidità su conti correnti di altri istituti di credito per 345.000 euro. Il legale rappresentante della società e uno dei soci sono stati denunciati alla procura per il reato di indebita percezione di contributi erogati a soggetti privati ai danni dello Stato, reato che prevede la pena della reclusione fino a 3 anni. Nei loro confronti sono state anche contestate sanzioni amministrative per un ammontare di mezzo milione di euro.
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Non sono però gli unici a essere finiti nel mirino della guardia di finanza. Anche i 18enni che hanno usato il sistema truffaldino sono finiti nei guai. Acquistando prodotti differenti da quelli per cui era stato erogato il bonus si sono resi responsabili della violazione amministrativa prevista in questi casi e che prevede il pagamento di una multa pari al triplo dell’importo indebitamente utilizzato. Potranno però chiedere una rateizzazione sino a trenta rate mensili.
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