Vittoria Leoni per “Libero quotidiano”
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La riforma del catasto una cosa positiva l'ha già ottenuta: aver sbloccato le risorse per il taglio dell'Imu (l'imposta municipale sugli immobili) le cui aliquote sono state ridotte grazie appunto al gettito derivante da cespiti fantasma e riclassamenti. Immobili abusivi o dove vengono effettuati dei riclassamenti catastali (leggasi, qualche vecchia stalla trasformata in depandance di lusso ma ancora accatastata come fienile). Sono queste le principali novità contenute nella delega fiscale approvate dai partiti di maggioranza.
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E se otto anni fa gli ispettori del Fisco avevano scovato un tesoretto di 2,2 miliardi di terreni sui quali sorgevano edifici di varia tipologia (dai negozi, alle abitazioni, passando per capannoni e magazzini) completamente invisibili per le banche dati catastali, oggi la situazione, stando a fonti dell'Agenzia del Territorio, non è certo molto diversa. Se è vero, infatti, che una buona parte dei proprietari degli immobili fantasma ha regolarizzato e sanato la posizione con il catasto, è altrettanto vero che l'ultima edizione disponibile delle statistiche catastali (2021) delle Entrate ha calcolato ancora 1,2 milioni di immobili fantasma.
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Insomma, ciò che balza all'occhio, in base ai dati Istat 2020, è che l'abusivismo prosegue senza sosta nel Belpaese anche sulle nuove edificazioni: su 100 case edificate, quelle abusive sono 6,1 al Nord, 17,8 al Centro e ben 45,6 nel Mezzogiorno. Quindi facendo una media sono abusive il 17,7% delle nuove costruzioni che nascono lungo la Penisola. Ossia ogni 5 opere nuove, almeno una viene tirata su con qualche forma d'irregolarità. E tutto questo senza contare tutti quei terreni edificabili classificati invece come agricoli.
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In più, con la riforma del catasto, contro la lotta al sommerso entra in gioco l'Agenzia delle Entrate che d'ora in poi avrà un ruolo chiave nel aumentare i controlli nei confronti della case abusive, di quelle non accastate e di quelle che sono classificate in una classe diversa dal loro effettivo valore di mercato. In realtà, i Comuni hanno già il potere di farlo, ma il ruolo affidato all'amministrazione finanziaria avrà più peso e minori timori diperdere consenso se i controlli si intensificano.
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SI ACCENDONO I RIFLETTORI
A questa situazione di abusivismo fuori controllo in ogni angolo dello Stivale, c'è poi un altra grossa grana per cui sembra quasi impossibile trovare una soluzione: gli immobili di cui non si conosce più il reale valore di mercato. E questo accade perché le abitazioni sono suddivise in categorie e classi che riflettono ancora la situazione di quando la rendita è stata attribuita, senza tenere conto di migliorie apportate negli anni.
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In base alle banche dati del catasto oggi ci sono ben 3,5 milioni di edifici realizzati prima del 1940 ma la maggior parte di questo ha, ovviamente, subito importanti opere di riqualificazione. In più, oggi sono registrati soltanta 70mila immobili di lusso, pari allo 0,2% del totale (attualmente il numero complessivo di immobili è di 64,4 milioni di unità, di cui 57,1 milioni di proprietà), una percentuale assolutamente non veritiera. Soprattutto perchè avere una casa di prestigio significa pagare l'Imu anche se si tratta di prima casa, e quando si compra pagare un'imposta che sale dal 2 al 9 per cento.
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Qui fa scuola il caso delle grandi metropoli come Roma dove ci sono ancora case in centro classificate come popolari ma che in realtà, dopo le ristrutturazioni, andrebbero inquadrate come di lusso. Considerando il monte immobili di 64,4 milioni, quelli appartenenti al gruppo catastale A (ovvero le abitazioni), esclusi gli uffici, sono 34,9 milioni, di cui 32,2 milioni di persone fisiche.
E con questi dati, stupisce che il gettito complessivo da immobili (40 miliardi di euro), che tiene conto di Iva, cedolare secca, imposta di registro e di bollo ed altro, sia piuttosto basso rispetto al volume delle tasse versate dai contribuenti italiani (800 miliardi).