ANDREA ORLANDO
Alessandro da Rold per La Verità
La candidatura di Andrea Orlando alla segreteria del Partito Democratico inizia a preoccupare Matteo Renzi. Non ci sono solo i sondaggi che danno il ministro di Grazia e Giustizia in forte recupero tra gli iscritti (l' ex premier è dato al 53% contro il 25 del politico di La Spezia, secondo l' Istituto Piepoli).
A preoccupare i renziani sono i movimenti sul territorio, a livello regionale, nelle sezioni e soprattutto tra le pieghe del tessuto economico-politico italiano, da sempre vicino al centrosinistra, dove il Giglio Magico toscano (e affaristico) non ha attecchito. C' è un motivo, infatti, se Renzi al Lingotto ha sottolineato il ticket con Maurizio Martina, il ministro per l' Agricoltura, bergamasco, che da ex segretario regionale della Lombardia perse le elezioni contro il leghista Roberto Maroni e non appoggiò Giuliano Pisapia alle primarie del 2010.
Perché è sul territorio lombardo, in particolare a Milano, la capitale economica, dove Andrea Orlando sta raccogliendo consensi e nuove adesioni nella sua corsa alla segreteria. Tanto che secondo un giornale online ben informato come glistatigenerali.com anche il sindaco «manager» Beppe Sala starebbe pensando di appoggiarlo.
beppe sala
D'altra parte, in tempi di proporzionale, la candidatura di Orlando s' intreccia con l' idea di un nuovo Pd nello stile del vecchio Ulivo, capace di dialogare e magari di allearsi con le altre forze di sinistra, dall' ex sindaco Giuliano Pisapia agli scissionisti di Massimo D' Alema e Pier Luigi Bersani o persino con Possibile di Giuseppe Civati (il quale, non a caso, ieri in un' intervista all' Huffington post ha «convocato» il caporeparto emiliano della Ditta). Renzi, dopo la fallimentare esperienza del partito a vocazione maggioritaria e del patto del Nazareno con il leader del centrodestra Silvio Berlusconi, appare isolato.
Lo stesso Cavaliere ha iniziato a snobbarlo, preferendogli il governatore del Veneto Luca Zaia, leghista dalla forte impronta democristiana. Non è un caso che, per allargare il consenso, l' ex segretario piddino al Lingotto abbia rispolverato la parola «compagni» e cerchi di riportare la figura di Antonio Gramsci al centro del dibattito, dopo anni di turboliberismo e citazioni di Steve Jobs, storico fondatore della Apple. Ma a distanza di tre anni l' operazione appare difficile e alquanto confusa.
OVAZIONE PER ANDREA ORLANDO
Non solo. Mentre Renzi e Michele Emiliano - il terzo candidato che strizza l' occhio al Movimento 5 stelle - continuano a darsele di santa ragione persino nelle aule di giustizia sul caso Consip, inchiesta che coinvolge il padre dell' ex presidente del Consiglio, il ministro di Grazia e Giustizia si mantiene fuori dalle polemiche. Emiliano ha chiesto la testa del ministro dello Sport Luca Lotti, indagato per fuga di notizie? Per Orlando non c' è motivo che il braccio destro di Renzi si dimetta.
giorgio napolitano con la moglie clio
È su questo stile sobrio, lontano dalle polemiche che il Guardasigilli sta costruendo il suo consenso, con l' obiettivo di rifondare il Pd dopo i tre anni di renzismo. I due modelli sono opposti. Non solo per lo stesso stile dei due, il primo figlio di un imprenditore di Rignano sull' Arno e l' altro di un professore di educazione fisica. Renzi continua a insistere sul fatto che il segretario sia il candidato premier, (ipotesi respinta da Orlando) con l' idea di un «partito pensante» dai contorni ancora indefiniti, dove, fanno notare gli orlandiani di ferro, ci sono diverse contraddizioni.
Come si può parlare di Europa proponendo una piattaforma digitale intitolata a Bob Kennedy, un leader politico americano? Perché continuare a cavalcare il modello della Silicon Valley e del progresso digitale senza un' analisi critica? Non a caso, proprio Orlando dalle colonne del Corriere della Sera ha risposto all' appello di Ernesto Galli della Loggia che appunto alcuni giorni fa si domandava se il crollo del centrosinistra non fosse dovuto anche a questo, a non aver ragionato abbastanza sui cambiamenti in corso nella nostra epoca.
ANDREA ORLANDO
Anche per questo motivo i padri nobili del centrosinistra, pur restando al momento distanti, sostengono il ministro di Grazia e Giustizia. Portavoce del comitato per la candidatura di Orlando è Sandra Zampa, storica portavoce dell' ex presidente del Consiglio, Romano Prodi. Non è un mistero che dietro il Guardasigilli ci sia pure Giorgio Napolitano, l' ex presidente della Repubblica, così come non è una notizia scrivere che lo stesso Enrico Letta nutra stima per il politico spezzino.
A testimoniarlo sono europarlamentari e parlamentari lettiani che appoggiano la mozione orlandiana. Tra questi il volto più noto è quello di Alessia Mosca, eletta in Lombardia. Poi c' è la vecchia ditta dei Ds. Ugo Sposetti, lo storico tesoriere, con in mano le chiavi della cassaforte da 500 milioni del patrimonio del Pci, è tra i suoi sostenitori.
Giovanni Bazoli
Figura chiave dell' orlandismo è quindi Daniele Marantelli, deputato di Varese di esperienza, da sempre in buoni rapporti con il tessuto economico lombardo, federalista convinto e per questo stimato anche dalla Lega Nord.
C' è Marco Carra, deputato di Mantova, tra i più votati. C' è Antonio Misiani, bergamasco, ex tesoriere sotto la segreteria di Bersani. C' è Barbara Pollastrini della corrente Sinistra Dem di Gianni Cuperlo, sposata con Pietro Modiano, ex direttore generale di Banca Intesa ai tempi di Corrado Passera. Modiano è un nome che pesa negli ambienti economici del nord Italia e anche nel centrosinistra, perché storicamente legato al mondo Ds e Pds.
ANDREA ORLANDO
Altro nome di peso a sostegno di Orlando è quello di Gregorio Gitti, ex Scelta Civica, poi nel Pd, avvocato bresciano, sposato con Francesca Bazoli, figlia di Giovanni, quest' ultimo presidente onorario di Intesa e «orologiaio» del sistema economico italiano in asse con il presidente di Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti. E ancora altro appoggio notevole è quello in arrivo da Carlo Dell' Aringa, economista e giuslavorista, amico di Prodi e docente all' Università Cattolica di Milano.
Nel capoluogo lombardo, come detto, i movimenti degli orlandiani iniziano a farsi sentire. In consiglio comunale la maggioranza dei consiglieri sta ormai con il Guardasigilli, anche perché rispondono politicamente all' assessore Pierfrancesco Majorino. Poi c' è Daniele Nahum, ex portavoce della comunità ebraica milanese e persino l' ex candidata alle primarie per il sindaco Francesca Balzani, avvocato cassazionista dello studio Tundo, tra i più importanti in Italia, erede di Victor Uckmar, decano dei tributaristi italiani. Mancano 50 giorni al congresso. La prossima settimana Orlando lancerà il suo comitato. L' obiettivo è vincere o comunque portare Renzi sotto il 50%. In questo modo sarà l' assemblea a decidere. E non è detto che lì gli orlandiani aumentino. Con buona pace del renziani.
andrea orlando maria elena boschi ORLANDO